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Paolo “Uzo” Valli intervista

Batterista dal curriculum impressionante, con collaborazioni blasonate, ma anche
produttore, arrangiatore e compositore

Grazie a una sua clinic didattica a Prato il 30 marzo, organizzata dal Sound Check Studio, scuola di musica, studio di registrazione e sale prova dove sono spesso ospitati grandi musicisti per incontri con gli studenti, abbiamo avuto la bella opportunità di conoscere meglio Paolo Valli, noto a molti come “Uzo”. Batterista dal curriculum impressionante, con collaborazioni blasonate – Vasco Rossi, Laura Pausini, Biagio Antonacci, Battiato, Celentano, Zero, Morandi, Bocelli, Mina, Patty Pravo, Il Volo, Gianna Nannini, Negrita, Claudio Baglioni, Edoardo Bennato (vi basta?) -, ma anche impegnato in attività di produttore, arrangiatore e compositore, nonché maestro di musica. Un punto di riferimento per la musica italiana.

Paolo mi concede tutto il tempo necessario, nonostante l’intervista sia strizzata tra il dopo-pranzo, la clinic e la corsa alla stazione ferroviaria per il suo rientro a Bologna. Mi mette subito a mio agio, e scopriamo gusti musicali molto molto simili, che non mi sarei proprio aspettata da un collaboratore stretto di grandi artisti della musica leggera italiana. Persona squisita e gentilissima, non impostata e davvero spontaneo nelle risposte. Ascoltatelo.

Paolo non sei solo un batterista, noi vogliamo sapere tutto di te. Partiamo ovviamente da quando è nato l’amore per la batteria, e poi la tua evoluzione, il viaggio a Los Angeles…
È lunga, stiamo qua tutto il giorno (ride). Allora, come nasco batterista? Decisamente per caso, per motivi esterni alla musica. Io ho visto un video di Bon Jovi, di “Bad Medicine”, ho visto com’era il suo pubblico e ho deciso, è molto bella quella cosa, la vorrei fare anch’io; avevo due matite in mano, non sto scherzando, una di qua e una di là, ecco quello lì fa così, benissimo, quella è la batteria. Questo è l’inizio della passione per la batteria.

Oddio, sei molto molto sincero in questa cosa, non tutti avrebbero spoilerato che il pubblico di Bon Jovi era…
Erano tutte donne insomma, quindi ho sperato di trovarmi, poi non è mai realmente successa quella cosa. Però poi dalle matite sono arrivate bacchette, infatti mi sono iscritto a una scuola di musica vicino a casa mia con un maestro di batteria che mi ha fatto provare per la prima volta, io non sapevo proprio niente, mi ha dato queste bacchette in mano, mi sono seduto, ho cominciato a fare un casino pazzesco, mi è piaciuto molto, molto, e allora ho continuato.

E hai continuato a studiare?
Non subito, cioè andavo a lezione chiaramente, ma come tutti da ragazzino preferivo suonare. Poi in realtà verso i 17/18 anni ho proprio preso la decisione, mi piace veramente tanto suonare e lo voglio fare, allora mi sono messo seriamente a studiare. Tanta pratica, sì, autodidatta realmente no, qualcuno che mi diceva cosa fare c’era, poi che io lo facessi era un altro discorso. O come lo facessi. Nel momento in cui ho deciso di diventare un professionista, mi sono fatto guidare.

Quali sono state le tue influenze quando eri ragazzino, quelle che ti hanno smosso oltre a Bon Jovi?
Quello che piaceva proprio a me, che mi piace ancora tra l’altro, quindi sono un po’ anacronistico, però nel cuore ho quella roba lì e tutto quell’ambiente: Bon Jovi certo, Mötley Crue, Guns N’Roses, stiamo parlando della fine degli anni Ottanta. C’era tutto il Glam Rock americano che stava per finire inesorabilmente a sorpresa, perché nessuno avrebbe mai pensato a una cosa del genere, ma era anche nel momento di massimo splendore.

E quale batterista volevi essere?
Tommy Lee. Chi è che non vuole essere Tommy Lee? Con tutto il contorno.

Però poi sei diventato velocemente professionista, hai continuato a studiare, sei andato anche all’estero per perfezionare la tua tecnica.
Sì certo, sono andato a Los Angeles, al Musicians Institute, è stata un’esperienza bellissima, sono rimasto là tantissimo, poi ho cominciato a fare avanti e indietro. Adesso magari non ci vado spesso.

Però poi sei tornato qua e la tua carriera professionistica è decollata quasi subito.
Beh sì, ero abbastanza giovane quando ho fatto le prime cose belle, diciamo.

