Il 19 ottobre, in occasione del festival “Il rumore del lutto”, ha fatto capolino a Parma Gavin Friday per promuovere l’ultimo album “Ecce Homo” (la nostra recensione). All’epoca, Friday dichiarava di non portare avanti un tour ma un paio di date promozionali che, a lungo andare, sarebbero diventate di più. Quindi cosa abbiamo: un ex Virgin Prunes a teatro nonché attuale autore che spazia da Elettronica a soundtrack in maniera scenica con la sua caratteristica voce scura, scurissima.

Arrivare al Teatro è già di suo scenografico, attraversando l’enorme Parco Ducale e trovandosi davanti il maestoso Palazzo Ducale del Giardino, illuminato a sera. Una volta arrivati e accolti dalla gentilissima organizzazione, ho avuto modo di guardarmi attorno e notare un pubblico di diverse età e fattezze: da darkettoni a persone composte, da punk a altri ancora.

Gavin Friday si porta dietro un fardello storico dai tempi dei suoi Virgin Prunes – l’anno scorso sono stati ristampati alcuni album. In Italia mancava da ben trent’anni. Tutto questo ha caricato di grande attesa la serata, si sente nell’aria l’elettricità di tale attesa. Tra il pubblico in sala vedo Teho Teardo e Mauro Ermanno Giovanardi, entrambi ospiti nello stesso festival che ha portato a Parma nomi importanti e molto interessanti.

Le luci si abbassano e sale un’intro dal timbro sacro: una breve “Miserere” eterea. Entrano gli strumentisti: Kevin Neary ai synth, piano e chitarre e Renaud Pion ai fiati che introducono la parte strumentale di “Lovesubzero”: un richiamo di attenzione, una sorta di incantatore del popolo. Che sia tutto molto scenografico con poco lo si capisce non appena entra la corista Carly Carlsbad vestita da suora infermiera con i suoi guanti al laser verde.


Gavin, dalla testa glitterata, viene accolto calorosamente dal pubblico e con lui entrano le drum machine accendendo la miccia dello spettacolo. Lui cerca spesso il pubblico: ogni volta che pronuncia Your love indica qualcuno terminando poi il brano e urlando gli ultimi versi dentro il clarinetto di Pion.
Grande Gavin urla qualcuno dal pubblico.
Grazie risponde sorridendo il cantante in italiano.


Con lo stesso spirito di “Lovesubzero” seguono la title track dell’album, “Ecce Homo” e “The Church of Love”. Attenzione a quest’ultimo brano: subito dopo c’è un reprise in cui viene eseguita una versione, spoglia dagli arrangiamenti dell’album, e ri-arrangiata in maniera più cinematografica. Molto emozionante e pulita, una chicca.

Questi momenti puri, ruvidi, durante l’intero live li ho amati di più in generale; li ho trovati molto raffinati, di più di alcune tracce che troppo spesso restano legate, a mio avviso, alle versioni in studio. Deve essere molto difficile riproporre dei kick così forti e degli arrangiamenti folti in uno spazio con un’acustica da teatro, credo sia dura anche per i musicisti stessi che inizialmente sembravano in difficoltà con le spie.


I brani che sono stati liberati da basi e da cori provenienti direttamente dal disco hanno permesso ai musicisti di essere più liberi e tangibili proponendo atmosfere interessanti, oltre che inedite per quanto riguarda le composizione stesse.

Stessa cosa vale per “The station of the cross”: anche qui abbiamo delle interessantissime variazioni live sul finale, che hanno reso più fluido l’ingresso della più acustica “Apologia” (dall’album “Each man kills the things he loves”, 1989), drammatica e raffinata.

Questi reprise e questi brani più acustici mi hanno fatto sognare una versione dello spettacolo più orchestrale: Gavin ha masticato molto le sue esperienze in colonne sonore e si sente, sarebbe bello riascoltare lo stesso tour anche in questa chiave. La sua voce scura, fumosa e ruvida è un’ombra che gratta via il terreno quando cammina in spazi più luminosamente acustici.

