Il 23 maggio è uscito “I’m Camera”, terzo ep di SOFIA ISELLA (in maiuscolo, come lei chiede), pubblicato per l’etichetta che porta il suo nome. Non confonda il suono italianeggiante: l’artista è statunitense, ha vent’anni ed è destinata ad andare molto lontano. A dispetto del suo milione di follower su Instagram, in Italia non la conosce quasi nessuno. Per questo, prima di parlare del nuovo lavoro, ricostruiamo la sua fulminante carriera.
Ha senso definirla una bambina prodigio: a tre anni intraprende lo studio del violino, a otto scrive i suoi primi testi. La bio riportata nel sito ufficiale si riduce a: “SOFIA ISELLA (age 20). A slut for words.” La traduzione più accurata è: “Troia per le parole.” Vero, nel senso che la sua poesia è letteralmente promiscua e mescola tutto con il contrario di tutto senza degenerare nel caos. La musica, per contro, è inscindibile dal testo. In questa ottica, Sofia è cantautrice fino al midollo.
Nel 2020 si trasferisce con la famiglia in Australia, dove inizia il suo cammino musicale, pubblicando il primo ep “I’m Not Yours” (novembre 2020), oggi irreperibile. Lo pubblica in proprio, così come tutti i lavori successivi, nel segno di un’indipendenza reale e completa. Il poco che si può ancora ascoltare su YouTube svela un talento in formazione e una voce acerba, ma anche una vena musicale per nulla scontata. Sospinta da una presenza scenica dilagante, come testimoniano i numerosi video presenti sul suo canale Instagram, la musica di SOFIA ISELLA diventa virale su TikTok e inizia ad attirare l’attenzione. Tra il 2022 e il 2023 pubblica sei singoli, ma bisogna attendere il 2024 per il secondo ep “I Can Be Your Mother” e fino a pochi giorni fa per il nuovo “I’m Camera”.
La musica di quest’artista non si lascia incasellare: viene definita Alternative, Gothic e Indie. È di certo Pop e più specificamente Dark-Pop, ma questi sono termini troppo ampi per dire qualcosa. La verità è che la categorizzazione è sempre limitativa per chi crea arte seguendo percorsi non allineati, e l’ascolto cronologico dei singoli pubblicati a cavallo tra i suoi 17 e 18 anni mostra una crescita artistica di rara entità. Per giunta, una crescita solitaria: è incredibile che una persona della sua età abbia prodotto musica di simile qualità in totale autonomia. Pochi ricordano il primo singolo “Rainbow Rocket Ride” (maggio 2022), ma il secondo “All of Human Knowledge Made Us Dumb” (ottobre 2022) è di recente riemerso grazie a un video pubblicato su Instagram: durante un concerto, Sofia scende in mezzo al pubblico per dare luogo a una performance tanto straniante quanto toccante. Il tema del brano è l’alienazione causata dall’onnipresenza del virtuale, che sfinisce i rapporti reali, e la sua azione è disarmante: tocca la mano di chiunque glielo consenta. Il corsivo è importante: è necessario guardare il video per comprendere con quanta delicatezza l’artista affronti il contatto fisico, un tema sotteso a tutta la sua produzione. La canzone è la prima a mostrare un solido germe di maturità, termine peraltro poco adatto a una persona così giovane. La svolta avviene però con “Us & Pigs” (gennaio 2023), caratterizzata da un testo durissimo che affronta uno dei temi ricorrenti nella scrittura di Sofia: la contrapposizione del femminile al maschile, intesa nel senso peggiore possibile.
Le nostre donne sono bestiame, c’è sangue sui nostri bambini
Venite pagati per non prestare attenzione?
Deve accadere a vostra madre
Vostra sorella o vostra figlia, perché ve ne facciate carico?
