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Volume #1/2025: La sparizione delle recensioni negative

Ciao e benvenuti a VoxNation, la voce della musica indipendente di Rock Nation. Oggi parleremo di un argomento che ha generato molto dibattito negli ultimi anni: perché le recensioni negative sembrano sparire dal panorama musicale? E, per capire meglio questa evoluzione, daremo uno sguardo a ciò che accade anche all’estero, analizzando le principali testate britanniche, francesi e americane.

La sparizione delle recensioni negative

Le recensioni musicali, come molte altre forme di critica, sono passate da strumenti di analisi oggettiva a veri e propri momenti di interazione tra artisti e pubblico. Un tempo, le recensioni negative erano un elemento essenziale nel panorama giornalistico musicale, un modo per fare luce su album che non meritavano la fama che ricevevano. Ora, però, sembra che le cose stiano cambiando. I media musicali, in particolare quelli più mainstream, hanno deciso di ridurre o eliminare le recensioni negative. Ma perché?

Una delle ragioni principali è il cambiamento del ruolo della critica musicale. Con l’avvento di piattaforme come Spotify, YouTube, e le social media, gli ascoltatori sono diventati i primi critici. Oggi, chiunque può esprimere un’opinione sul nuovo disco di una band, pubblicandola in tempo reale. La critica musicale tradizionale, perciò, ha visto un cambiamento radicale nella sua funzione. Non più esclusiva, ma più democratica, il che ha contribuito a modificare la sua percezione.

Molti critici oggi preferiscono concentrarsi su album che ritengono “meritevoli” di attenzione, evitando la pubblicazione di recensioni aggressive o distruttive. Questo approccio non è privo di motivazioni: in un’epoca di polarizzazione dei gusti e di crescente “cancel culture”, il rischio di generare polemiche è sempre dietro l’angolo. Soprattutto per le testate che cercano di mantenere una certa reputazione, risparmiare una recensione negativa potrebbe sembrare un modo per evitare conflitti inutili.

Il caso internazionale

Guardiamo ora alla situazione in altre nazioni, in particolare nel Regno Unito, in Francia e negli Stati Uniti. Se prendiamo come esempio testate come NME in Inghilterra, Le Monde in Francia e Pitchfork negli Stati Uniti, vediamo chiaramente un trend che rispecchia quello che sta accadendo globalmente. Negli ultimi anni, molte di queste testate hanno adottato un tono più conciliante. Le recensioni che potrebbero essere state spietate un tempo, ora sono più misurate, più tese a evidenziare gli aspetti positivi di un album piuttosto che i suoi difetti. Ma questo ha davvero migliorato la qualità della critica musicale?

Prendiamo ad esempio Pitchfork, una delle testate più influenti a livello mondiale. Negli anni ’90 e primi 2000, i loro giudizi erano noti per essere senza pietà, con punteggi bassissimi assegnati a dischi che non rispecchiavano le aspettative. Oggi, però, le recensioni di Pitchfork sono molto più equilibrate. La critica è più sottile, un’analisi che cerca di essere costruttiva piuttosto che distruttiva. Questo approccio ha portato a una sorta di “miglioramento” della reputazione della testata, ma a discapito di una critica più diretta e spietata.

Anche in Francia, testate come Les Inrockuptibles hanno seguito un percorso simile. Inizialmente molto propensi a demistificare l’industria musicale, oggi i critici francesi sembrano essere più riluttanti a dare recensioni brutte, concentrandosi su recensioni che spronano gli artisti a migliorarsi piuttosto che criticarli severamente. Si parla spesso di musica in termini di potenziale, piuttosto che di difetti palesi.

Il contesto sociale e culturale

Un altro aspetto da considerare è l’evoluzione della critica musicale all’interno di un contesto culturale e sociale che cambia. Oggi, la musica è più che mai un veicolo per l’identità e l’espressione. In un mondo dove gli artisti indipendenti hanno una presenza digitale sempre più forte, le recensioni negative possono essere percepite come un attacco personale. La scena musicale è sempre più unita in difesa dell’artista, anche quando l’album non è all’altezza. Ecco quindi che le recensioni “costruttive” sono preferite, cercando di evitare un impatto che possa danneggiare un’intera carriera, soprattutto in un periodo in cui il pubblico può facilmente influenzare l’opinione generale.

Questa tendenza è forse più forte nei paesi anglosassoni, dove la cultura del “supportare l’artista” ha preso piede anche nel giornalismo musicale. Un esempio di ciò si può trovare anche nei media digitali, dove alcuni critici non si sentono più in dovere di demolire un progetto se non hanno un’autentica motivazione solida.

Conclusione

In sintesi, la sparizione delle recensioni negative sembra essere legata a vari fattori: l’evoluzione del ruolo della critica musicale, l’influenza dei social media e il cambiamento del panorama culturale in cui viviamo. Non è solo una questione di preferenza stilistica, ma anche di strategia editoriale e di sensibilità verso gli artisti e il pubblico. La critica musicale, oggi più che mai, tende a evitare gli estremi, preferendo un linguaggio più sobrio e misurato, che possa stimolare un dibattito sano senza scivolare in polemiche sterili.

Questa non è, ovviamente, una regola universale, ma un trend che sta prendendo piede soprattutto nelle testate di più alto profilo. E voi, cosa ne pensate? È giusto tutelare gli artisti, o una critica più severa sarebbe più salutare per la musica?

Articolo di Silvia Ravenda
Musica di Minsmà

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