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Greenfield Festival 2025 Day #3

Sul palco del grandioso festival svizzero in apertura il 14 giugno ci sono Jinjer, Lord Of The Lost, Good Riddance e In Flames

Il Greenfield Festival a Interlaken, esperienza che ogni amante del Metal e del Rock dovrebbe vivere almeno una volta, sta per giungere al termine oggi 14 giugno. Ultimo giorno, il culmine di tre giorni di musica intensa, caldo, headliner di fama mondiale (ma anche gli opener, diciamolo, non sono stati da meno) e un’atmosfera impareggiabile. Dopo due giorni di pogo e headbanging, la stanchezza inizia a farsi sentire tra il pubblico e anche tra noi fotografi, che ciondoliamo un po’ qua e là, impolverati, con le spalle indolenzite, ma al settimo cielo. Eppure, questa ultima puntata dell’edizione 2025 riesce a risvegliare gli animi con una line up che, fin dalle prime ore, è in grado di dare una scossa brutale, con un sound potente e senza fronzoli che funziona come un pugno nello stomaco, facendo dimenticare qualsiasi affaticamento. Probabilmente è la giornata più “cattiva”, e fa strano vedere band che siamo abituati ad avere in Italia come headliner, con spettacoli grandiosi, aprire alle ore 14 sotto il sole a picco, con un’ora scarsa di tempo per esibirsi.

Jinjer
Jinjer

Partono quindi sotto un’afa che non perdona i Jinjer, energico gruppo progressive / groove metal / metalcore ucraino, nato nel 2008 a Donetsk e noto per le capacità canore, sia in growl che in clean, della frontwoman Tatiana Shmayluk e la complessa struttura musicale dei propri lavori, che recentemente si avvicinano in modo particolare al genere di matrice djent e progressive. Cinque gli album in studio, l’ultimo dei quali, “Duél”, è uscito il 7 febbraio 2025 via Napalm Records.

Jinjer
Jinjer

Appena mettono piede sul palco, capitanati, è il caso di dirlo, dalla Shmayluk, capiamo che i Jinjer hanno il controllo assoluto della propria arte e di diverse forme di espressione musicale e artistica: il tono dominante della band è spietatamente pesante, ma allo stesso tempo sanno suonare il Groove, sanno suonare il Core, il Thrash, il Prog (e molto altro ancora) con una disinvoltura disarmante, abbagliandoci con la loro performance visiva, nonostante la scenografia a dir poco essenziale da opener.

Jinjer
Jinjer

Vogliamo dedicare qualche parola a Tatiana, vocalist dinamica e potente, che aspettavo da tempo di incontrare? La Shmayluk è una guerriera fatta e finita, con una voce imponente, presenza imponente, tutto è imponente in lei; accattivante, dominante, cattura subito l’attenzione mentre canta e growla come se la sua stessa vita dipendesse da questo, aggirandosi per lo stage come una leonessa furiosa all’inseguimento della sua preda.

Jinjer
Jinjer

Alle sue spalle, il motore vivente, tre musicisti stellari si uniscono con talento e disciplina in egual misura, mettendo in luce affiatamento e bravura tecnica, anche se si sa, è sempre la voce di Tatiana a rubare la scena. Da urla e latrati sovrumani a clean di una bellezza struggente, si conferma a pieni voti una delle migliori cantanti metal dei nostri giorni.

Jinjer
Jinjer

Il pubblico, letteralmente cotto e non solo per colpa del sole, si nutre dell’intensa presenza scenica della band, tra breakdown e passaggi melodici che mantengono tutti coinvolti. I Jinjer sono una voce unica nel panorama della musica heavy, e anche se spesso vengono accomunati al genere Metalcore, sono molto, molto di più di una “semplice” band metalcore. Sono un gruppo dalle mille sfaccettature, come un cristallo, che fonde perfettamente in un insieme fortemente coeso. La loro patria può aver subito molti tumulti a causa di forze esterne aggressive e maniacali, ma i Jinjer ci dimostrano che il popolo ucraino è indomito e continuerà a vivere ed esprimersi, nonostante tutto. Vederli da headliner è il mio prossimo must.

