12/10/2024

Robert Plant presents Saving Grace feat. Suzi Dian, Firenze

12/10/2024

Savana Funk, Firenze

12/10/2024

Daniela Pes, Bologna

12/10/2024

The Devils, S.Zenone dgli Ezzelini (TV)

13/10/2024

Reb Beach & The Bad Boys, Torino

13/10/2024

Les Negresses Vertes, Bergamo

13/10/2024

Un uomo chiamato Bob Dylan, Milano

13/10/2024

Les Negresses Vertes, Bergamo

14/10/2024

Robert Plant presents Saving Grace feat. Suzi Dian, Bologna

14/10/2024

Vibravoid, S.Zenone dgli Ezzelini (TV)

15/10/2024

Robert Plant presents Saving Grace feat. Suzi Dian, Torino

15/10/2024

Diljit Dosanjh, Milano

Agenda

Scopri tutti

Bruno Casini intervista

Anni intensi e pieni di fermento, di band che non passano di moda, di un’infinita passione per la musica

Bruno-Casini

È uscito a novembre per Zona editrice “New Wave a Firenze. Anni in movimento”, l’ultima fatica di Bruno Casini, operatore culturale protagonista da decenni della scena fiorentina. Elisa Giobbi lo ha incontrato e insieme hanno parlato del libro, di anni intensi e pieni di fermento, di band che non passano di moda, di un’infinita passione per la musica.

Presentati, innanzitutto, Bruno. Tu sei stato un personaggio fondamentale per la costruzione e diffusione della cultura fiorentina soprattutto negli anni ’80 ma non solo. Un operatore culturale cruciale, determinante per quel che la città ha saputo dare in termini artistici negli anni. Come è nata questa passione, questa grande vocazione? E come l’hai coltivata, come sei riuscito a intercettare il meglio di quanto circolava nella cultura underground di quel periodo?

Sono sempre stato attratto da tutto quello che era musica, fin dai primi anni Settanta, ho frequentato concerti, rassegne in questa città ma anche fuori dalla Toscana. Sono stato un frequentatore assiduo e maniacale dello Space Electronic di Firenze dove mi sono formato, dalle tendenze musicali alle letture, dai viaggi da fare a uno stile di vita molto alternativo. In quegli anni ho cominciato a occuparmi anche di politica, militavo in gruppi dell’area extra-parlamentare partecipando a occupazioni, sit-in e manifestazioni di piazza. Proprio in quegli anni mi avvicinai al Partito Radicale e mi misero ad organizzare un concerto per i diritti civili nelle piazze della Toscana.

Frequentavo la Facoltà di Filosofia a Firenze e partecipavo alle mitiche lezioni di “Storia del Cinema” di Pio Baldelli con cui mi sono laureato con una tesi sul cinema sperimentale in Italia. Proprio in quegli anni fondai insieme ad altri il Banana Moon a Firenze, spazio molto “elettrico” dove è passato tutto il Rock italiano, la sperimentazione sonora, il cinema underground, la performance teatrale e tutto quello scenario giovanile che affollava quel periodo. A detta di molti il Banana Moon ha rappresentato quella scintilla che ha incendiato Firenze negli anni ’80. Qui sono passati gruppi e progetti che poi sono esplosi nel decennio successivo. Mi sono sempre divertito con la musica, mai annoiato, un giocattolo creativo che mi ha traghettato a fare delle scelte di vita come abbandonare l’insegnamento scolastico e investire sulla musica, comunicazione e progettazione culturale. Penso al concerto di Franco Battiato al Banana Moon, lui ci chiese un pianoforte mezza coda e si ritrovò con un piano verticale scordato ma regalò un gioiello sonoro. Immenso Battiato. Oppure il concerto degli Skiantos, sempre al Banana Moon, con una richiesta di qualche tonnellata di ortaggi che loro lanciavano dal palco e il pubblico rimandava a loro. Immenso Freak Antoni.

