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Fabryka intervista

La band pugliese torna con un Electro Pop dal sapore dichiaratamente anni Ottanta

Fabryka

Cristalline e immediate, le dieci tracce dell’ultimo album dei Fabryka ci trasportano in una dimensione altra, eterea, da sogno. “Perspectives” sancisce il ritorno della band pugliese, a sei anni di distanza dall’ultimo lavoro in studio, con un Electro Pop dal sapore dichiaratamente anni Ottanta. L’album nasce in questi anni di pandemia ed è quasi completamente composto e arrangiato a distanza: ogni componente della band ha portato le sue influenze incastrandosi perfettamente nelle geometrie della forma canzone.

Sonorità intriganti, atmosfere delicate e grande energia dal vivo sono le caratteristiche che hanno portato i Fabryka (Tiziana Felle, Raffaele Stellacci, Alessandro Semisa, Agostino Scaranello, Onny Allegretti) su prestigiosi palchi internazionali, come quello del Primo Maggio a Roma, lo Sziget Festival, il Reeperbahn ad Amburgo, fino al SXSW di Austin, il Primavera Sound di Barcellona, lo Strawberry Festival di Pechino e Shanghai.

Ripercorriamo un po’ di tappe. I Fabryka hanno cambiato più volte pelle. Il percorso era iniziato nel 2008 con “Istantanea” a cui era seguito “Echo” nel 2013: che cosa cambia adesso con “Perspectives” rispetto a ciò che avete fatto in precedenza? Quali elementi del passato sono presenti in questo disco e quali sono, invece, le novità?

Tiziana: Il percorso a dire la verità è iniziato prima del 2008, con il nostro primo ep Testing Toys. Ricordo che io e Stefano Milella decidemmo di inserire anche una versione di “A cure” dei Blonde Redhead completamente diversa, sia da un punto di vista stilistico che di arrangiamento. Al tempo il progetto guardava molto all’elettronica tedesca e ad un certo trip hop. Nel corso degli anni il gruppo ha preso una forma completamente nuova con Raffaele Stellacci ai synth, Alessandro Semisa alle chitarre e Agostino Scaranello al basso. L’arrivo di Onny Allegretti alla batteria l’anno scorso ha portato un equilibrio che non avevamo da tanto tempo.

Raffaele: “Perspectives” è un disco molto diverso da tutto quello che abbiamo fatto finora, forse anche più equlibrato. C’è tutto quello che siamo stati, i richiami all’elettronica di “Istantanea”, il calore e lo slancio pop di “Echo”, ma è tutto guardato attraverso una lente nuova, appunto una nuova prospettiva. Sicuramente la novità rispetto al passato sono le atmosfere, che virano in maniera molto più evidente verso gli anni ’80, il Dream Pop, la Synth Wave. Sembra un bel cambiamento per noi, ma in realtà se lo leggi attraverso Sparkles, il nostro precedente EP, i semi erano già stati piantati, dovevano solo germogliare.

Il richiamo agli anni Ottanta è in effetti evidente, lo stesso video di “How to Start” è stato realizzato con spezzoni di trasmissioni televisive dell’epoca, come Discoring, e le sonorità e il sapore dreamy di tutto il disco si rifanno dichiaratamente a quegli anni. Cosa significa questo tuffo nel passato? Una sorta di rifugio, di fuga dal presente o, al contrario, un modo diverso di guardare avanti?

Tiziana: Entrambe le cose. La musica è anche rifugio: quando ascolti un certo tipo di suoni e di canzoni ti estranei, non pensi più a cosa dovresti fare in quel momento, ai tuoi problemi, voli, ti diverti, ti commuovi o viaggi con la mente verso altri mondi. Il video di “How to start” ha sicuramente degli elementi di nostalgia per il passato, ma è anche un modo per comunicare un nuovo inizio fatto di sorrisi, balli, lustrini, abbracci e calore.

Raffaele: Siamo tutti cresciuti in quegli anni, tutti guardavamo Discoring, i club che si vedono nel video sono proprio il genere di posti in cui volevamo andare a ballare da adolescenti. Le sottoculture degli anni ’80, il Punk, il Dark, la New Wave, il Synth Pop, fanno parte del nostro background, quindi sì, è stato sicuramente un tuffo nel passato, tornare in una sorta di comfort zone, ritrovare le nostre radici. Ma anche un modo nuovo di guardare al futuro: non a caso gli anni ’80 sono stati gli anni in cui forse per la prima volta la musica italiana si è confrontata davvero con quello che si muoveva sulla scena internazionale.

