
Il 29 maggio l’Orto Sonoro di Prato ha fatto da cornice all’anteprima del Santa Valvola Fest 2025, organizzato dall’omonima etichetta discografica, che si svolgerà nei giorni 6. 7 e 8 giugno. Nel preview di questa edizione dal nome “Terapia d’orto 10 anni dopo”, il pubblico si trova trasportato in un turbinio di suoni con al suo epicentro fatto di fusione di suoni sperimentali e Psichedelia.

Aprono la serata, tra luci blu e il fumo avvolgente, Devid Ciampalini e i Sopraterra, fondendo le loro sperimentazioni sonore in un set avvolgente e a tratti rituale. Gli artisti sul palco dell’Orto Sonoro hanno a instaurato un vero dialogo tra la riproduzione dei campionamenti di Ciampalini, riproposti in tempo reale attraverso tape recorder d’epoca, vecchi sintetizzatori e una costellazione di pedali effetti, e le timbriche dark dei Sopraterra, fatte da evanescenti note del flauto doppio.

Il tutto legato al suono del violino processato da sintetizzatori intrecciati anche a strumenti non convenzionali, che si snodano in un flusso sonoro tra suoni metalli, riverberi cavernosi e timbri di cetre deformate, che hanno costruito un’architettura sonora che evocano paesaggi di chiese abbandonate e riti arcani.

L’incontro tra la materia organica di Ciampalini e l’oscurità storica di Sopraterra ha dato vita a un viaggio ipnotico, capace di trasportare l’ascoltatore in un universo al contempo ancestrale e ultra tecnologico.

Dopo il cambio di set è il momento degli Acid Mothers Temple. Il collettivo musicale giapponese, fondato nel 1995 da Kawabata Makoto, trae la sua forza espressiva da un cuore fatto di sound psichedelico estremo, che mescola il Noise allo Space Rock, virando anche sul Krautrock. Il tutto amplificato e modellato da una costante e maniacale improvvisazione, che rende praticamente ogni concerto un’entità a sé.

Sul palco gli Acid Mothers Temple ha incarnato perfettamente lo spirito che li contraddistingue, portando brani delle numerose release. La scaletta si è dipanata in lunghe suite ipnotiche che hanno travolto il pubblico con ondate incandescenti di ritmiche martellanti, riff di chitarra dilatati senza fine e esplosioni sonore del collettivo al completo. La luce rossa che delinea i loro contorni, immersi nel fumo, e i feedback assordanti trasformando l’Orto Sonoro in un universo parallelo, dove ogni istante di silenzio era preludio a un nuovo crescendo di pura ipnosi acustica.

L’esibizione è un connubio perfetto tra la voce urlante che viene sorretta da interminabili mutamenti di chitarre affilate come rasoi, dove la batteria ossessiva intesse trame insieme al basso pulsante, dando così vita fondendosi alle creazioni del synth a un climax psichedelico che finisce per dissolversi in un finale rarefatto dopo il fragore dei suoni, lasciando il pubblico presente sospeso tra sogno e risveglio.
Articolo e foto Simone Tofani



