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DIVUS “Divus 3”

Album che si sviluppa per sottrazione, dove la densità sonora non è data dalla quantità, ma dal peso specifico di ogni elemento

C’è un respiro trattenuto che attraversa “Divus 3” dei DIVUS, uscito il 2 maggio per Subsound Records, ma non è il fiato regolare di una corsa né quello isterico di chi fugge. È un respiro scandito da pause, da aperture oblique e chiusure repentine, come se il suono stesso imparasse a trattenersi, ad aspettare, a non concedersi del tutto. È qui che si muove il terzo lavoro del duo romano, nel limbo inquieto tra un’inspirazione che non arriva mai fino in fondo e un’espirazione trattenuta per non dissolversi.

Un sax che non canta, ma racconta. Non impone, ma lascia indizi, e un’elettronica che non cerca mai il climax, ma lavora per stratificazioni di senso, come la nebbia che si addensa, si fa corpo, poi lentamente svanisce. “Divus 3” è un album che si sviluppa per sottrazione, dove la densità sonora non è data dalla quantità, ma dal peso specifico di ogni elemento. È materia scura, scolpita nel vuoto. Le tracce non hanno titoli, ma movimenti. Come se il disco fosse una suite non scritta, un unico affresco scomposto in sezioni che si rincorrono e si respingono. Eppure, in questa apparente rarefazione, c’è una tensione costante: il dialogo, mai esplicito, tra l’elettronica plumbea di Lamanna e il sax baritono di Luca T. Mai genera un attrito sottile, sotterraneo, un’ansia sospesa che non esplode mai.

L’apertura è cauta, quasi in punta di piedi. I suoni emergono come ombre, definendo uno spazio claustrofobico e visivo, in cui ogni battito è un battito mancato, ogni nota un sussurro al limite del silenzio. Il sax arriva dopo, non come protagonista, ma come presenza viva. Non vuole essere melodia, ma memoria: frammenti vocali che sembrano provenire da luoghi dimenticati, da stanze chiuse, da fotografie in bianco e nero.

È un album fatto di contrasti misurati: il calore quasi umano del fiato che esce dal metallo si infrange contro le architetture glaciali dei synth. Eppure il conflitto non è mai rottura, semmai coesistenza. Il sax non sfida l’elettronica, la attraversa, ne interpreta il silenzio, ne modula le interruzioni. Ci sono momenti in cui tutto si ferma, brevi silenzi che non sono vuoti, ma pieni di possibilità: pause che lasciano spazio all’immaginazione, suggerendo più di quanto dicano. In questi interstizi nasce la vera forza del disco. Perché “Divus 3” non è un’opera da consumare: è un oggetto sonoro da abitare, da contemplare lentamente, nel buio, con vigile attenzione. La seconda metà si fa più concreta, più corporea, come se l’album lentamente riemergesse da sé stesso. Le strutture si consolidano, i ritmi pur sempre alieni iniziano a pulsare sotto pelle, e l’insieme si fa quasi architettonico, ma non si perde mai quel senso di sospensione, di apnea dolce, come se anche nei momenti più ossessivi la musica preferisse suggerire piuttosto che invadere.

“Divus 3” è un’opera che cammina sul filo, in bilico tra immersione e distanza, tra spirito e cemento. Non è un disco da viaggio, non è da sottofondo e non è nemmeno una colonna sonora. È un ambiente, un luogo mentale, un’architettura immaginaria costruita su macerie sonore, dove ogni suono è un residuo, ogni eco una presenza. Racconta senza dire, seduce senza toccare e lascia chi ascolta con la sensazione di aver attraversato qualcosa di indefinibile o forse, di essere stato attraversato.

Articolo di Silvia Ravenda

Track list Divus 3:

  1. E1
  2. E2
  3. E3
  4. E4
  5. F1
  6. F2
  7. F3

Line up: Musica composta, suonata e prodotta da Divus (Luciano Lamanna e Luca T. Mai)

Divus online:
Website: https://lucianolamanna.blogspot.com/
Website: http://www.zuism.net/
Instagram: https://www.instagram.com/divus_music/

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