In uscita il 14 febbraio su Dualtone un disco in grado di fare innamorare gli innamorati di San Valentino e non solo. Si tratta di “Automatic” dei The Lumineers e riguardo all’amore che questa band, non paga delle due nomination ai Grammy e delle posizioni di classifica raggiunte nel passato, mette nelle proprie produzioni non c’è dubbio alcuno. Ci sono voluti vent’anni di collaborazione musicale per raggiungere questo livello di amalgama, di compattezza, di pathos? Secondo me no. C’era già. È solo che probabilmente in “Automatic” i due ragazzi di Ramsey hanno trovato la via giusta da percorrere per comunicarlo. Con una produzione molto pulita e attenta alla presa del suono strumentale e ambientale, il disco si snoda in 11 brani che hanno come comune denominatore un immaginario cuscino sopra al quale sedersi, o addirittura sdraiarsi per ascoltare con una sensazione di comodità sempre presente tutta l’opera.
Comodo non significa sempre morbido, attenzione. Ci sono momenti di tensione e aguzze punte di malinconia, passaggi anche taglienti, soprattutto nelle sezioni vocali in cui si passa a tonalità più acute sopra gli accordi minori e diminuiti. Eppure si vivono anche queste sensazioni sempre e costantemente avvolti nell’abbraccio musicale che The Lumineers riescono a dare. Nel loro intento originario dichiarano dalla loro viva voce che il disco vuole esplorare alcune delle assurdità del mondo moderno, come la linea sempre più sfocata tra ciò che è reale e ciò che non lo è, e la varietà di modi in cui ci intorpidiamo mentre cerchiamo di combattere sia la noia che la sovra-stimolazione.
Probabilmente, se l’intento era questo, il focus non è stato pienamente raggiunto. È stata raggiunta, invece, proprio quella piacevolissima sensazione di intorpidimento proprio a testimoniare che la realtà è sfocata e che dipende soprattutto dalle percezioni che si hanno di essa. Poco male dato che il risultato complessivo è quello che “Automatic” si ascolta molto oltre il concetto (realistico o meno) di “volentieri”.
Dopo qualche ascolto il mio orecchio si ferma sulle sfumature sonore, su quanto mi piaccia soprattutto com’è stata registrata tutta la parte percussiva. Insomma, play dopo play ci si accorge di dettagli come spesso succede, ma sono dettagli di natura tecnica perché l’interezza del disco si percepisce immediatamente, subito fin dal primo minuto. Per una sorta di magnifico paradosso “Automatic” dei The Lumineers è un disco che consiglierei sia a chi ha bisogno di distrarsi, sia a chi è a caccia di sfumature e dettagli da cogliere. Siamo solo a febbraio ma è uno dei dischi più strani che ho sentito da inizio anno e, per i pochi che mi conoscono, la stranezza è una cosa che adoro perché ciò che è strano stimola la curiosità, la curiosità stimola la ricerca e quando cerchi qualcosa trovi sempre.
Ora sono sazio. Quasi in Automatic.
Articolo di Bruno Giraldo
Track list “Automatic”
- Same old son
- Asshole
- Strings
- Automatic
- You’re all I got
- Plasticine
- Ativan
- Keys on the table
- Better day
- Sunflowers
- So long
The Lumineers line up: Wesley Schultz voce, chitarra, keyboards / Jeremiah Fraites batteria, percussioni, back vocals, chitarra, mandolino, samples
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