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“Hot Space. Un album Thriller” intervista

Allestita dal collettivo “Mercury The Exhibition”, dal 3 al 5 novembre a Castiglione delle Stiviere

Tre giorni per vivere il mito dei Queen grazie a una collezione unica e particolare, allestita dal collettivo Mercury The Exhibition”. Tutto nasce grazie a tre amici, tutti appassionati dei Queen, e amanti della musica, oltre che musicisti. Alle spalle esperienze musicali importanti, e non solo. Carlo Pinzi, Fabio Alessandria e Patrick Menozzi possiedono questa collezione con rarità, memorabilia e tanto altro. Non solo, sono anche studiosi – rigorosi – del fenomeno Queen.

Ogni mostra è caratterizzata da eventi e conferenze per parlare e spiegare il mistero, la magia e l’unicità di questo gruppo che, nonostante la morte di Freddie Mercury, ha saputo proseguire, far sognare e appassionare. Per tre giorni, nel mantovano, a Castiglione delle Stiviere, vicino al lago di Garda, gran parte di questo materiale sarà in mostra. Ingresso gratuito grazie all’impegno dell’Associazione Te Se De Castiù, gruppo di volontari e volontarie, a trazione femminile, che hanno organizzato questa tre giorni all’interno di una manifestazione più articolata e complessa. Abbiamo parlato di questa nostra con uno dei tre collezionisti, e cioè Carlo Pinzi, che ci ha spiegato questa loro passione.

La mostra sarà aperta il 3 e il 4 novembre dalle 10 alle 22, mentre domenica 5 novembre dalle 10 alle 20. L’esposizione sarà a Corte Cola, via Cola 20, a Castiglione delle Stiviere, in frazione Gozzolina.  Venerdì 3 alle 18.30 ci sarà l’inaugurazione con la conferenza “Hot Space, un album Thriller”. Alle 20.30 Garden Lodge Dinner, e cioè una cena con le pietanze tipiche di casa Mercury. Durante la serata reading “Mercury – Parole e Musica”. Alle 22 “Crazy Hot Party”, live music con ingresso gratuito. Domenica 5 novembre alle 11 “Hot Space a colazione”, conferenza con Fabio Alessandria e Carlo Pinzi, ospite Davide Bollani di Queenheaven.it; alle 16 “Hot Space and cold Beers”, ascolto dell’album con degustazione di birra; alle 16.30 Queen Karaoke con Tania e, alla stessa ora, laboratorio creativo per bambini e bambine dal titolo “Baby Freddie”. Alle 20 chiusura della mostra.

Da dove nasce la vostra passione per i Queen?
Per tutti e tre i componenti del collettivo la passione per i Queen e per Mercury nasce tra il 1989 e il 1990. Diciamo che tutti e tre siamo stati folgorati dall’ultima produzione della band inglese. Personalmente, ricordo distintamente il giorno in cui un mio compagno di scuola mi fece ascoltare la traccia di apertura dell’album “The Miracle”. Avevo già sentito qualcosa dei Queen grazie a mia sorella di nove anni più grande ma quello fu il mio “battesimo”. Un altro ricordo vivo che ho fu l’uscita di “Innuendo” nel 1991, con gli spot in tv con quelle splendide illustrazioni di Granville che si animavano e il voice over che diceva “Innuendo, il nuovo album… dei Queen!!!”.

Come è nata questa collezione?
La nostra raccolta è nata per caso. Nel senso che non abbiamo iniziato ad accumulare pezzi in ottica di creare una collezione. Essendo fan da tanti anni, nel tempo, abbiamo messo da parte materiale di ogni genere, e una decina di anni fa, ci siamo resi conto di poter mettere in piedi una mostra. A quel punto i nostri sforzi di collezionisti si sono indirizzati con logica, cercando di avere una visione più ampia, anche nella scelta dei pezzi da aggiungere.

Come vi organizzate? Ognuno compra i suoi oggetti? Avete in fondo cassa comune? Come scegliete i pezzi?
Abbiamo aree di interesse differenti. Patrick è un amante della discografia, per dire. Di singoli rari, ad esempio. Per me è diverso, sono affascinato dai memorabilia. Oggetti di scena, riviste, autografi. Pezzi che raccontino una storia. Fabio è il più avido di libri. A ogni modo, non abbiamo una cassa comune ma ci confrontiamo, per evitare di avere troppi doppioni. In alcuni casi però non funziona: il desiderio da fan vince su tutto e ognuno si accaparra la propria copia. Per fortuna, stiamo migliorando.

Chi ha avuto, in origine, l’idea di creare questa collezione?
Più che crearla, l’idea è stata di esporla. Perché in precedenza tutto il nostro materiale è sempre stato rinchiuso in armadi. Ogni pezzo veniva accumulato e dimenticato. Nel 2016, anno in cui Mercury avrebbe compiuto 70 anni, abbiamo deciso di togliere la polvere dal nostro patrimonio “queenefilo” e abbiamo allestito la prima rudimentale esposizione.

Attualmente, di quanti pezzi è composta la vostra collezione?
Impossibile dirlo con certezza. Da qualche anno abbiamo un censimento ma non riusciamo mai ad essere in pari con lo stato dei pezzi. Azzarderei qualche migliaia tra dischi, magliette, autografi, poster, giornali e memorabilia di ogni tipo. C’è poi da dire che, oltre ai nostri pezzi, abbiamo qualche altro fan-collaboratore che, in caso di esposizione, può contribuire, nel caso sia necessario.