Lord Of The Lost
Lord Of The Lost

Altro gruppo bomba, che merita sicuramente di essere visto da headliner, sono i Lord Of The Lost, festeggiatissimi, raggianti, belli nel loro trucco e nei loro costumi. Formazione gothic rock tedesca nata nel 2007, hanno rappresentato la Germania all’Eurovision Song Contest 2023 con il brano “Blood & Glitter”. Se vi sentite giù, soli e depressi, non avrei migliore medicina da consigliarvi se non uno dei loro concerti. Onestamente non so come un gruppo così possa suonare con così tanta energia sera dopo sera, festival dopo festival, senza mostrare segni di stanchezza o cedimento.

Lord Of The Lost
Lord Of The Lost

Chris Harms alla voce, carismatico e poliedrico, è il fulcro di uno spettacolo che è tanto musicale quanto visivo. La sua voce, versatile e dalle mille risorse, spazia dal growl più aggressivo a melodie profonde e toccanti, adattandosi perfettamente alle diverse sfumature della loro musica. Insieme ai suoi scagnozzi, hanno semplicemente divelto lo stage con un’esibizione impeccabile, traboccante di elettricità e passione pura, spingendo ogni singolo fan a saltare, ballare, urlare a squarciagola insieme alla band, mentre il povero chitarrista Pi Stoffers, infortunato, si dimena sulla sua sedia a rotelle.

Lord Of The Lost
Lord Of The Lost

Più forte era la reazione dei fan, che surfano come se non ci fosse un domani e coi quali gli artisti interagiscono in tedesco senza che io capisca nulla, migliore era la performance sul palco. L’incredibile scaletta, un ottimo equilibrio tra materiale nuovo e storico, ci dà fin dalle prime note un delizioso assaggio di quanto sarebbe stato fantastico l’intero concerto, seppur in chiave ridotta.

Lord Of The Lost
Lord Of The Lost

Pi Stoffers e Niklas Kahl si sono dimostrati spietati, armati delle rispettive chitarre e batteria, aggiungendo un’enorme  dose di pesantezza alla musica della band, risultando ancora più cattivi che in studio (cosa che personalmente ho apprezzato molto, da appassionata di musica estrema); a dire il vero, tutti i membri sono stati impeccabili e infuocati, suonando e cantando alla perfezione. Ciò che rende i concerti dei Lord Of The Lost così speciali è la loro capacità di creare un’atmosfera unica. Anche se in quantità ridotta rispetto a un’esibizione da headliner, le luci, gli effetti speciali, i costumi originali contribuiscono a trasportarci tutti in un mondo a parte, dove l’oscurità si fonde con la bellezza, la malinconia con l’euforia. Ogni brano diventa così un viaggio emozionale, eseguito con una dedizione e una passione palpabili.

Lord Of The Lost
Lord Of The Lost

Da canzoni energiche che fanno scatenare il popolo di Greenfield a ballate più intime e sentite che toccano le corde dell’anima, la set list è evidentemente studiata per coinvolgere al massimo i presenti. Non si tratta solo di assistere a un concerto, ma di farne parte. In poche parole, uno spettacolo dei Lord Of The Lost è un evento da vivere. Un’occasione per immergersi in un sound variegato, ammirare una performance visivamente sbalorditiva e lasciarsi trasportare dall’energia di una band che sa come conquistare i propri fan: se amate il Metal gotico e le performance teatrali, o siete semplicemente curiosi, andrete a nozze con questa band.

Good Riddance
Good Riddance

Al terzo posto sul menù di stasera, sul palco minore mi aspetta un gruppo di “ragazzi di ieri”, di quelli che dell’età anagrafica se ne fanno un baffo, portano allegramente la pancetta e i segni dell’età, e soprattutto si divertono sul palco come a vent’anni: loro sono i Good Riddance, gruppo hardcore punk / skate punk di Santa Cruz, California, formati nel 1986 con 11 album in repertorio.

Good Riddance

Mostrano un’attitudine e influenze tipicamente old school, conciliando lo Skate Punk con il Melodic Hardcore Punk californiano. Sono una band punk rock leggendaria nel loro genere, tutt’ora di grande impatto, e sanno perfettamente cosa significa essere punk: lo sa anche il pubblico, che si avvicina in un tripudio di spille nelle orecchie e creste colorate in testa, molti di loro erano presenti anche al concerto dei Sex Pistols del primo giorno (il nostro report). Sicuramente i Bad Riddance sono approdati a Greenfield per restare e mantenere alta la bandiera del Punk Rock.