Quindi, riempiteci di sperma, metteteci in un granaio
Noi e i maiali, in una fattoria del Mississippi:
In nove mesi avremo un bambino del quale non vi importerà
Il titolo è ambiguo: “Us” significa “noi” o “United States”? Probabilmente, entrambe le cose. L’area di pensiero è palesemente femminista, ma non si tratta di un cliché: i risvolti del brano sono sociali e politici. Il messaggio è veicolato con una convinzione tale da mettere in secondo piano la connotazione ideologica. La sensazione è che SOFIA ISELLA dica esattamente ciò che pensa e sente: senza filtri, mettendoci la faccia e sapendo benissimo di usare frasi pesanti come macigni. Appoggia le parole a una straniante cantilena in tre quarti, accompagnata da un pianoforte che ricorda le prime canzoni di Kate Bush. In aggiunta, con questo brano prende il via un impressionante processo di maturazione del canto. Il singolo successivo “I Looked the Future in the Eye, It’s Mine” (febbraio 2023) è un passaggio verso l’esplosione di “Hot Gum” (maggio 2023), caratterizzata da un ritmo ipnotico e da una voce che nella strofa pare quella di un’attrice consumata, diventa una sorta di rap cantato nel pre-ritornello e si dispiega in armonie strettissime nel ritornello che segue.
In una lettera ai suoi fan, Sofia spiega il significato del brano: L’immagine di masticare fiamme morbide come gomma è una metafora del tenere qualcuno deliberatamente all’oscuro di qualcosa (…). L’ipotetico standard degli uomini che dominano sessualmente le donne mi è sempre apparso noioso (…). Le mie amiche alla scuola superiore raccontavano di praticare il sesso orale ai ragazzi nei bagni al solo scopo di piacergli, senza che ci fosse alcun ritorno. La pressione sulle donne affinché siano arrendevoli, eccitanti o attraenti per gli uomini è un cliché abusato e deprimente.
Nel mese di settembre 2023 compare l’ultimo singolo isolato: “Everybody Supports Women” è una feroce denuncia di come tutti a parole affermino di stare dalla parte delle donne, fino a che non si trovano a doverlo fare davvero. Il testo si muove però su due piani distinti: quello della critica all’atteggiamento comune e quello della percezione delle donne di successo. Credo che le parole del brano, da sole, valgano tutto l’inchiostro versato per commentare le gesta di una nota promotrice nazionale di pandori.
Qualcosa non andava nei suoi capelli, sgonfiati alla perfezione
Era carina, intelligente e divertente
E ha avuto tutto ciò che voleva, e fa beneficenza:
Non è la cosa più orribile che avete sentito?
La sua popolarità, la sua bellezza è troppa per farle del bene
Probabilmente vede solo se stessa
Noi la odiamo, ma lei è il nulla
E se tutti l’abbandonano, se l’è andata a cercare
Sofia poi rincara la dose, affermando che guardarla troppo a lungo ha fatto somigliare la nostra vita a pastelli sbiaditi: detto da un’adolescente, non solo fa un certo effetto, fa rumore. Tanto rumore che a un certo punto Taylor Swift (per ironia, la perfetta incarnazione della persona descritta nel brano) chiede a SOFIA ISELLA di aprire una data del suo Eras Tour. Il passaggio diretto dalle assi di legno dei club di Los Angeles, dove nel frattempo Sofia è tornata a vivere, allo stadio di Wembley pare impossibile, ma talvolta l’impossibile si verifica. Si potrebbero ipotizzare manovre di un manager assai scaltro, ma non c’è alcun management: la carriera di Sofia è gestita in famiglia, a tutti i livelli. Nel suo caso, il termine “indipendente” va inteso in senso letterale. Mia mamma ha mandato le basi in tutto lo stadio di Wembley da dietro il palco, da uno spazio vuoto, mia sorella più piccola mi scatta le fotografie, e papà ha realizzato i visual che proiettano quando esco sul palco. Loro sono la ragione per cui sono ancora sana di mente… più o meno.
Questo modello di business è moderno e mina alle radici lo schema classico che prevede un management, un’etichetta, un ufficio stampa, un’agenzia di concerti. Anche se alcune operazioni vengono ora appaltate all’esterno (SOFIA ISELLA fa sold-out ovunque, negli USA e in Europa), la gestione rimane domestica. Vale anche la pena di notare che non esiste una versione fisica degli ep: solo streaming e download, un segno del fatto che il XXI secolo avanza a grandi passi.
