Con “This We Know” uscito il 25 aprile per Is it Jazz? Records, i Datadyr compiono un balzo netto verso la maturità artistica, confezionando un album che non si limita a riprendere l’eco del debutto “Woolgathering” del 2022, ma ne sublima le intuizioni, affinandole in un linguaggio più consapevole, solido e coerente. Il giovane trio norvegese continua a nutrirsi della tradizione musicale americana di Jazz, Blues, Bluegrass, Folk, ma lo fa ora con una lucidità strutturale e una precisione di scrittura che non cedono mai all’estetismo fine a sé stesso.
La title track “This We Know” apre il disco con un ritmo sincopato che intreccia il contrabbasso pulsante e la batteria in un groove vivace, mai ridondante. Le chitarre, dal fraseggio tagliente ma controllato, disegnano traiettorie dinamiche in cui l’improvvisazione è contenuta in uno schema metrico rigoroso: un equilibrio raro e sottile, che rivela una profonda consapevolezza compositiva. Qui il Jazz non viene trattato come mero esercizio di stile, ma come un codice espressivo in continua trasformazione, capace di fondere urgenza contemporanea e rispetto per la classicità.
Il linguaggio di matrice blues, filtrato attraverso una sensibilità anni ’70, si fa protagonista in “Tiny House Small Living”, brano in cui la base ritmica si ritrae in un ruolo più contemplativo, quasi a scolpire il silenzio tra le note. Al contrario, in “South of Midnight”, il contrabbasso torna a vibrare nel tessuto sonoro con movenze leggere ma decise, donando spessore emotivo senza mai imporsi in modo prevaricante una scelta estetica interessante, anche se una maggiore assertività avrebbe potuto arricchire ulteriormente la tessitura complessiva. Straordinaria la fluidità del dialogo strumentale: nessun elemento sovrasta l’altro, nessuno cerca il protagonismo fine a sé stesso. Si percepisce, piuttosto, una comunicazione reciproca, quasi cameristica, che fa della coralità il proprio punto di forza.

“Star Spangled Banjo” emerge come uno dei vertici del disco: trascinante, ironico nel titolo e irresistibile nel drive ritmico, incarna perfettamente quello spirito libero e irriverente. Un ruolo centrale lo assume anche “Point Blank”, brano emblema dell’intera estetica del lavoro: qui il trio ricerca il Blues senza inseguirne le formule stanche, plasmandolo in una materia nuova, viva, mai forzata. “This We Know” non è soltanto un omaggio consapevole alle radici musicali americane; è anche un atto di elaborazione critica verso quell’America idealizzata che il trio, cresciuto in Norvegia tra arte e miti a stelle e strisce, ha dovuto imparare a guardare con occhi disincantati.
L’album vibra infatti di una malinconia elegante, di un conflitto sottile fra amore e delusione, fra nostalgia e bisogno di verità. In nove tracce indipendenti ma interconnesse da un filo narrativo chiaro, i Datadyr riescono nell’impresa rarissima di rinnovare la tradizione senza svilirla, dando vita a qualcosa che non è revival né semplice aggiornamento: è creazione autentica.
Un disco che non rincorre etichette o generi, ma li reinventa, trasformando l’assimilazione stilistica in linguaggio personale. Un gesto di coraggio e intelligenza che conferma i Datadyr tra le voci più interessanti della nuova scena europea.
Articolo di Silvia Ravenda
Track list “This We Know”
- This We Know
- Star Spangled Banjo
- Tiny House Small Living
- Dallas Alice
- South of Midnight
- Lotusdance
- Kindling
- Point Blank
- Looking for Colorado
Line up Datadyr: Odd Erlend Mikkelsen chitarra, banjo, percussioni / Amund Nordstrøm batteria, percussioni, sintetizzatori modulari / Øystein Høynes contrabbasso, percussioni
Datadyr online:
Instagram: https://www.instagram.com/datadyrband/