
Potete scoprire, se non li conoscete, chi sono Ask Carol nella nostra intervista. Della loro origine nel remoto villaggio di 100 abitanti nell’est della Norvegia e della loro attitudine musicale. Noi siamo andati a sentirli il 21 maggio all’ARCI Bellezza a Milano, noto Circolo di resistenza culturale. In attesa di entrare abbiamo visto passare tranquillamente fra gli associati intenti a consumare caffè e panini i componenti della band, ovvero il nordicissimo Mr. Ask, Ask Thorsønn Borgen, e la riccia castana Carol, Karoline Strømshoved.

Scendiamo nella location del concerto, ovvero il secondo palco del Bellezza, nel seminterrato: la “Palestra Visconti”, sede un tempo de “La Lombarda” boxe, che ha dato all’Italia campioni come Campari, Bossi, Loi, ed è stata set del film Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti. Un contesto molto Rock and Roll e anche un po’ Fight Club,nel quale Carol e Ask dando una controllata alle action cam sugli strumenti e al palco personalmente, si intrattengono con i fan e con noi senza alcun problema e filtro.

Chissà se la prossima volta che verranno in Italia saranno più Rockstar e irraggiungibili; per ora ci godiamo le chiacchiere e il racconto del viaggio in pullman dalla Norvegia e degli spostamenti di questo tenace duo.

La musica ha inizio, e ovviamente l’esperienza è qualcosa che l’ascolto dei brani in studio non poteva restituire: Carol lo annuncia dicendo che assisteremo a molto “multitasking”. Il primo brano è “Nobody Knows”, dal loro primo EP del 2018.

Il set è semplicissimo, con le luci del locale e una striscia led che va dall’attrezzatura di Carol alla batteria; lei si sporge verso il microfono con una chitarra Gibson Les Paul al collo, perché lo spazio a terra è occupato da una pedaliera con così tanti scatolini ed effetti che farebbe venire il mal di testa a qualunque assistente di palco, che dubito abbia, più un timpano da terra, che Carol suonerà con un “mallet”, la bacchetta con la testa di feltro che già tiene in mano mentre canta e suona la chitarra, e abbiamo descritto forse metà dell’attrezzatura del duo.

Per sfatare il mito che gli uomini non sono multitasking, nel frattempo Mr. Ask è seduto alla batteria e tiene il tempo con la cassa a pedale, mentre suona una Stratocaster con pure lui un mallet in mano, con cui incrementa il crescendo ritmico del brano suonando sui tamburi e sui piatti aggiungendo armonie vocali alla voce principale.

Avete capito che quello a cui stiamo assistendo è dal punto di vista sonoro un concerto di un duo energetico alla White Stripes, per fare un nome, ma dal punto di vista visivo qualcosa che si avvicina a uno spettacolo acrobatico visto che Carol e Ask suonano prevalentemente la chitarra e la batteria, ma suonano anche contemporaneamente sempre almeno un altro strumento se non due.

Il resto dell’attrezzatura di Carol è elettronica varia, microfoni, pad per creare loop e un trombone. Sì, un trombone. Ask ha una tastiera synth sulla batteria, oltre a tutte le percussioni e le chitarre. Credo di poter dire che niente di quello che abbiamo sentito sia preregistrato, ma che i molteplici strati sonori siano tutti creati ad hoc durante il concerto. Niente basi quindi.

Il secondo brano è “Darkest Hour” del 2020. Carol indossa jeans gialli larghi e sfrangiati e una cintura stile Punk, Converse gialle, un top azzurro con fiori scintillanti sui seni ma senza trasparenze, la pancia leggermente scoperta e la fluente chioma riccia scura. Ask è vestito prevalentemente di nero con toni gialli, con il suo cappello da Baseball di Pikachu, occhiali dalla montatura scura, gilet e pantaloni neri e la maglia gialla “Ask Carol – Gonna do it” del merchandising ufficiale della band. Tutta l’estetica nel mondo Ask Carol è irresistibilmente cool nel suo stile self-made e fatto in casa.

In questo brano, forse uno dei favoriti dell’audience bovina del Cowchella, il loro festival montano per il pubblico esistente dalle loro parti, c’è coerentemente uso del campanaccio come percussione e Carol si muove per il piccolissimo palco come può, sfoderando una grande voce, precisa, estesa e potente anche dal vivo, e generando suoni alternativi spippolando come pochi sui diversi pedali per ottenere suoni sempre nuovi e saturi dalla chitarra che porta in spalla.

Carol come solista privilegia il gusto al virtuosismo esasperato anche se ha una tecnica perfetta e usa scale non scontate. Ask è un chitarrista prima che un batterista e suona anche questo strumento con perizia e stile.

“Smiling All Day Long” viene presentata ironizzando sul fatto che è stata scritta in un capanno in mezzo ai boschi, buio e freddo. Chitarra arricchita con eco e suono pieno e distorto, Carol si adopera con il timpano e di nuovo con la pedaliera per cambiare sonorità, crea loop sui quali ricama poi in diretta assoli pungenti spingendosi nella parte centrale del palco, suonando dietro la testa alla Jimi Hendrix e appoggiando il piede sulla cassa.

Questa ragazza è una vera guitar hero dalla presenza magnetica e il suo socio è una solida controparte ritmica, melodica e vocale; un ruolo molto diverso ad esempio da quello di Ben Thatcher dei Royal Blood che è sostanzialmente quello di un carro armato ritmico, mentre Ask carica sì i pezzi, quasi tutti stomper, di una ritmica trascinante, ma è più spesso diviso fra suoni alternativi, chitarra, armonie vocali e percussioni diverse.

