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Ty Segall “Possession”

Fino ai confini del suono: l’album del musicista californiano è un viaggio cinematografico

Il multiverso è un concetto di cui sappiamo spaventosamente poco … tranne che per Ty Segall. Con il suo sedicesimo album in studio, “Possession”, uscito il 30 maggio per Drag City, il poliedrico artista californiano sorprende ancora una volta, portandoci in un viaggio ai confini del suono, fino agli angoli più reconditi della galassia rock. Un viaggio sonoro in continua mutazione, che spazia dal Garage Rock allo Space Folk, passando per mondi psichedelici e aperture melodiche di stampo beatlesiano.

A pochi mesi dallo strumentale di batteria “Love Rudiments” e a un anno da “Three Bells”, Ty Segall torna a sorprendere con un lavoro più coeso e introspettivo, in cui la scrittura emerge come protagonista, grazie anche alla collaborazione con Matt Yoka — regista del docufilm Whirlybird — con cui condivide la penna in quasi tutti i brani. La narrativa di “Possession” si intreccia con storie di ossessione e spaesamento urbano. “Shoplifter” apre il disco con una melodia acustica e delicata, in netto contrasto con la crudità del testo: la vicenda di una donna costretta a rubare per fame ci viene raccontata con empatia e grazia disarmante.

Il brano che dà il titolo all’album, “Possession”, ci catapulta ai tempi dei processi alle streghe del New England, una pagina cupa della storia che qui diventa strumento per raccontare qualcosa di universale e sorprendentemente attuale. Il brano, infatti, non affronta la possessione in senso soprannaturale, ma ne offre una visione ribaltata: i veri posseduti non sono le vittime, ma i carnefici, che si sentono autorizzati a giudicare e punire gli altri perché posseduti da qualcosa di più oscuro paura — sete di potere, fanatismo. It’s those who point that dread the bells suggerisce che chi accusa è più terrorizzato — e forse più colpevole — di chi viene accusato.

E mentre Ty Segall esplora nuovi universi sonori cimentandosi con organi, piani elettrici e archi, curati assieme al fidato amico Mikal Cronin, che per l’occasione suona per la prima volta il sassofono. Il risultato è un sound stratificato, in cui ogni dettaglio strumentale sembra dialogare perfettamente con la narrazione. Una sorta di Steely Dan impossessati, in salsa rock da stadio nuovo millennio.

Il viaggio tra i mondi prosegue, ed è facile rendersi conto di quanto l’album sia percorso da un’atmosfera cinematografica e malinconica. “Skirts of Heaven” è una ballata sospesa nel tempo, tra ricordi evanescenti e desideri irraggiungibili, il cui ritornello diventa quasi un mantra mentre “Buildings”, unico brano accompagnato da un videoclip finora, ci catapulta in uno scenario urbano freddo e disorientante, dove il protagonista vaga senza meta in cerca di un senso, perso in un labirinto fisico e mentale, fatto di architetture oppressive e domande esistenziali.

Ci sono anche momenti gotici e vagamente nostalgici, alla Edgar Allan Poe, come “Fantastic Tomb”, che attinge alla tradizione californiana anni ’60 mescolando suggestioni alla Neil Young con accenti southern rock alla Allman Brothers Band. È un racconto concitato dal taglio noir, che profuma di inseguimenti in autostrada con la telecamera di “Real TV” puntata addosso, uno stile di vita che così sarà fino alla fine dei giorni.

In “Big Days” e “Hotel”, archi e organi si fondono perfettamente con le chitarre acustiche, creando un’atmosfera intima e un sound moderno, in perfetto stile indie rock. Persino le tracce dalle chitarre taglienti e più familiari ai fan storici, come “Shining”, si rinnovano grazie al sax, agli arrangiamenti più ariosi e a una particolare cura nelle melodie per le voci. A chiudere il disco c’è “Another California Song”, un inno fuzz-psichedelico che celebra la West Coast e il suo stile di vita on the road. È un brano potente, vibrante, che ha tutta l’aria di diventare una chiusura fissa dei live futuri: una surfata finale verso l’orizzonte, un blues nostalgico con la voglia di evadere.

“Possession” non è una semplice esplorazione dell’universo del Classic Rock né una raccolta di aneddoti psichedelici, ma un autentico viaggio emotivo dal taglio cinematografico.  Ad ogni ascolto acquista profondità e intensità: Ty Segall dimostra ancora una volta di essere un musicista cangiante, capace di fondere passato, presente e sperimentazione in un’opera viva ed entusiasmante. Il folletto d’oro del revival psichedelico non sbaglia un colpo e, questa volta, lo fa con sorprendente delicatezza.

Articolo di Roberto Vezzoli

Track list “Possession”

  1. Shoplifter
  2. Possession
  3. Buildings
  4. Shining
  5. Skirts of Heaven
  6. Fantastic Tomb
  7. The Big Day
  8. Hotel
  9. Alive
  10. Another California Song

Line up Ty Segall: Ty Segall (chitarre, basso, batteria, piano, tastiere, percussioni, voce) / Mikal Cronin (sassofono) /Eric KM Clark (violino)/ Kaitlin Wolfberg (violino) / Heather Lockie (viola) / Emily Elkin (violoncello / Jordan Katz (tromba e trombone)

Ty Segall online:
Instagram: https://www.instagram.com/tysegall/

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