Anche perché per fare le tantissime cose che hai fatto ci vogliono degli anni, perché hai suonato veramente con tutti i grandi della musica italiana, il tuo stile era talmente evoluto, capace di adattarsi a tante strutture musicali completamente diverse, perché sei passato dal Rock alla classica musica leggera italiana.  Cosa ti ha comportato professionalmente passare da tutte queste situazioni, una diversa dall’altra, non solo in studio.
Io ho sempre fatto uguale. Se devo suonare una cosa alla Motley Crue, con il piglio Mötley Crue, e poi il giorno dopo devo farne un’altra con il cantante italiano, lo faccio a modo mio, cioè non sono mai stato cambiato, non c’è mai riuscito nessuno e vuoi per un fatto di fortuna o vuoi per un fatto che invece funziona? In fondo la batteria è la batteria, no? Il mio stile quindi in realtà non è che mi abbia mai comportato un grandissimo sforzo di adattamento, cioè ce l’ho sempre fatto stare ed è sempre stata una cosa apprezzata. Anzi, ti dirò di più, più il contesto è pop, più io ci do sotto, meglio viene e più vedo proprio anche gli artisti che si girano e dicono cavolo bello. So che sembra strano, ma in realtà funziona.

Ok, lo metti facile, ma secondo me da parte tua c’è una sensibilità comunque particolare che magari dici è sempre il mio stile, però gli proponi qualcosa di giusto del tuo stile, c’è una sensibilità musicale elevata, permettimi.
Parlo di attitudini infatti, non parlo di doppie casse in un lento di Renato Zero, parlo di modo, attitudine, suono, scelte. Se fate con il giusto occhio puoi rimanere te stesso tranquillamente come l’ho fatto io, va bene.

Se fossi solo un batterista sarebbe relativamente facile, invece sei anche un produttore, un arrangiatore, un compositore e un insegnante; ci parli di tutte queste tue facce?
Mi è sempre piaciuto tutto della musica, quindi nel momento in cui ho iniziato a suonare la batteria intorno avevo un sacco di strumenti, li ho provati un po’ tutti e mi piacevano, mi piaceva molto la chitarra per esempio, ho sempre suonato parallelamente anche quella, non sono bravo, l’ho un po’ studiata, ma vabbè, roba da ridere. Però sin da ragazzo mi sarebbe piaciuto sentirmi suonare da solo e ho provato a registrarmi, avevo solo uno stereo a cassette, era talmente vecchio che aveva ancora quei pomelli con mix A e B; prima suonavo la batteria in terra su un comodino, erano botte così, poi mettevo una chitarra dentro, elettrica, 40.000 lire, e ci suonavo sopra, e si poteva fare questa cosa. Allora poco alla volta l’ho fatto sempre un po’ meglio, sempre un po’ meglio, e da lì poi è diventato una specie di lavoro, attenzione non faccio il fonico, non sono capace, io metto insieme cose. Questo fa il produttore, questo fa l’arrangiatore, però il compositore è un altro mestiere. Mi diverte anche quello.

Quando componi le cose tue, da dove parti come strumento?
A caso, se deve succedere, succede … ti viene un’idea, da lì vai avanti, poi magari ti fermi, lo riprendi l’anno dopo. Quindi può essere un giro sulla batteria, piuttosto che sulla chitarra, sul basso, sulle tastiere, anche se non sono non sono un virtuoso, poi ovviamente in studio non suonerò io questi strumenti, ma la traccia mi serve da guida per chiedere l’esecuzione ai musicisti.

Però immagino che a casa tua non ci sia più lo stereo a cassette, ma un home studio…
Sì, c’è un sacco di roba, non so più dove metterla tra l’altro, se qualcuno vuole liberarmi si faccia avanti!

Parlami invece del tuo ruolo di insegnante. Che tipo di insegnante sei? Sei un insegnante severo?
Allora sì, severo ma dipende in che senso. Cioè, bisogna chiaramente stare bene e divertirsi, però le cose vanno chiarite immediatamente. Se non lo fai seriamente, non funziona, c’è poco da fare. Devi fare quello che ti dico io, se non ci riesci oggi, non ci riuscirai neanche la prossima settimana. Se facciamo un percorso tutte le volte, andiamo avanti un passo alla volta, tutte le volte, è indubbio che farai quello che vuoi dopo. Sono lezioni molto intense, molto precise, molto tecniche, ma anche molto rilassate.

Nei tuoi sogni con chi vorresti suonare? O su quale album avresti voluto suonare?
Tutti i dischi bellissimi che ho sentito, che mi sono piaciuti, che mi hanno ispirato, vanno bene così. Come faccio io a permettermi di pensare di sostituirne i batteristi? Certo, sarebbe bellissimo suonare con Metallica chiaramente, che ho nel cuore da tutta la vita.

Articolo di Francesca Cecconi, video di Simone Tofani
Si ringrazia Claudio Biancalani di Sound Check Studio per l’ospitalità

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