Nel mese di settembre 2024 arriva finalmente il secondo ep “I Can Be Your Mother”, ed è una mazzata sui denti. Il salto rispetto ai singoli precedenti è verticale verso l’alto, a partire dallo strumentale di apertura “The Well”, in cui Sofia si rivela eccelsa violinista. I cinque brani a seguire sono cantati, e la sorpresa è la voce: spesso allucinata, distorta, talvolta sussurrata e con affondi gutturali che evocano l’ombra fugace di Diamanda Galás. Il genere rimane indefinibile, ma distilla tutto ciò che di meglio si è sentito dal 2000 in poi. La ragazza crede palesemente in ciò che canta: ne è convinta, e ciò la rende convincente nonostante attraversi i generi musicali lungo traiettorie assai sghembe. “The Doll People”, quarto brano dell’ep, è una gemma che è difficile immaginare nelle dita, nella testa e nelle corde vocali di una diciannovenne. Il testo spregiudicato e diretto dimostra quanto il tema dell’empowerment femminile sia al centro dell’attenzione dell’artista.
Le persone-bambola non sono uomini
Sono fatte di culo e vetro
La nostra pelle è argilla dipinta di blu
La nostra testa si può staccare
Siamo statue a cui batte il polso
Siamo arte che potete scopare
Le parole da sole non rendono: il loro intreccio con melodia, arrangiamento e dinamica è ciò che rende il brano una delle migliori canzoni sentite negli ultimi anni, diretta e cruda come poche. Dopo la splendida “Unattractive”, arriva il sigillo finale della title-track, vero capolavoro. Un manuale di arrangiamento pop contemporaneo, con la voce usata in maniera magistrale e funzionale alla circolarità del brano che finisce così come inizia, con un pianoforte sepolcrale che non dà scampo. Il testo affronta un tema tutt’altro che scontato: il rapporto tra esecutore e ascoltatori, qualcosa che probabilmente Sofia ha sperimentato all’ennesima potenza sul palco di Wembley. Il conflitto tra essere compiacenti ed essere ribelli è tratteggiato con un’intelligenza sorprendente, che sintetizza in versi una sensibilità acuta al punto di rasentare la malattia. Le metafore, apertamente sessuali, sottolineano l’estrema fisicità dell’esperienza della performance; d’altronde, basta vedere l’artista in azione sul palco per comprendere cosa significhi per lei essere lì. Il testo raggiunge vette di esposizione dell’interiorità degne di Anne Sexton, non a caso citata da Sofia come una delle sue fonti di ispirazione.
Tu mi custodisci oppure tieni gli occhi chiusi
Io mi osservo mentre cavalco il cazzo emozionale
Perché una sceglie quale dei due vuole che la scopi sul posto:
Un uomo o il dolore nelle gambe quando sei nel backstage?
So bene quale dei due mi piega sulle ginocchia
Aggrappandosi ai miei capelli come se fossi fatta di lenzuola
(Chiunque – aggiungo – chiunque abbia voluto salire su un palco in un certo modo conosce quel dolore, the ache in your legs backstage).
Davanti a un ep come “I Can Be Your Mother” si danno due sole possibilità: o l’artista ha un coraggio immenso e rischia consapevolmente, o non potrebbe importarle meno di ciò che il mondo pensa, e fa la musica che fa perché niente altro le garantisce la sanità mentale. Il dubbio non si scioglie ascoltando il lavoro del 2024, ma l’ep “I’m Camera” appena pubblicato fa propendere per la seconda ipotesi. Le canzoni sono di nuovo sei e ancora più estreme che in passato, pur mantenendo una paradossale fruibilità. Non siamo nel campo della musica astratta o della sperimentazione, ma questi elementi compaiono continuamente, amalgamati alla perfezione nel magma sonoro che SOFIA ISELLA produce con disarmante naturalezza.
Il titolo del disco è legato al testo del primo brano “Muse”, e l’artista spiega così il suo “essere macchina fotografica”: Mi sembra che il testo di “Muse” riassuma il mio processo creativo in modo accurato e preciso. Mi sento come se non fossi io a scrivere le mie canzoni. Ho la sensazione che ci sia qualcos’altro nella stanza. È come se mi sorridesse, ma io sono solo la macchina fotografica che cattura la scena.
“Josephine”, secondo singolo di lancio dell’ep (marzo 2025), affronta di nuovo il rapporto tra artista e pubblico, personificato da una misteriosa e inquietante figura femminile. Un arrangiamento ossessivo fa da sfondo a un testo che scava fino al midollo.