Raccontami un episodio iconico degli anni Ottanta fiorentini dal tuo punto di vista

Sicuramente il concerto dei Litfiba, Diaframma e Neon al Motovelodromo delle Cascine a Firenze nel luglio 1984, evento passato alla storia della cultura rock, l’unica volta che i tre gruppi hanno suonato insieme nella stessa serata. Concerto indimenticabile, aprirono i Diaframma “elettrici” e poetici, seguirono i Litfiba, oscuri e coinvolgenti e chiusero i Neon, elettronici e magmatici. Il pubblico arrivò da tutta Italia, dalla Sicilia al Piemonte. Quel concerto rientrava nel programma della prima Edizione dell’Independent Music Meeting, manifestazione e mostra mercato dedicata alle etichette indipendenti italiane e straniere. A questa edizione parteciparono Rough Trade e Mute Records, le più importanti labels del Regno Unito. Questa mostra è durata fino al 1994, poi l’Arci che gestiva il tutto ha deciso di non promuoverla più.

Quali sono state le personalità più rilevanti della New Wave fiorentina? Secondo te quali sono stati i gruppi più influenti e a quali sei più affezionato? Quali brani, quali album, quali concerti?

Per rispondere a questa domanda ci vorrebbe tantissimo spazio. Tra i protagonisti di quel periodo, fondamentali le etichette fiorentine che hanno prodotto progetti discografici immensi come Alberto Pirelli per la Ira Recods, Giampiero ed Arlo Bigazzi per la Materiali Sonori, Fabrizio Federighi per la Kindergarten Records, Paolo Cesaretti e Lapo Belmestieri per le Industrie Discografiche Lacerba, Giampiero e Marco Barlotti per la Contempo Records. I gruppi come Litfiba, a cui sono molto legato e con cui ho vissuto anni meravigliosi e pieni di energia e stress culturale, i Diaframma, con cui abbiamo fatto il Siberia Tour, memorabile, affollato, straordinario, i Neon  di Marcello Michelotti, sempre molto avanti nei suoni e nelle produzioni, gruppo davvero internazionale, ”My blues is you” un evergreen, ancora oggi attualissimo.

Vorrei citare i Moda di Andrea Chimenti, i Rinf, incrocio tra una no wave e incursioni intelligenti di sperimentazione, i Pankow, sicuramente la band più “massiccia” per l’elettronica, ancora oggi in giro per il mondo a fare tour, Soul Hunter, ovvero l’eclettico Nicola Vannini, mix di Dark Wave e Psichedelia. La cosa che mi ha fatto riflettere scrivendo “New Wave a Firenze” è che tutta questa scena musicale di allora  esiste  ancora oggi in mille sfaccettature.

Da quei gruppi sono nati tanti progetti solisti come quello di Gianni Maroccolo con “Alone”, Ghigo Renzulli con il suo “No Vox”, Antonio Aiazzi con “La Linea Gialla”, Andrea Chimenti, Piero Pelù e la sua partecipazione al Festival di Sanremo 2020, Federico Fiumani con i suoi Diaframma, Miro Sassolini e il suo progetto solista, Francesco Magnelli e le sue “Stazioni Lunari”, Arlo Bigazzi con i suoi viaggi sonori e tanti altri.

Cosa ritieni che abbia perso Firenze come città rispetto a quegli anni e cosa credi che abbia guadagnato? Su quali correnti o movimenti oggi scommetterebbe un promotore culturale dal tuo fiuto?

Abbiamo perso molte cose per la strada. Mi dispiace che l’Independent Music Meeting, fiore all’occhiello per la musica indipendente internazionale, sia stato cancellato. Altra manifestazione persa è stato il Pitti Trend dedicato allo stilismo, alla moda giovane, sono passati da qui Scott Crolla (disegnava le camice a David Bowie), John Galliano, Vivienne Westwood, Romeo Gigli, Samuele Mazza e tanti altri. Per il futuro investirei su uno spazio di musica dal vivo, passato, presente e futuro, un punto di riferimento  per le nuove e vecchie generazioni, un momento per  mettere insieme i nuovi musicisti e quelli storici. Oggi sarebbe il momento (dopo il Covid 19 che ha bloccato tutto) di riaprire un Banana Moon anni duemila che metta in sintonia queste due generazioni.

Personalmente ritengo che tra i più grandi insegnamenti di Bruno Casini (che anch’io cerco di coltivare, nel mio piccolo) ci siano almeno tre elementi portanti: uno è l’importanza della memoria, il ricordare cosa è stato fatto, come sono andate le cose. Due, l’importanza del fare squadra, delle sinergie artistiche e culturali: l’arte e la cultura, come ogni altro settore, hanno bisogno di collaborazione, non di personalismi, quindi ben venga aiutarsi e far emergere ciò che merita, senza miopi e volgari egoismi narcisistici. Tre, il legame con il proprio territorio, l’amore verso la propria città e quel che è stata capace di dare in termini artistici, e a Firenze non è poco. Confermi tutto questo o no, e quali altri elementi pensi che non dovrebbero mancare a chi si occupa di cultura?