Good Riddance

Salgono sul palco in un bagno di sole e in tutta la loro gloria, e la folla va letteralmente in delirio, muovendosi a tempo di musica e divertendosi come bambini al luna park. Divertenti, orecchiabili, coinvolgenti, non è difficile capire perché dopo tanti anni ci siano ancora molte persone che seguono i loro concerti. Assistere a una loro esibizione è sempre un’esperienza energica come uno schiaffo a mano aperta, una botta di energia punk rock combinata con testi profondi e socialmente consapevoli.

Good Riddance
Good Riddance

La band californiana, che si era sciolta nel 2007 dopo un concerto d’addio per poi riunirsi nel 2012, possiede ancora oggi la stessa vitalità e coesione sul palco degli esordi, e che pochi altri posseggono. I Bad Riddance, guidati dalla voce inconfondibile di Russ Rankin, hanno attaccato senza troppi preamboli con una raffica di brani veloci e impattanti, attingendo sia dai classici del loro repertorio che dai lavori più recenti, scatenando vivaci moshpit e cori urlati al cielo, dimostrando tutto il grip che la band ha ancora sul suo pubblico.

Good Riddance

I Good Riddance però non sono solo aggressività e velocità: sono anche capacità di trasmettere messaggi significativi attraverso ritmi serrati e riff incisivi. Risuonano con forza i testi di Rankin, trasformando la performance non solo in un’esplosione di fisicità collettiva, ma anche in un momento di riflessione. Ogni membro porta sullo stage una presenza scenica autentica, senza tanti ricami, concentrata sull’esecuzione e sull’interazione con i fan. Un trionfo di Punk Rock schietto e appassionato, quello dei Good Riddance: al Greenfield Festival si riconfermano band iconica del loro genere, una forza vitale e imprescindibile della scena, capaci come il primo giorno di unire l’urgenza del Punk con la profondità dei messaggi.

In Flames
In Flames

Adesso sì che c’è da divertirsi: è il momento di tornare ai piedi del grande palco principale e farsi largo tra la folla è un’impresa da non poco. Non ho mai desiderato così tanto un elicottero come in quei momenti, ma tra spintoni e inciamponi raggiungo il pit che ormai è diventato casa, per me. Pochi minuti di attesa ed ecco il turno degli In Flames, attesissima formazione alternative metal / melodic death metal nata a Goteborg, Svezia nel 1990, quando l’ex membro fondatore Jesper Stromblad decise di muoversi verso sonorità diverse e innovative rispetto a quanto operato nel suo precedente gruppo Ceremonial Oath: 16 gli album pubblicati e tutt’ora in grande attività e fermento musicale.

In Flames
In Flames

Insieme a nomi come Dark Tranquillity e At The Gates, questa band ha contribuito alla nascita, alla crescita e allo sviluppo del Melodic Death Metal svedese, oltre a essere citati per essere stati tra i principali precursori del Metalcore, commistione tra Hardcore Punk e Metal estremo. Mi aspettavo quasi un concerto fortemente incentrato su “Foregone”, l’album in studio più recente, il quattordicesimo, uscito il 10 febbraio 2023 via Nuclear Blast, vincitore dei Grammis Award for Hard Rock and Metal Of The Year. Invece in scaletta abbiamo una rappresentazione di almeno dieci album, e non importa quale sia la vostra epoca preferita degli In Flames, sareste impazziti tutti di gioia.

In Flames
In Flames

Un’esperienza live che ricorderò per sempre, sia per l’imponenza e la potenza senza limiti di questi artisti che sorridono alle lenti come se stessero facendo una passeggiata al parco, sia per l’impatto della set list, un’altra categoria veramente, e probabilmente si aggiudicano anche il primo premio per il crowdsurfing spietato eseguito ai loro piedi: se mi dicessero che c’era l’intera Svizzera a surfare, ci crederei senza batter ciglio, e ringrazierò per tutta la vita la security e la robustezza delle transenne, ulteriormente rinforzate con sbarre d’acciaio orizzontali.

