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Deniz Tek intervista

Tour italiano per l’artista in occasione del suo nuovo album “Long Before Day”

Deniz Tek, mente e chitarra dei Radio Birdman, band australiana che dal ’74 al ’78 ha lasciato un segno indelebile nella storia della musica rock, è tornato in Italia per sei concerti, in supporto alla promozione del suo nuovo bellissimo album “Long Before Day”, uscito su vinile 7 novembre 2022 per l’italiana Wild Honey Records, etichetta con un catalogo particolare e di alta qualità (la nostra recensione). Lo abbiamo incontrato nella tappa toscana a Bottega26, il mitico locale della musica underground nel senese, prima del concerto, dove virnr accompagnato alla batteria da Keith Streng, ovvero chitarra e voce di The Fleshtones, alla seconda chitarra dalla moglie Anne Tek, e al basso da Bob Brown Basso, ovvero gli stessi musicisti che hanno inciso il disco.

Deniz, suoni ancora con passione e vigore dopo tutti questi anni, dopo la pandemia e dopo tutti i cambiamenti che ha subito l’industria discografica nell’ultimo periodo. Qual è la tua fonte di ispirazione?

Anche nei primi anni ’70 l’industria discografica non era messa molto bene. Era dominata dalla musica commerciale, ma questo non è mai stato un motivo per smettere di suonare. Non sono particolarmente legato all’industria, preferisco fare ciò che faccio in modo indipendente. Non mi lascio controllare dalle circostanze esterne. Mi piace fare quello che faccio e mi piace divertirmi quando suono. Mi fa stare bene. È questo ciò che conta.

Pensi che oggi il Punk Rock sia lo stesso di com’era negli anni ’70?

Penso che il Punk Rock sia finito nel 1978. Non c’è più il Punk Rock. In realtà, ha avuto una durata molto breve. È stato più una moda che un genere musicale vero e proprio. Voglio dire, ci sono cose che vengono definite punk, alcuni dicono che i Ramones sono punk. Ma i Ramones non sono punk, sono più una pop band. Anche i Clash sono stati erroneamente definiti punk. Non ci sono molte band che possiamo definire realmente punk. Penso che i Sex Pistols siano stati il vero Punk. Comunque, suonavamo prima del Punk e continueremo a suonare dopo il Punk.

Anche le scene musicali erano molto diverse tra loro: la scena inglese era diversa da quella australiana, per esempio. Così come quella australiana era diversa da quella americana. Molte cose sono state definite come punk ma la realtà era diversa.

Sì. La scena americana era più incentrata sulla musica, mentre quella inglese sulla moda, sulle tendenze. Prendiamo come esempio i Ramones: a guardarli non assomigliano ai punk, mentre in Inghilterra tutti sembravano punk dall’aspetto.

Non ti piacciono i Ramones? (sgomento di Francesca)

Adoro i Ramones, penso siano fantastici! Dico solo che secondo me non rientrano nel Punk. Però sì, sono meravigliosi. La prima volta che abbiamo ascoltato i Ramones abbiamo pensato Grazie a Dio c’è di nuovo una band che suona musica vera!

Quale musicista o band ti ha ispirato maggiormente?

I Beatles. Nel 1963 ho visto i Beatles in televisione, quel momento ha cambiato tutto. Ovviamente ci sono molte altre band che mi hanno ispirato, ma loro sono stati davvero i primi e i più intensi. Io e i miei amici avevamo circa 11 o 12 anni, e quando li abbiamo visti abbiamo pensato: dobbiamo iniziare a suonare la chitarra o la batteria.

Pensi ci sia ancora della buona musica in giro? Cosa pensi del nuovo business della musica digitale?

Penso sia molto difficile iniziare a suonare oggi. Il problema è anche la presenza tutta questa intelligenza artificiale capace crea musica in modo autonomo. È difficile capire come essere originali. I nuovi musicisti sanno come riciclare le idee del passato in nuovi modi, ma non c’è della vera e propria originalità. Questi programmi sono fatti per creare ciò che le persone hanno già sentito, proprio perché le persone tendono a comprare quello che hanno già ascoltato. È un po’ come il McDonald’s della musica. Non c’è niente di rivoluzionario, niente di nuovo. Per questo penso siano tempi difficili. Oltretutto, oggigiorno i ragazzi hanno molti più input sensoriali. Hanno i loro videogames, i loro telefoni… Hanno tutte queste altre cose. Invece, quando io ero giovane, la musica era la cosa primaria. Era ciò di più grande che avevamo. Adesso, la musica è più un breve momento nelle vite delle persone, non è più così importante. Sono dei tempi difficili per la musica, in generale.

Registrare su nastro, come fate voi, è tutt’altra cosa rispetto alla musica digitale.

Quando registri su nastro, le possibilità di editing sono limitate. Non puoi fare infiniti copia-e-incolla, così come non puoi fare molte altre cose. Tutto è molto più spontaneo e immediato. Devi essere pronto, devi cogliere il momento. Sicuramente questo formato rende tutto più spontaneo e organico.

Hai un matrimonio molto “musicale” (la moglie è chitarrista e lo accompagna anche in tour), com’è un vostro tipico giorno quando componete musica?

Di solito sono io a buttare giù l’idea di partenza, e dopo chiedo a mia moglie di aiutarmi a completarla. Non per questo però sono il suo capo, siamo sullo stesso livello. Sai, entrambi abbiamo avuto matrimoni passati, e tutti e due abbiamo fatto molti errori, ma abbiamo imparato da tutto questo e adesso siamo felicemente sposati. Non commettiamo più quegli stupidi errori. La cosa più importante, in un matrimonio così come in una coppia, è trattarsi con il giusto rispetto.

Durante la pandemia molti artisti si sono ritrovati a scrivere chiusi in casa per il lockdown. È stato così anche per te? Quanto ti ha influenzato questa cosa?

Non potevamo fare tour quindi avevamo molto più tempo per scrivere. Penso che questo, l’aver avuto più tempo a disposizione, mi abbia permesso di scrivere un album migliore, questo “Long Before Day”. Mi sono potuto prendere tutto il tempo di cui avevo bisogno per lavorare sulle canzoni. La reclusione è diventata un momento creativo.

Hai registrato l’album a casa tua, nel tuo home studio?

No, abbiamo registrato a casa del mio bassista, Bob Brown. Ha uno studio di registrazione nel seminterrato di casa sua. Per sua fortuna però non viviamo nella stessa zona, sennò sarei sempre lì. (ride)

Fate questo tour per promuovere l’ultimo album uscito: pensate di suonare molte canzoni del nuovo album?

Suoneremo solo tre canzoni del nuovo album. Abbiamo un catalogo molto vasto da cui pescare, ed è stato molto difficile scegliere solo una o due canzoni di ogni album. Penso che quando le persone vadano ad ascoltare una band, vogliano sentire non solo cose nuove ma anche quelle passate. Per questo abbiamo scelto di fare così!

Articolo e foto di Francesca Cecconi

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