Confermo i tre punti che hai elencato e sono d’accordo. La memoria è fondamentale per raccontare il passato con gli strumenti di oggi. Purtroppo in Italia, e a Firenze, mancano luoghi di aggregazione dove andare e studiare questi movimenti, dove approfondire, dove apprendere, dove ascoltare. Sono molto affezionato a questa città, qui ho investito le mie energie, nei miei libri racconto quello che abbiamo combinato e quello che ancora progettiamo oggi. Sento la necessità di confronto, sintonia con le istituzioni che dovrebbero maggiormente investire su spazi, archivi, studi discografici. Fuori da Firenze molti ci invidiano quello che abbiamo fatto e quello che facciamo, alle presentazioni e nei talk on line molti giovani vogliono sapere, vogliono sentire quello che è successo a Firenze durante il “Rinascimento Rock” degli anni 80 che secondo me ancora non è finito e continua ancora oggi.

Sei stato il primo manager dei Litfiba. Cosa ti ha convinto di loro in prima battuta e quali ritieni sia la forza che ha aperto loro le porte del successo? Raccontaci un episodio della vostra collaborazione che ricordi ancora oggi con un sorriso.

Quando nel 1981 Gianni Maroccolo e Ghigo Renzulli mi portarono al Casablanca un demotape con alcuni brani incisi dei Litfiba fu un colpo di fulmine. Lo ascoltai e dopo qualche giorno cantavo le loro canzoni. Questo fu decisivo per iniziare un bellissimo rapporto durato quasi cinque anni, periodo eclettico, viaggi, festival, autostrade, club, albe cristalline, incazzature felici, chiacchierate oceaniche, scoperte sonore, persone meravigliose. Un viaggio formativo che mi è servito per il mio futuro e la nascita di profonde amicizie che durano ancora adesso.

L’episodio più sconvolgente è stato la “Mephistofesta” al Casablanca il 18 Febbraio 1982 quando per quel Carnevale i Litfiba s’inventarono questa performance teatrale, quando Piero Pelù arrivò con una vera bara dentro la SMS Rifredi che userà per il suo dark show. Le persone della Casa del Popolo mi chiesero chi era deceduto e poi quella bara chissà da dove veniva! Nessuno ha mai capito. (Ride).

Parlaci di questo tuo ultimo lavoro, “New Wave a Firenze”: come nasce, cosa si prefigge, cosa ti piace di più di questo libro, perché lo dovremmo leggere tutti.

Per i 40 anni della New Wave a Firenze andava fatto qualcosa. Poi nel 2020 scoccava il quarantennale  dei Litfiba, quindi doveroso, andava scritto questo libro  non per  ricordare ma “raccontare” quello che è successo e quello che succede oggi. Ritorno su questo concetto e dico che la New Wave non è mai finita, anzi  è work in progress, è viva più che mai e sono certo che il futuro sarà molto esplosivo. Nel libro racconto tutto quello che ho combinato e lascio lo spazio a tutti quei protagonisti di dire quello che stanno producendo oggi. Mancano tante cose nel libro, tanti musicisti, tante esperienze, ma il mio lavoro di “memoria” continua, ci sono dei progetti editoriali importanti alle porte ma per scaramanzia non voglio anticipare niente.

Cosa sogna Casini oggi, nel 2021, per la sua città?

Sogno una grande mostra  sui 40 anni di musica in questa città. Sogno un grande archivio sulle avventure culturali a Firenze di questo quattro decenni. Sogno che qualcuno cominci  a pensare a un bel libro sugli anni Novanta. Sogno di rivedere su un palco Diaframma, Litfiba e Neon insieme. Sogno che si possa mettere in piede una nuovo progetto dell’Independent Music Meeting con musica, libri e moda. Sogno che passi al più presto questo periodo oscurantista e che si possa finalmente tornare ai concerti dal vivo e ad abbracciarci.

Articolo di Elisa Giobbi

© Riproduzione vietata

Iscriviti alla newsletter

Condividi il post!