Il pezzo seguente, “Writing On The Wall”, già descritto nella nostra intervista, è un brano che segna l’impegno politico del duo, e qua Carol svisa con il trombone oltre a suonare tutto il resto e a cantare, mentre Ask accompagna con una Ibanez acustica. Carol spende molte parole in italiano che cerca di pronunciare bene e ha imparato apposta per noi e la cosa è sempre apprezzata, anche se devo rilevare che gran parte del pubblico riprende con il cellulare abbondantemente ma non applaude.

La band annuncia una cover, la prima di questa serata, in continuità con il brano appena eseguito, perché si tratta di “Ohio” di Neil Young incisa con Crosby, Stills e Nash all’alba dei disordini a Kent in Ohio dove quattro studenti persero la vita, brano coraggioso in cui Young citò direttamente il nome di Nixon causando censura ma comunque diffusione tramite le radio underground. Oggi è più facile far sentire la propria opinione, ma non per questo è meno importante che chi crede nella musica anche come veicolo di cambiamento della società lo faccia.

Per questa canzone Carol imbraccia la sua chitarra Carvin V e si accorda con il fonico, che poi ringrazia per essere in grado di destreggiarsi al mixer senza vedere la band (il locale è tutto sullo stesso livello) con due elementi che suonano sempre un minimo di due strumenti alla volta! La canzone è fatta propria dal duo che la esegue come se fosse una propria composizione con assoli stridenti su loop creati in diretta.
I due non conoscono l’Italia ma solo Milano, per ora, ma sono stati otto-nove mesi negli stati uniti e sono stati ispirati da un paesaggio che in Europa non abbiamo, ovvero “Desert” che viene eseguita sempre con Carvin e Stratocaster e intro di trombone, mentre Ask ha il mallet in una mano e fa rullate con l’altra mano sola. Con la Carvin gli assoli si arricchiscono dell’uso della leva del vibrato, e Carol sfoggia la sua voce piena che usa poi per ringraziare il pubblico, ancora in italiano: siete un pubblico fantastico, chissà se si era preparata anche gli insulti nel caso in cui non lo fossimo stati?
Con la marcia dei Nani di Grieg eseguita con la chitarra viene introdotta “Tonight”, dall’ultimo album, un po’ una loro Seven Nation Army ma più multitasking, con suoni di chitarra triplicati, riff messo in loop e assolo con la sola mano sinistra e note distorte di trombone. Ancora gesti da guitar hero come la chitarra dietro la schiena e la lingua fuori e par “Come Closer” chiede al pubblico di avvicinarsi; data la poca differenza fra il palco e il pavimento siamo praticamente nel palco a sentire i suoni doppiati dall’eco e la Stratocaster di Ask alternarsi con la tastiera.

Arriva la seconda cover che molto appropriatamente, per chi viene da un paese in cui la depressione è molto frequente vista la carenza di luce, è “Manic Depression” di Jimi Hendrix, altro brano scelto per essere coerente con il repertorio originale di questa band, con il suo riff ripetitivo e calcato, amato da Ask con la sua anima chitarrista.
Carol ha tanto un’espressione solare nel parlare, come ci ha dimostrato prima del concerto, quanto nello sforzo dell’interpretazione vocale nei momenti di tensione mostra una curva delle sopracciglia che la fa apparire come se potesse strapparti il cuore dal petto. Ma è invece una vera artigiana del suono che aggiusta continuamente con pedali e apparati, fra armonie sintetizzate e effetto drone con suoni raddoppiati, mentre Ask non è da meno suonando contemporaneamente synth, cassa, rullante e chitarra (ma quante mani ha?) lasciando spazio a Carol per solo selvaggi con uso della leva del vibrato, echi e tutto il repertorio scenico della chitarra solista.

La frontwoman ringrazia Ponderosa che li ha portati in Italia con grande gusto e lungimiranza direi e presenta Jelly Baby, la mascotte sulla maglietta che verrà lanciata nel pubblico come un bouquet e acciuffata da una giovane coppia che sembra uscita da un catalogo di foto stock da quanto sono carini. Se il bouquet vuol dire matrimonio sicuro, afferrare la maglietta di Ask Carol significa che vedremo forse quella coppia calcare i palchi? Non lo sappiamo, ma se lo faranno sarà difficile emulare contemporaneamente la gentilezza e la disponibilità di Carol perfetto! fantastico! unite alla poliedricità con cui si lanciano nel loro “Mountains of Cash”, che accusa i bastard che lucrano sulle spalle dei popoli e, dichiarando che malgrado non siano una tipica singalong band, ci coinvolge nella performance chiedendo due wow wow a ogni due colpi di timpano. Il problema è che lei suona accordi mentre canta e batte sul timpano ma non ci chiediamo più come fa.
La band chiude il concerto con questo brano, e il bilancio della serata è che in una serata intima e suggestiva abbiamo sentito l’unica data italiana di una band originalissima ed eccezionale, formatasi nel lontano nord dove le probabilità di trovare componenti compatibili per una band erano scarse, e che ha quindi fatto del proprio limite un punto di forza e merita sicuramente i biglietti che speriamo renderanno disponibili in un prossimo tour. Wow wow!
Articolo di Nicola Rovetta, foto di Simona Isonni
Set list Ask Carol Milano 21 maggio 2025
1. Nobody Knows
2. Darkest Hour
3. Smiling All Day Long
4. Writing On The Wall
5. Ohio
6. Desert
7. Tonight
8. Come Closer
9. Manic Depression
10. Mountains of Cash