
Bologna, 7 marzo 2025, Covo Club. Le porte come da annuncio aprono leggermente più tardi rispetto al solito, ovvero alle 22. Ho indagato sulle band prima di arrivare, ovviamente, rileggendo anche la nostra intervista agli The Howlers. Ci sarà da divertirsi; abbiamo a che fare con qualcosa di istrionico che viene da Seattle e con una band inglese sul Brit Rock dall’Est London. Un primo e secondo degno di un melting pot.

Cosa hanno in comune queste due zone? Stranamente, vi dirò il Glam: chi per il passato, chi per il presente. Del Glam a Seattle? Direte. Ebbene sì, e del sound da Rock statunitense a Londra. Una strana inversione se penso che nella prima metà degli anni Novanta c’era in radio e tra i banchi dei licei durante le occupazioni questo parallelo tra Seattle capitale delle band grunge e Londra come quella delle band glam e hard rock.


Il mondo salutava scioccato i Queen e i Nirvana a distanza di pochi anni (rispettivamente 1991 e 1994) e i fan si erano spaccati tra questi due approcci che avrebbero impiegato molti anni prima di incontrarsi in un modo o nell’altro con reciproca stima. Kurt Cobain citò proprio l’istrionico Mercury (glam all’inizio della sua carriera) nella sua lettera di addio. Un parallelo stranamente sempre sentito di due mondi molto distanti non solo geograficamente. E ora cosa sta accadendo ancora?

Entriamo in sala e non posso non notare che dietro il palco c’è l’enorme scritta “Scott Yoder”; non credo che qui abbiamo a che fare con un gruppo spalla che abbia voglia di essere messo in secondo piano. Anzi, non sono così sicuro che abbiamo a che fare con un gruppo spalla per dirla tutta, ma con una serata divisa in due.

Lasciate che vi introduca il suo personaggio con qualche riga presa dal suo stesso sito, voglio che inquadriate bene la situazione che ha aperto il tutto: Emerso dai rottami della sua band d’infanzia, The Pharmacy, SCOTT YODER è arrivato vestito con un mantello nero, camminando al ritmo del suo tamburello scintillante.(…) Quasi sempre in viaggio, ha affinato il suo spettacolo dal vivo con una band di supporto croccante ma sensibile, composta da disadattati con la stessa inclinazione. Questo balladeer glitter-folk, adornato di mascara e pantaloni a zampa d’elefante, vi invita a ondeggiare al suo fascino ammaliante.

Il ragazzo glitterato ha collaborato con Bryant Moore dei True Loves, Carolyn B. (dei Mt Fog) e con la leggendaria violoncellista Lori Goldston (dei Nirvana, David Byrne, Black Cat Orchestra). Ok? Questo è il background del primo piatto. Ed eccolo servito.

I ragazzi arrivano truccati come dei mimi; non sono neanche sicuro, all’inizio, che i loro baffi, tenendo ovviamente fuori la bassista, siano veri. Sembrano appena sbarcati da un furgone di una strada di Londra di fine anni ‘60. Accordano. Lui, Scott, con quei fantastici pantaloni a righe molto glam, resta un attimo fermo, quasi in ginocchio. Sta cercando la concentrazione, richiama il personaggio affinché lo possegga: bisogna entrare nella parte. “Eh, ma io sono sempre me stesso”, direbbe qualche artista; eh no, lo sei di più davanti a un pubblico di sconosciuti, stranamente. Con gli sconosciuti ci si confessa più intimamente, vi è mai successo in treno? Immaginate che seduta terapeutica sia un palco. Scott è lì e sta per confessare il vero se stesso.

Ora, mi affiderò alla scaletta che Scott ci ha regalato e che ci ha autografato disegnandoci un gattino per nominare le prossime canzoni: lui e la sua band sono stati una novità. Un orizzonte disegnato da una chitarra lineare introduce “You’ll never know” che prosegue su un secco e marciante basso. Gli assoli di chitarra sono essenziali senza acrobazie da guitar hero, molto slow e godibili. Scott, con orecchino a spada e foulard rosso, prende uno strumento scenico chiave del glam in tutina: il tamburello. Tutto questo inizia ad annusare di glam, sì, ma miscelato con del soul e del pulp.

I’m from Seattle, Usa, si presenta Scott. Che cosa curiosa. La fotografa mi fa notare come sia strano che il Glam ora stia tornando non dall’Inghilterra ma da altre parti. In questo caso da Seattle, ma pensiamo anche, a livello scenico, a Lucio Corsi qui in Italia. Oh oh, lo abbiamo citato anche noi.

“Sins Broken Sons” è più ritmata; qualcuno inizia a ballare e a prendere confidenza con il repertorio on air. La chitarra, una Fender bianca davanti a una camicia a pois enormi, gioca su scale di basso. La bassista, con il suo basso Cort, non è assolutamente in secondo piano, regge la struttura insieme al batterista, lì dietro, truccato in arancio.

“Sugar on your lips” è un volo sui tetti di palazzi popolari inglesi (anche se loro sono di Seattle). Scott ha la fame di una rockstar: vuole che il palco sia suo, si appropria di ogni centimetro. E così fa con le successive “Silver Screen Starlet”, “You’ll never know”, “Back to the Story”, “Who killed the lights”. Ci sono dei grandi stacchi strumentali, non è tutto costruito solo attorno alla voce. Spesso lui percuote il tamburello anche con i piedi, si dedica totalmente all’esibizione. Tutto ciò che è sul palco è così anni ‘70. Mi giro e trovo invece i cellulari, torno ad oggi.

