Nessuno è profeta in patria: il detto non avrebbe potuto trovare cornice più appropriata. Massimo Silverio, che della Carnia ha fatto lingua, paesaggio e radice poetica, ha debuttato per la prima volta davanti al suo pubblico di casa il 27 settembre, al Teatro Candoni di Tolmezzo. Un concerto atteso, quasi simbolico, che ha segnato la “data zero” del tour dedicato al nuovo disco “Surtùm’”, in uscita il 10 ottobre, anticipato dai singoli “‘Zoja’” e “‘Sorgjal’”.

A due anni dal fortunato esordio di “Hrudja”, Silverio torna con un lavoro più stratificato e scuro, e lo ha presentato con uno spettacolo che ha confermato la sua identità musicale: rigorosa, essenziale, profondamente legata al paesaggio carnico ma proiettata oltre i confini della tradizione. Il concerto ha aperto una nuova fase del percorso di Silverio.

“Surtùm’” arriva due anni dopo l’esordio “Hrudja”, che lo aveva rivelato come una delle voci più originali del panorama musicale contemporaneo. Se il primo disco era legato alla materia acustica e al racconto radicato nei paesaggi carnici, il nuovo lavoro spinge verso un linguaggio più scabro, segnato da innesti elettronici e una scrittura che scava nell’ombra.

Dal vivo questo passaggio si percepisce nitidamente: il set è pensato come un continuum sonoro, con brani che si susseguono senza interruzioni narrative, quasi a voler trascinare il pubblico in un’unica trama emotiva. L’apertura con “Sorgjal” ha imposto subito un registro differente dalla versione in studio: arrangiamenti ripensati per il live, dinamiche costruite su innesti di eco e riverberi che avvolgevano la voce e gli archi, mentre la batteria di Remondino disegnava figure irregolari, sincopi spezzate, brusche interruzioni. Il violino, trattato come voce parallela e non come abbellimento, entrava a cesellare linee taglienti che l’elettronica espandeva in profondità.

Il punto nevralgico della poetica di Silverio resta la lingua carnica: una materia fonetica che lui modella come strumento. Non c’è ricerca dell’esotico né compiacimento folklorico: la parola diventa corpo, piegata agli accenti musicali, resa pulsazione o soffio. La sua voce dal vivo oscilla tra il quasi-sussurro e l’improvviso slancio, traducendo l’inflessione dialettale in ritmo e timbro. Il disegno luci, ridotto a geometrie nette e tagli essenziali, ha contribuito alla costruzione di un ambiente sospeso, amplificando i vuoti e i picchi sonori senza illustrare i brani. Nessun colore narrativo, ma un dispositivo visivo che teneva lo sguardo nello stesso stato di tensione dell’ascolto.

Nel bis ha riaperto il repertorio di “Hrudja”, chiudendo con “Jeva”. Dal vivo il brano assume una dimensione quasi sciamanica: le percussioni lo spingono verso un crescendo tellurico, la voce diventa invocazione più che canto, e il pubblico viene trascinato in una sorta di liturgia laica che restituisce la forza primitiva del suo progetto artistico.

La data di Tolmezzo ha sancito più di un ritorno: ha mostrato come Silverio sappia trasformare un idioma minoritario in linguaggio musicale pienamente contemporaneo, evitando folclore e manierismi. Un concerto rigoroso, asciutto, in cui ogni dettaglio dalla costruzione timbrica alle luci è stato pensato per sostenere un’idea precisa di autenticità e di forma.
Articolo di Silvia Ravenda, foto di Nicola Silverio

Set List Massimo Silverio 27 ottobre 2025 Tolmezzo
- Sorgjâl
- Avenâl
- Zoja
- Vàre
- Prim
- Grim
- Ghirbe
- Nijò
- Criure
- Jevâ