Quali sono i pezzi dei quali andate fieri? Quali sono quelli più “rari”? (Non per forza i più costosi)
I pezzi di cui andiamo più fieri sono quelli che ci riguardano in prima persona. Possono anche non avere un grande valore economico ma essere importanti da un punto di vista di “storytelling” o perché sono legati ad un episodio inerente alla nostra amicizia, ormai più che trentennale. Potrei citare la scaletta del concerto di Roger Taylor a Schio del 1995, a cui abbiamo assistito. Un vinile autografato da Brian May a Mantova nel 2017. O magari un autografo di Roger sulla cinghia della mia chitarra, rilasciato a Venezia durante la biennale del 1997. Ma anche una monetina “six pence” appartenuta a May e ottenuta sul palco da Patrick, quando per lavoro ha montato i fari proprio per un concerto dei Queen.
Ovviamente, da ultimo, non posso non citare gli ultimi pezzi arrivati. Direttamente dall’asta londinese di Sotheby’s nel contesto dell’evento Freddie Mercury A World On His Own”. I pezzi arrivano direttamente dalla casa di Freddie Mercury che sono stati messi all’asta da Mary Austin, la compagna di una vita. Si tratta di alcune bellissime t-shirt appartenute a Freddie. Pezzi che ancora ci lasciano increduli. Difficilmente potremo fare di più.

La vostra collezione cosa racconta?
La nostra collezione racconta prima di tutto la storia di un’amicizia. Nata tra i banchi di scuola e che ancora oggi è clamorosamente viva e vivace. Un’amicizia il cui collante è sempre stato l’amore per la musica e l’aneddotica. E per il genio mercuriano, che per noi è stato quasi una sorta di guida, in quasi tutte le scelte della nostra vita.

Perché i Queen, oggi, dopo tanto tempo, sono ancora attuali?
Credo che i motivi siano due. Da un lato, il carattere universale delle canzoni. La componente partecipativa nei pezzi dei Queen è sempre stata uno dei segreti del loro successo. Con canzoni complesse ma orecchiabili e produzioni molto stratificate, che hanno permesso loro di resistere al tempo. Dall’altro, credo che un aspetto importante sia stata la portata comunicativa dei video dei concerti. Vedere come Freddie, da solo e senza la tecnologia che oggi gli artisti hanno a disposizione, potesse coinvolgere anche l’ultima fila dello stadio di Wembley credo abbia del miracoloso.

Perché, nonostante la morte di Freddie Mercury, il gruppo vive ancora?
La band Queen non esiste più dal 25 novembre 1991, il giorno della morte di Freddie. Anche John Deacon, il bassista amatissimo dai fan, ha deciso di ritirarsi in quel periodo, pare con la frase “Non ci sono Queen senza Freddie”. Più che altro parlerei quindi del brand Queen. Brian May e Roger Taylor hanno lavorato molto su questo fronte. I Queen erano e sono rimasti un’azienda che vende musica e intrattenimento. Lo stesso Freddie, alla sua morte, ha lasciato carta bianca ai compagni con la frase: Fate ciò che volete con la mia musica. Ma non fatemi annoiare. Le scelte di Brian e Roger, che per un fan di lunga data non sempre sono state condivisibili, hanno sempre avuto un unico scopo: contribuire al successo del marchio Queen e traghettarlo verso nuovi mercati. Funziona in tanti settori, e anche la musica, intesa come prodotto pop, non fa eccezione. Semplicemente la multinazionale Queen è una macchina rodatissima.

Come vi spiegate le continue rinascite?
Ribadisco: i Queen sono un’azienda che funzione bene, con ottimi prodotti da vendere che non vanno mai in saldo. Al pari di Lacoste, Apple o Adidas, per dire.

Da collezionisti, cosa vorreste che venisse pubblicato?
Abbiamo tutti e tre un debole per un concerto del tour di “News of the world” del 1977. Il mitico live in Houston, le cui immagini negli anni sono trapelate, ma mai complete e in qualità dignitosa. Ci piacerebbe molto che il pubblico generalista potesse gustarsi la performance dei Queen in piena conquista del mercato americano, già super famosi ma ancora immersi nel mood anni Settanta.

Cosa sapete che c’è, negli archivi, che andrebbe pubblicato?
Non credo ci sia ancora molto. Però Io e Fabio abbiamo una fissa: negli archivi delle sedute di registrazione dell’album “Barcelona”, il secondo solista di Mercury, appare un demo provvisorio chiamato Africa By Night”. Siamo andati perfino a Londra, ai Metropolis Studios, a parlare con i produttori dei Queen ma non siamo ancora riusciti a capire di cosa si tratti. Quello è il nostro Graal.

Questa mostra, cosa racconta?
La mostra di quest’anno racconta la storia dell’album “Hot Space” del 1982, il più grande disastro commerciale della storia dei Queen. Nella nostra presentazione parleremo di come, senza il più grande disastro commerciale della storia dei Queen, non sarebbe mai esistito il più grande successo della storia della musica pop, l’album Thriller di Michael Jackson!

Articolo di Luca Cremonesi

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