
Siccome lavoro nell’industria creativa, e nel mio lavoro cerchiamo sempre l’inaspettato e la trasgressione, quando vado a un concerto voglio sentir parlare di normativa sulla sicurezza. Sembra una battuta, ma è proprio quello che è successo a Milano al Legend Club il 10 marzo allo spettacolo “Macte animo!”, incentrato sulla presentazione dell’omonimo album che raccoglie il lavoro degli ultimi anni della band SOS, progetto di Bruco, al secolo Marco Ferri, veterano del Rock italiano.

Ma che c’entra la normativa per la sicurezza sul lavoro con il Rock? Bruco lo spiega nella nostra intervista, ma per i lettori distratti il riassunto è che spesso la musica sposa una causa, e bene ha fatto Bruco a scegliere questa, molto concreta e attuale, invece di scagliarsi in modo spesso borghesemente retorico in battaglie finto-radicali generiche che servono ad atteggiarsi a Punk quando si ha invece il cubo al caldo.

Il concerto viene in effetti introdotto da Michele Bressan, fondatore di Filodiffusione che organizza la serata, con gli schermi del palco sintonizzati sull’iconografia tipica dei corsi sulla sicurezza. Michele prima di presentare la band ci ricorda le istruzioni da seguire in caso di emergenza, il punto di raccolta, ci invita a lasciare libere le uscite di sicurezza, soprattutto a me che stavo proprio lì davanti. Una spettatrice dice mamma mia, che ansia! e proprio qui sta il cuore del messaggio di Bruco: sì, viene ansia a pensare alle emergenze quando va tutto bene, ma è proprio perché minimizziamo la conoscenza delle regole quando pensiamo che non ci servano, che quando ci servono non le conosciamo, o è troppo tardi per non averle seguite.

Bruco questo messaggio lo mette in musica ma lo vedremo dopo, per ora Michele si limita a presentare sotto luci blu la band che inizia con suoni psichedelici di tastiera e chitarra in un’atmosfera di tensione, mentre sugli schermi passano immagini di guerre e distruzioni. Entrata a effetto del leader che con occhiali neri e giubbotto nero arriva per eseguire “La bestia”. Il Legend Club reagisce compostamente ma calorosamente e la band sostiene con un suono pieno e robusto il vocalist che dimostra padronanza del palco e intensità di esecuzione.

Il genere è Rock, a tratti pesante fino ad avvicinarsi al Metal, che fa da base a una vocalità non rauca vicina al Rock italiano anni Novanta, con assoli virtuosistici e un messaggio importante. In questo caso è che la nostra “bestia” è ciò che ci tiene lontani dalle emozioni reali, come l’attrazione che i cellulari e i social esercitano su di noi. Bruco ci invita a spegnere i telefoni per godere del momento e quasi tutti lo fanno tranne me, che sto scrivendo sul telefono questa recensione.

“Venere acida” viene dall’album “Esse O Esse” del 2019 ed è una canzone sul vivere la vita intensamente nel momento, e il vocalist si è già tolto il giubbotto. Salveremo le vostre anime annuncia, dando senso al nome della band che malgrado il logo dalla la grafia aggressiva è in missione per conto della… sicurezza.

“Almodovar” è un altro brano del passato repertorio, che ci dice che comunichiamo e non ci capiamo; orecchiabile ma sostenuto, e durante il quale attraverso il fumo e le luci verdi vediamo il chitarrista Dario Spezia spremere la sua Fender in un assolo che sicuramente non delude gli appassionati presenti, e l’altro fenderista, il bassista Mauro Guidi sempre sorridente con il suo Jazz Bass nero, che però ha un bel 5 corde in acero marezzato rosso ciliegia, mi pare Yamaha, che lo aspetta.

Bruco spende ora qualche parola sul nuovo lavoro, “Macte animo!” ovvero “Coraggio!” che è in realtà un album diffuso che raccoglie singoli pubblicati nel tempo ma uniti dallo stesso filo conduttore, la tematica della sicurezza sul lavoro. 3 morti al giorno, ci ricorda, peggio di una guerra, e in alcuni casi dovute alla mancanza di accortezza o di voglia di assicurarsi attraverso i dispositivi prescritti, come anche per strada, della cintura di sicurezza in auto o in pullman, o nei sedili posteriori dell’automobile.

“Giuda” viene annunciata come canzone su chi ci tradisce, che siamo forse noi in questo caso, nel non proteggere e rispettare la vita, dono irripetibile. Intro elettronica un po’ alla Matt Bellamy di Nicola Rossetto distillata dalle sue tastiere Alesis e Roland in questo Rock Funk dal riff congiunto di tastiera e chitarra e dalla cassa dritta.

“Schegge” vola via con il suo alto tasso di bpm e infatti costringe il bassista, dopo il grande lavoro fatto con l’affidabile fratello batterista Stefano Guidi, a sciogliersi le mani alla fine, mentre Bruco dedica del tempo a salutare i fan presenti un po’ da tutto il nord Italia e di tutte le età.