Gavin Friday si dirige verso un tavolino posto sul palco con bottiglia e bicchiere; sarà l’angolo dove più volte si racconterà durante il concerto: un resoconto della sua carriera e del suo percorso. The Glam Rock saved my life, inizia a raccontarci. Il primo bacio non si dimentica mai, scherza, e si ricorda della prima volta che ha sentito “Children of the revolution” e ha baciato il televisore! Ricorda poi anche il secondo bacio: quando vide Bowie a Top of the Pops. Ci racconta anche della perdita della madre e con un fuck Alzheimer le dedica “Amaranthus (Loves Lies Bleeding)”.

Se non vi è nuova la trovata del tavolino, non siate sorpresi: l’abbiamo visto anche nel recente spettacolo nei teatri di Bono, “Surrender” e questi momenti lo hanno molto ricordato. Sappiamo tutti del forte legame che hanno i due cantanti a livello personale ma per riassumere questo scambio di idee al meglio tiro in ballo il libro di Bill Flanagan, “Gli U2 alla fine del mondo”, in cui lo scrittore descrive come Friday e Bono siano entrati spesso in simbiosi sotto diversi aspetti diventando l’uno lo specchio dell’altro (e se si pensa al periodo “Achtung Baby” e ai relativi timbri vocali per esempio, il concetto potrebbe emergere). No, non si copiano, non avrebbe senso, ma essendo cresciuti insieme a volte i due artisti ci mostrano una stessa idea (e a volte una stessa strada – letteralmente) con due prospettive diverse.

Poi arriva uno dei brani più intensi e in crescendo di tutto il live: “Lamento”. Credo il punto più alto della set list. Gavin continua la sua narrazione parlandoci del Punk Rock e, con un letteralmente cambio d’abito, ricorda la sua prima band: il pubblico è eccitato, sa che stanno arrivando i due brani dei Virgin Prunes, “Sandpaper lullaby” e “Caucasian Walk” dove lo vediamo perfettamente a suo agio. Con “King of trash” (da “Adam’n Eve”,1992) Gavin ci riporta alle atmosfere di inizio concerto: il vecchio brano si allaccia benissimo alla scaletta live di “Ecce Homo”. Ricorda poi della sua prima volta a Bologna, nel 1982 e dedica “When the world was young” all’adolescenza sua e degli amici. Anche qui, un bel reprise del brano presente (nel caso di questa canzone c’è anche nel disco).
Andiamo verso la fine e il live si conclude con “Angel”; questa stupenda canzone, fresca del disco “Shag Tobacco” del 1995 fu inserita anche nella soundtrack di “Romeo + Juliet” di Baz Luhrmann con Leonardo Di Caprio e aveva tra l’altro un meraviglioso videoclip in bianco e nero. Friday abbandona il palco dove vi rimangono solo Kevin Neary e Renaud Pion in una lunga e delicata coda strumentale.

Nessuna traccia del disco precedente, “Catholic”, del 2011; mi sarebbe piaciuto aver avuto occasione per ascoltarne qualche estratto. Vediamo se tra trent’anni sarò più fortunato.
Articolo di Mirko Di Francescantonio, foto di Giovanna Dell’Acqua
Set list Gavin Friday Parma 19 ottobre 2025
- Miserere (Intro)
- Lovesubzero
- Ecce Homo
- The Church of Love
- The Church of Love (reprise)
- Stations of the Cross
- Apologia
- Lady Esquire
- Amaranthus (Loves Lies Bleeding)
- Lamento
- Sandpaper Lullaby (Virgin Prunes song)
- Caucasian Walk (Virgin Prunes song)
- King of Trash
- When the World Was Young
- When the World Was Young (Reprise)
- Cabarotica
- Daze
- Angel