Continuo a sognare che tu sia in quell’oscurità blu
Sei in quella folla di vermi
Mi guardi ricevere tutto ciò che secondo te non merito
So che mi guardi, Josephine, so che lo fai
Correrò in cerchio trovando altri modi per dirti “mi manchi”
Mi manchi, Josephine, ma non risponderò
“Dog’s Dinner” (primo singolo, uscito il 27 gennaio, due giorni prima del ventesimo compleanno di Sofia) esplora nuovamente i meandri del rapporto tossico tra uomo e donna, utilizzando l’arrangiamento più prossimo al commerciale presente nell’album e culminando nell’espressione testuale più selvaggia della carriera dell’artista:
E quando sarai eccitato
La chiamerai in qualsiasi modo tranne “vagina”
A mio modo di vedere, l’umore non merita poi molta saliva
Ma tu che stai leggendo,
Lentamente la merda che mangi prenderà il sapore della speranza
Capirai il cazzo e la solitudine quando ti riempiranno insieme
Per fugare il dubbio che l’ultimo verso sia uno scivolone, SOFIA ISELLA chiama il suo tour 2025 “You’ll understand, dick” e parte alla conquista del mondo. Un’amica molto attenta agli aspetti letterari delle canzoni alla quale ho sottoposto il lavoro ha commentato: È una frase che potrei tatuarmi addosso. Non c’è molto da aggiungere, se non che concordo sul fatto che sia un verso altissimo, che pure evoca un’immagine terribile.
“Crowd Caffeine” (terzo singolo, aprile 2025) è il Blues secondo SOFIA ISELLA. Al netto delle differenze vocali, evoca la migliore Tori Amos, anche per l’utilizzo del pianoforte come quasi unico strumento di accompagnamento, benché lungo il percorso la canzone incroci le coordinate di Ricky Lee Jones, risalendo inevitabilmente a Joni Mitchell e a Janis Joplin, nell’intenzione. “Man Made” affonda invece le radici nel Folk americano, anche se il carattere modale del brano è portato all’estremo da un arrangiamento che si autodistrugge, letteralmente, a metà canzone. Di nuovo: coraggio da vendere o totale noncuranza verso qualsiasi giudizio positivo o negativo? Quel che è certo è che la voce di questa ragazza non è quella di una ventenne, né dal punto di vista del timbro, né da quello della maturità esecutiva. Il progresso rispetto alle di due soli anni fa è così enorme da far sorgere il dubbio che SOFIA ISELLA sia un’entità aliena.
Il lavoro si chiude con “Orchestrated, Wet, Verboten”, che sfida davvero qualsiasi classificazione. Istintivamente mi fa pensare a Lana Del Rey, forse per la nudità e per l’urgenza della perversa dichiarazione d’amore che pesca a mani giunte nel binomio eros/thanatos: impulsi contrapposti che spingono rispettivamente verso il trionfo della vita e quello della morte, qui riuniti a un livello poetico che ricorda la “Still Life” vergata dalla penna di Peter Hammill, nientemeno. Il brano si conclude con un taglio netto, quasi a dire: Devo andare, ma non temete: ritornerò.
Verso il ritorno, che a questo punto dovrebbe sostanziarsi in un intero album, si può nutrire un filo di timore oltre all’aspettativa, perché ci sono pochi dubbi: SOFIA ISELLA sforna arte pura a livelli stratosferici ed è uno di quei talenti che appaiono forse una volta in una generazione. Il timore è che il mercato le tagli le gambe. Mi chiedo quanto tempo passerà prima che la major di turno fiuti il lucro enorme che potrebbe derivare dalla sua arte, e per massimizzarlo cercherà di disciplinarla: uccidendola, di conseguenza. Le auguro che il suo sia coraggio, piuttosto che necessità, e che quel coraggio le faccia rispondere “no” quando qualcuno dirà: “Un milione di dollari di anticipo, se firmi qui.” Perché il momento verrà, ne sono assolutamente certo.
Articolo di Marco Olivotto
Tracklist “I’m Camera”
- Muse
- Josephine
- Dog’s Dinner
- Crowd Caffeine
- Man Made
- Orchestrated, Wet, Verboten
Line up: SOFIA ISELLA / Tutti gli strumenti, voci, produzione
SOFIA ISELLA online:
Web: https://www.sofiaisella.com
Instagram: https://instagram.com/sofia_isella/
YouTube: https://youtube.com/@sofiaisella