Di voi non si può dire che siate una classica band italiana: il vostro stile ha un respiro molto internazionale, e quest’ultimo album è addirittura cantato tutto in inglese. Come siete stati accolti, in Puglia ma più in generale nel nostro Paese? Trovate che sia difficile fare musica elettronica in Italia?

Tiziana: In generale nel nostro paese è difficile riuscire a far emergere qualcosa che vada un po’ fuori rispetto al pop italiano o alle proposte più modaiole del momento. Ma aldilà delle tendenze dominanti, c’è sempre stato (e credo sempre ci sarà) un circuito di luoghi, persone, musicisti in cui continuano a nascere e circolare proposte molto interessanti e valide, che guardano al panorama internazionale e a volte arrivano al successo prima fuori dall’Italia che da noi. Penso ad alcuni nostri amici e conterranei come Valentina Magaletti, o Populous, per citarti solo i casi più eclatanti. Forse a certi livelli della discografia italiana manca ancora un po’ di di lungimiranza, o almeno di coraggio, da parte delle case discografiche e degli operatori che lavorano in questo settore; dovrebbero preoccuparsi non solo di fare soldi ma anche, se pur in una parte minore, di fare “cultura”.

I Fabryka sono sempre stati accolti bene e questo ci rende felici, anche se è pur vero che le più grandi soddisfazioni le abbiamo trovate all’estero. Certo l’augurio che ci facciamo è quello di suonare e poter far ascoltare sempre più la nostra musica.

La genesi dell’album è avvenuta durante la pandemia, immagino che sia stato complicato e travagliato come processo. In che modo questo ha influito – se ha influito – sul risultato finale?

Tiziana: Non direi complicato, piuttosto sorprendente! Quasi tutto è stato composto e arrangiato durante la pandemia e a distanza. Proprio questo immobilismo, tutta la tristezza e paura che stavamo vivendo ha portato a galla tante idee, la voglia di scrivere e di confrontarsi, di parlarsi, di riflettere su quello che stavamo vivendo, e perché no, anche di discutere sulle nostre scelte musicali. Voglia di gridare, piangere e ridere allo stesso tempo. Tutto questo, il confronto fra molteplicità, sguardi diversi che si uniscono in un’unica forma, ha dato vita a “Perspectives”.

Raffaele: Siamo sempre stati abituati a comporre tutti insieme, limando ognuno le proprie parti fino a trovare l’incastro con gli altri. Con “Perspectives” abbiamo dovuto cambiare metodo, più che per incastri abbiamo lavorato su livelli, e questa cosa secondo me nel disco si sente: la voce di ognuno di noi è più presente, più distinguibile.

A parte le atmosfere sognanti ed eteree che le accomunano, c’è un filo conduttore che lega tutte e dieci le tracce di questo lavoro?

Tiziana: Non credo che non ci sia un unico filo conduttore. Il disco è molto vario sia se parliamo di songs, di suoni, sia di testi. Rappresenta proprio come dicevamo prima le diverse prospettive, i diversi punti di vista di ognuno di noi e che convergono in un unico lavoro. Senza dubbio le tracce si collegano a un certo gusto musicale dream pop o synth pop, che guarda non solo agli anni ’80 ma anche alle sue accezioni più moderne.

Raffaele: Dentro a questo macro-contenitore però ci siamo divertiti a nascondere un po’ di tutto, dalla post-disco di fine anni ’70 alle musiche da film di fantascienza, John Carpenter, Wendy Carlos, poliritmie africane, incastri progressive.

Per finire, quali sono i vostri riferimenti musicali, italiani e stranieri?

Tiziana: Ne abbiamo tantissimi, direi troppi. I più palesi: Cocteau Twins, Giorgio Moroder, Vangelis, Slow Dive, Kate Bush, M83, Beach House, Sebastien Tellier, Air, Au Revoir Simone, Son Lux…

Raffaele: Mi sa che facciamo prima a farvi una playlist, o magari una cassetta!

Articolo di Ilaria Staino

Fabryka Online:

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