Gli Elephant Brain tornano a tre anni dal precedente lavoro con “Almeno per ora”, in uscita il 10 ottobre per Woodworm Label (edizione fisica dal 31 ottobre). Non è un cambio di rotta: è il ritratto di una band che ha smesso di inseguire la sorpresa e punta a consolidare la propria identità. Meno slanci adolescenziali, più ombre e concretezza, ma con la stessa tensione elettrica che li ha resi un punto riconoscibile della scena umbra, insieme ai Fast Animals and Slow Kids.
Registrato da Marco Romanelli e prodotto da Jacopo Gigliotti, il disco mostra un passo avanti soprattutto nel suono. Le chitarre si sono fatte più affilate e controllate: rinunciano ai muri sonori per lasciare spazio all’incastro con una sezione ritmica che picchia con precisione chirurgica. Il basso sostiene e incupisce i momenti più introspettivi, mentre la batteria resta asciutta e compatta, tenendo sempre alta la tensione. La produzione lavora sulle dinamiche, togliendo quando serve e aprendo improvvisamente per dare aria ai momenti di maggiore intensità: una scelta che rende l’ascolto più vivido e cinematografico.

I testi si concentrano su un’età di mezzo, sospesa tra gioventù e resa dei conti: amicizie che si incrinano, nostalgie che mordono, la sensazione che il tempo scivoli via mentre si prova a restare fedeli a sé stessi. “Il nulla è già molto” apre l’album quasi in punta di piedi, con voce e chitarra acustica che preparano un crescendo corale destinato a esplodere nei club. “È solo un’altra domenica” e “Sto meglio” alzano i bpm e rivelano il lato più energico e pop-punk, perfetti per trascinare l’ascoltatore al primo ritornello. Al contrario, “Impareremo a perdere” e “Non conta niente” recuperano le radici midwest-emo, rimanendo fedeli a quell’anima malinconica che da sempre attraversa la band.
Il brano che segna il punto di svolta è “Le prime luci”: l’introduzione al pianoforte ne rallenta il battito e mette a nudo un lato più vulnerabile, prima che le distorsioni irrompano a frantumare la quiete. È la traccia che suggerisce la possibilità di un futuro meno prevedibile, e mostra che gli Elephant Brain sanno reggere la delicatezza senza perdere forza. La chiusura è affidata alla title-track “Almeno per ora”, che intreccia chitarre dilatate e atmosfere quasi post-rock, fino al verso finale “Almeno per ora / fa ancora paura” che resta come una ferita aperta: gratitudine, fragilità e resistenza condensate in quattro parole.
Più che una rivoluzione, questo album è una conferma: sceglie di affinare la scrittura, di pesare meglio i silenzi e di spostare il baricentro dalle urgenze giovanili a un rock che sa rallentare quando serve. Gli Elephant Brain dimostrano di non essere solo una band da scariche elettriche: hanno imparato a lavorare sulle pause, sulle sfumature e sul peso dei testi, costruendo un disco che tiene insieme malinconia e immediatezza.
Il lancio di “Almeno per ora” coinciderà con l’“Almeno per ora Club Tour”, che prenderà il via il 15 novembre da Roma (Largo Venue) e proseguirà a Bologna (22/11, Locomotiv Club), Torino (28/11, Hiroshima Mon Amour), Perugia (12/12, Urban), Bergamo (9/01, Druso), Pordenone (10/01, Astro Club), Cervia (24/01, Rock Planet) e Milano (27/01, Santeria Toscana). Chi li ha già visti sa che sul palco il quintetto perugino sprigiona un’energia trascinante: sarà lì che il nuovo repertorio dovrà misurarsi con la prova del pubblico.
Con “Almeno per ora” gli Elephant Brain scelgono la via della chiarezza: melodie che arrivano subito, testi che parlano senza giri di parole, arrangiamenti snelli che si imprimono al primo ascolto. È un disco immediato, che si lascia entrare con facilità ma non scivola via: dietro l’apparente semplicità conserva ombre e tensioni capaci di restare a lungo nella memoria di chi ascolta.
Articolo di Silvia Ravenda
Track list “Almeno per ora”
- Il nulla è già molto
- Impareremo a perdere
- È solo un’altra domenica
- Sto meglio
- Benedici
- Non conta niente
- Le prime luci
- Una casa in cui tornar
- Almeno per ora
Line up Elephant Brain: Vincenzo Garofalo, Andrea Mancini, Emilio Balducci, Roberto Duca, Giacomo Ricci
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