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Stefano Dall’Armellina “La Magnolia Stellata”

Disco maturo che pesca dalla miglior tradizione cantautoriale nostrana

“La Magnolia Stellata”, il quarto album di Stefano Dall’Armellina, è uscito l’11 ottobre per VREC Music Label che, ancora una volta, si conferma una delle officine di produzione più interessanti per la nuova musica d’autore. Il cantautore trevigiano, nato nel 1971, è un artista pluripremiato. Nel 1999 e 2000 con “Fiato corto” ha vinto Musicultura. Nella sua carriera ha collaborato con Vecchioni, Finardi, Lauzi, Neri Marcorè pubblicando gli album “Giorni Buoni” (2004) e “…e i pesci vengono a galla”. Ha partecipato al tour di Gianni Morandi e alla “azionale Italiana Cantanti”

Il nuovo lavoro, composto da nove tracce, è un disco maturo, che pesca dalla miglior tradizione cantautoriale nostrana, con echi di Fossati, soprattutto nelle due prime tracce del lavoro – “Rinascere domani” e “Lasciami fare” -, e poi Concato (“Condividiamo”), Sirianni (“Severo”), e Bennato (“Né destra né sinistra”), ma senza la sua anima blues. Al di là dei rimandi, Dall’Armellina con questo lavoro dimostra di essere pienamente a suo agio in questo mondo fatto di sonorità soft, e non troppo marcate; una musica dove gli strumenti sono e restano sempre al servizio dei testi, e della voce dell’autore, senza azioni di invasioni e di conquista.

Di fatto è un disco dove Jazz e Pop, non troppo invadente sulla matrice del primo genere, si mescolano insieme per dar vita a un suono che, all’apparenza, può sembrare leggero. In realtà è un ritorno a quella leggerezza che Calvino valutava come valore da portare nel Nuovo Millennio. Gli anni 2000 sono andati, e con questi i suoni duri e graffiati. Sono arrivate sonorità volgari, prepotenti e saccenti. Così, per chi vuole riscoprire senso e valore, non resta che cercare quella leggerezza ed essenzialità che è sinonimo di qualità sonora. Pochi orpelli insomma, e suoni puliti e ripuliti, all’apparenza démodé, ma non di certo datati. La produzione artistica e gli arrangiamenti sono di Gianni Fantuz.

Un album delicato, che entra in punta di piedi sia nelle playlist, sia nella mente di chi ascolta. In prima istanza tutto porta verso l’amore, tema cantato e ricantato da ormai due generazioni che, per far sentire la loro voce, sono costrette a dare ragione al Morgan dei Bluvertigo quando, in “Iodio”, cantava Bisogna sempre per forza parlare d’amore? Bisogna sempre comunque far nascere il sole? È necessario far credere di fare del bene? È necessario alle feste donare le rose? 

Superato questo scoglio l’album si apre, come un fiore che segue il sole del mattino. Il tutto però con lentezza. Allora “Rinascere domani” è sì una canzone di speranza per ogni persona che è chiamata ad affrontare una crisi, ma è anche, in modo non troppo velato, un inviato per tutta la nostra società a guardarsi bene attorno. Voglio rinascere domani / e sarà tutto a posto / ma non dovremo andare a faticare / la vita di ogni giorno. Con la zia”, brano ironico che ricorda la miglior tradizione della canzone scanzonata, dalle melodie popolari fino a Jannacci e Gaber, con un pizzico del primo Capossela, è in un brano con il quale passano messaggi importanti. Un testo che vede la partecipazione straordinaria della scrittrice Enrica Tesio (recitato) e del grande Moreno “il biondo” Conficconi al clarinetto. Una canzone, in sintesi, da uomo solitario e anziano che guarda i cantieri e si interroga su un mondo che cambia, e nel quale c’è da provare a costruire in rapporto con i millennials.

“Lasciami fare” potrebbe essere la versione depotenziata, figlia dei salutisti anni ’20 del 2000, de “Il vino” di Piero Ciampi. Un mito, quello dell’artista bevitore, duro a morire, destinato però a scomparire con una certa tradizione musicale che lo cantava e lo elogiava. Resteranno gang, bande e situazioni che, ormai, hanno ampiamente passato i limiti della legalità e del buon senso. Allora, quel lasciami fare, in quanto artista che ama il vino, diventa un appello carico di nostalgia per un mondo artistico che ormai è buono come oggetto di narrazione e studio antropologico. 

Il perno centrale dell’album, però, resta il dittico “Ancora spazio” e “L’amore sì”. E se Mi mancano un sacco le belle canzoni / le mezze stagioni è il messaggio che “L’amore sì” lancia il mare aperto, proprio come si getta una bottiglia, con dentro un foglio, fra le onde in tempesta, allora quel la mia poetica non era a fuoco / così ho comprato della benzina è il manifesto di questa produzione che, parafrasando sempre “Ancora spazio”, per lungo tempo l’autore ha concepito come un aprire il proprio cuore a mo’ di vetrina. Insomma, una vita né tranquilla né da mediano, men che meno spericolata, ma capace di ritrovare quella serenità che, nella nostra epoca, è sempre più merce rara. 

Insomma, Dall’Armellina sembra proprio aver fatto sua la lezione di Bubola che, in molte occasioni, durante i suoi live, ricorda che cantare d’amore è cosa complessa e non affatto facile. L’artista trevigiano ci consegna un album non banale, semmai leggero, ma non perché capace di galleggiare, e scivolare via. Al contrario, è un disco che necessita di decantare, al fine di far sentire i retrogusti e quei sapori che emergono solo con una buona dose di attenzione. D’altronde si sa… I Greci erano profondi perché sapevano stare alla superficie delle cose (Nietzsche).

Articolo di Luca Cremonesi 

Tracklist “La Magnolia Stellata”

  1. Rinascere domani
  2. Lasciami fare
  3. Con la zia
  4. Ancora spazio
  5. L’amore sì
  6. Né destra né sinistra
  7. Condividiamo
  8. Una luce in fondo
  9. Severo

Stefano Dall’Armellina online:
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