Arriviamo all’ultima “Ways of love” con un qualcosa alla “Paint it Black” pensando che il Glam ci è tanto mancato, ci è mancata quella magia di mischiare le carte in questo modo. Lo spettacolo finisce e crediamo di averne visto uno molto particolare. Lui è molto magnetico e credo si ispiri molto al Bowie di “Aladdin Sane”, forse anche troppo; mi chiedo quale sia la reazione di un pubblico londinese.

Qui passiamo la palla a degli autoctoni londinesi: entrano sul palco i The Howlers. Cosa è successo in UK nel frattempo, mentre a Seattle rilanciano il Glam inglese? Uno scambio intercontinentale direi, i The Howlers sono qualcosa come gli statunitensi The Lumineers. Sarà difficile reggere lo show precedente, mi dico. La band, look con camicie scure ricamate, sale con soli chitarrista/vocalist, batteria – e fotografa personale.

“Night Crawling” apre le danze con un sound alla Muse: chitarre massicce e sporchissime all’inizio e più pulp dopo, voce molto chiara e a modo suo graffiante che ricorda gli Of Monsters and Men. Una batteria presente con ritmi abbastanza quadrati e degli stop importanti. Nonostante l’assenza di un bassista, riempiono bene il sound come ci hanno insegnato i buon vecchi White Stripes: chitarra e batteria “si possono fare”.

Good evening, Bologna; il cantante Adam Young parla spesso con il pubblico tra un pezzo e l’altro. “Late nights” ha inizialmente un tremolo alle chitarre sotto una voce sussurrata. Tutto ha un’educazione più che un’impostazione in realtà abbastanza pop. La chitarra esplode con un travolgente metal zone su assoli noise. “Lady luck” si propone ancor più vorticoso e martellante e con un ottimo gioco di pause. Il timbro vocale particolare di Adam sembra coprire bene da solo delle parti che altrimenti sarebbero state da coro. Iniziano le prime interazioni con il pubblico, i primi cori botta e risposta con dei la la la la.

Con “On the Run (Over You)” ci rendiamo conto che la band in ogni brano cerca la hit, qualcosa di memorizzabile e radiofonico, non ha intenzione di passare in rassegna delle canzoni riempitive ma mirate al grande pubblico. Make some noise for the drummer! dice Young al pubblico che accoglie la band bene. And now some few new songs. Parte una base che nell’architettura dei suoni arriva da dietro il pubblico in “About Time”.

Sono dei propositori di hit, qui sembra ribadito. “Further down the line” è un gioco tra tremolo e distorsione. La canzone si apre molto nei ritornelli. Lui ha un che di Soul Pop nel cantare, si lancia in soli distorti che sfumano in del tremolo e cerca quasi con rabbia l’accettazione del pubblico, si avvicina ad esso, si pone in mood di adorazione.

Anche in “You can be so cruel” parte una leggera base all’inizio, i tremoli e le distorsioni sono sempre massicce: lo stile sembra ormai dichiarato. Is it better Milan than Bologna? provoca il cantante, reduci dalla data precedente milanese. I The Howlers vengono dall’ultima generazione di rockers come i su citati The Lumineers; sono molto da festival e birra, hanno dei riff da hit, molto orecchiabili, come sentiamo in “How long”. Il pubblico accompagna con le mani e con cori la successiva “Once again” seguita da un outro (in scaletta chiamata “Matador outro”) e da “Cowboys don’t cry” e “Nothing to lose” Segue un “Extended outro” (sempre leggendo la scaletta) in cui c’è una marcia al delay ma il ritmo si indurisce subito. Al cantante non parte un pedale ma recupera subito schiacciandolo con energia.

Apparentemente arriva il primo lento solo alla fine con “El Dorado” tutto al tremolo e in leggero overdrive e un assolo che riprende il cantato. Adam Young si avvicina al bordo palco con la sua chitarra elettrica, sembra il Viandante sul mare di nebbia di Friedrich in versione rock. Infine, come un classico, lascia la sua chitarra ululare vicino all’amplificatore e la band abbandona il palco.

Che dire? Siamo nel 2025, i due continenti si stanno scambiando le influenze, chi pescando dagli anni ‘70, chi dal primo decennio dei Duemila. Abbiamo delle nuove leve che si portano con sé un’eredità importante ripescando, almeno nel caso di Scott Yoden, anche dagli anni ‘70 di un Bowie che continua a seminare figli nel tempo e poi i The Howlers che sono invece pupilli di decenni più freschi.

Da ascoltatore non ho mai cercato l’innovazione (a volte confusa con la sola elettronica) come elemento obbligatorio in una ricetta musicale; se c’è ben venga – come fosse un sorprendente e disinvolto imprevisto di produzione – altrimenti vuol dire che la verità ha voluto manifestarsi sulla Terra con suoni già esistenti e con reincarnazioni che sono una partenza ma non per forza un arrivo. I due spettacoli che abbiamo ascoltato al Covo propongono entusiasmo e rischio. Teniamo d’occhio queste due realtà: date le scuole di formazione, potrebbero lasciare dei segni preziosi.
Articolo di Mirko Di Francescantonio, foto di Giovanna Dell’Acqua
Set list Scott Yoder Bologna 7 marzo 2025
- You’ll never know
- Sins Broken Sons
- Sugar on your lips
- Silver Screen Starlet
- You’ll never know
- Back to the Story
- Who killed the lights
- Ways of love
Set list The Howlers Bologna 7 marzo 2025
- Night Crawling
- Late nights
- Lady luck
- On the run (over you)
- About Time
- Further down the line
- You can be so cruel
- How long
- Once again
- Cowboys don’t cry
- Nothing to lose
- El dorado