“Cuore” è introdotta da un arpeggio che suona anni Novanta, è comunque una canzone ascoltabile e godibile ma con l’anima Rock come tutto il repertorio di questa compagine che viene presentata al pubblico dal frontman e ringraziata, così come dovremmo ringraziare chi ci sopporta da millenni, ovvero la “Terra”. È il titolo della canzone seguente che suona come un lamento o un rimprovero in prima persona da parte del nostro pianeta. La band è qui arricchita da un’ospite, Claudia Mallamace al violino, che scandisce il divenire di questa ballad.

Bruco cambia maglietta e introduce un altro brano dall’ultimo album, il teso Hard Rock denso di Elettronica “Sono colpevole”, seguito dall’arpeggio che introduce “Ancora un’ora” con la base delle mani del pubblico e un arrangiamento comunque tosto che non lascia sola la leggerezza della chitarra e sempre animata dalle curate grafiche sui monitor, a volte dal sapore AI, che presentano i testi come nel caso di “Terra” o forme geometriche come in questo caso. Uno dei brani più cantabili e melodici del repertorio.

“Con gli occhi aperti” racconta il lavorare senza sicurezza su un riff metal che vede in uso il rosso basso a cinque corde già citato e la chitarra scatenata in un assolo selvaggio, che ritorna poi al riff contrappuntato da uno gnacca gnacca pronunciato da Bruco.

“L’ultimo tornante” ricorda un eroe della generazione X, Marco Pantani, che viene evocato da questa ballad in sei ottavi dagli arpeggi delicati che cresce verso il finale nel ricordo di chi ha affrontato tante salite anche di genere diverso, “Marco il pirata” Bruco esce per lasciare i musicisti a un brano strumentale, “Segnali”, che parte da un tappeto di sintetizzatore e tamburo militare con immagini di viaggi nello spazio e alieni, in cui Mauro torna al Jazz Bass al quale in alcuni passaggi è affidata la melodia. Fra cambi di tempo e accenti dispari con chitarra psichedelica e assolo scioglidita, è un brano quasi Prog che dimostra tutta la bravura di questa band.

Torna Bruco con una terza maglietta per “Ancora vivere”, vengono ringraziati Fondazione LHS e Faraone Academy che supportano il progetto e l’ufficio stampa Parole e dintorni che fa sì che se ne parli, grazie a Riccardo Vitanza per merito del quale sono qua del resto anche io. Il brano parlerà del cellulare alla guida e Bruco, a chi lo non lo ha ancora fatto, chiede di spegnerlo, mi chiede di spegnerlo e ti chiedo scusa, ma ora sai che ero qua a prendere nota. Brano dal tempo staccato, in cui Dario imbraccia una chitarra più aggressiva, una Jackson, che lascia però di nuovo per la Fender quando si addentra in “Paese di sabbia”, brano amato dai fedelissimi, dall’album che come in una specie di gioco da reazione a catena si chiama “Negli occhi”. Spirali colorate accompagnano un brano che suona ancora Metal ma ha sempre una parte vocale pulita, con ritornello fatto cantare anche al pubblico, anche se l’assolo è metallaro con scariche di note.

Si fa un salto indietro nel tempo e nei temi, al primo brano scritto per questo progetto, “Guerra no!”, nato per una guerra ormai antica come quella dei Balcani ma purtroppo attualissimo. Torna la maglietta di Mohamed Ali ma Bruco ricorda Niki Lauda, che in tempi in cui la sicurezza in Formula Uno non era certo quella di adesso si rifiutò di gareggiare per le condizioni pericolose della pista. Perché è importante la “Vita”, di cui ce n’è una sola e il finale lo scriviamo noi.

Un ultimo cambio maglia, stavolta con una citazione per pochi, perché la t-shirt porta il logo dei Drunkards, mitica Metal band bergamasca riportata in vita negli anni Venti del Duemila proprio con l’ingresso di Bruco. Il bis di “Con gli occhi aperti” ci porta alla conclusione di questa serata di solido Rock con venature Metal, ottimi strumentisti e una voce limpida e fuori dal coro che ha intrapreso la strada coraggiosa e ammirevole di portare in giro un messaggio, inaspettato per il genere, ma appropriato e necessario.
Articolo di Nicola Rovetta, foto di Luca Taddeo
Set List SOS Milano 10 marzo 2025
1. La bestia
2. Venere acida
3. Almodovar
4. Giuda
5. Schegge
6. Cuore
7. Terra
8. Sono colpevole
9. Ancora un’ora
10. Con gli occhi aperti
11. L’ultimo tornante
12. Segnali
13. Ancora vivere
14. Paese di sabbia
15. Guerra no!
16. Vita
17. Con gli occhi aperti (bis)