In Flames

Solo questo può farvi immaginare la forza scatenata dal pubblico durante questa performance, complicata da fotografare per via del mare di nebbia e dell’enorme pannello luminoso sullo sfondo, ma di una soddisfazione che non si può raccontare: una scenografia essenziale che permette alla musica di essere la vera protagonista. Il vocalist Anders Fridèn si è rivelato un indiscusso leader, interagendo con cuore e incitando tutti a partecipare attivamente; la sua voce è un continuo spaziare tra clean e growl, riuscendo a mantenere una coerenza fuori dal comune per tutta la performance.

In Flames

Solo in alcuni momenti, se ascoltato con attenzione, si poteva notare la sua sicurezza incrinata dall’emozione: I wanna see all that Swiss people in the air! If you fall in the pit I’ll give you a kiss on your forehead … this is the last day, I want to see the biggest show of tonight, I don’t care who you are, where you are, start runnin’! Start runnin’! Start runnin’! Inutile dire che tutto il pubblico inizia a correre in tondo come un vortice, uno tsunami elettrico, mentre io sono ben felice di osservare da lontano: essere lì in mezzo in quel momento significherebbe essere raccolti con il cucchiaino dopo mezzo minuto.

In Flames

Abbiamo del sangue blu alle sei corde, ovvero alla chitarra ritmica: l’americano Christopher Alan Broderick è un mondo a parte, che sfoggia assoli tecnicamente perfetti, chirurgici, che hanno deliziato gli amanti della chitarra tra un gran sventolare di chiome al vento. Vale la pena ricordare, per chi non lo sapesse, che è stato chitarrista solista dei Megadeth dal 2008 al 2014, sostituendo Glen Drover, mentre ora è il chitarrista principale degli Act Of Defiance, che ha formato insieme all’ex collega Shawn Drover (ancora Megadeth). La qualità dei suoni è sempre stata eccelsa, in un ambiente fantastico per godersi questo concerto: una location dalle dimensioni e capienza tali da garantire che l’impatto dello spettacolo fosse percepito da tutti, anche i più lontani, ma allos tesso tempo nulla appariva o suonava limitato.

In Flames

Ho trovato interessante come, nonostante la costante evoluzione del loro sound nel corso dei decenni, i brani degli In Flames funzionino ancora dannatamente bene l’uno accanto all’altro, sia che si tratti di una traccia del 1997, del 2006 o del 2023. Visti singolarmente, le differenze di stile possono essere stridenti; questi set però, molto dinamici, funzionano alla grande. Guidati dall’energia di Anders, ogni canzone viene eseguita con passione dall’inizio alla fine: gli In Flames sono da tempo maestri della loro arte, e le loro performance live garantiscono che non ci sia mai alcun dubbio al riguardo.

In Flames

Mi sento particolarmente privilegiata di aver assistito a questo concerto: In Flames We Trust.
I dunno if you are having the best night of your life, but I’m having the best night of my life, thank you my friends! Con queste calorose parole del frontman degli In Flames, la mia avventura al Greenfield Festival 2025 ha termine, con una lacrimuccia d’emozione e un sorriso infinito.

Dopo di loro si esibiscono i diamanti della serata, gli Slipknot, ma nessuno di noi riceve un pass foto per il loro spettacolo. Cosa mi rimane di Greenfield? Mi rimane una consapevolezza, una maturità che non avevo quando sono partita; mi restano i sorrisi degli altri fotografi con i quali avevo appena imparato a interagire nonostante le barriere linguistiche. Mi resta un ringraziamento particolare per tutto il pubblico in transenna, che consapevole del lavoro non sempre semplice e con il tempo limitato di un fotografo, non ha mai insultato, spinto, tirato manate come spesso purtroppo succede in Italia, ma anzi, più di una volta proprio da loro sono stata aiutata ad arrampicarmi sulla transenna per fotografare meglio. Abbiamo solo da prendere esempio.
L’indomani mattina, alla mia partenza, il grande palco era visibile dalla strada, in via di smantellamento, e vederlo così come le vecchie ossa di un dinosauro mi stringe un po’ il cuore … però lo sappiamo, sta solo riposando per l’anno prossimo, e io mi auguro di poter lavorare ancora con tanti artisti pazzeschi alla sua ombra, nell’edizione 2026.

Articolo e foto di Simona Isonni

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