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Mariano Freschi / La casa del Rock intervista

Il cappello di Tom Petty, un anello di Jimi Hendrix, il basso di Sting, la chitarra di Steve Vai. l’ampli di Jimmy Page o di Keith Richards …

Una notte Rock da sogno foto_RobertoFontana2022

Mariano Freschi, collezionista, anzi, “raccoglitore” come preferisce specificare, ospita a casa sua, e non solo, oltre 45mila pezzi collezionati in 40 anni di passione sconfinata per la musica Rock. Il flipper di Elton John, il cappello di Tom Petty o un anello di Jimi Hendrix, il basso di Sting, la chitarra di Steve Vai o l’amplificatore di Jimmy Page o di Keith Richards in cui provare a infilare il jack. E poi la batteria dei King Crimson, l’armonica usata da Roger Daltrey, l’impianto utilizzato dai Free di Paul Rodgers al Festival dell’Isola di Wight del 1970 ma anche decine di migliaia di fotografie, poster, libri e riviste.

Tutti questi oggetti costituiscono le fondamenta di un sogno che Mariano Freschi coltiva da tempo: creare una vera e propria “Casa del Rock”. Sentiamo dalla sua voce a che punto siamo.

La Casa del Rock. Parlami del tuo progetto-sogno e dimmi che piani hai.

Se parliamo di Casa del Rock è come dire… casa mia, perché ospita il 30-40% della collezione mentre il resto è in due magazzini in altre province perché sono oggetti troppo ingombranti. Ho 200 metri quadrati di spazio, posso ricevere persone che conosco, ma oggi non è un posto pubblico a cui tutti possono accedere.

L’obiettivo della nostra associazione “Made in Rock” è uno solo: trovare una location adatta, importante, in una città del Nord Italia: Piacenza, Milano, si chiamerà credo House of Rock, e avrà questa collezione “from stage”; non li chiamo memorabilia perché sono oggetti veri, che sono stati sul palco con le band; “memorabilia” potrebbe essere anche una chitarra, un accessorio; ci sono anche quelli, però “from stage” sono oggetti, dagli amplificatori ai flight case, agli organi, che sono stati utilizzati dalle band sui palchi.

Ma un semplice spazio… sarebbe un museo, e un museo per me è una cosa morta. Quindi la collezione servirebbe come polo d’attrazione, ma io immagino un luogo in cui si organizzano continuamente eventi che possono essere presentazioni di libri sulla musica Rock, di nuovi dischi da parte di artisti che suonano il Rock, oppure vecchi leoni che sono in tour e che vengono a parlare della loro vita on the road, e anche al limite una “clinic”, ma non concerti, perché io vorrei trovare una location in città, dove potrebbe disturbare.

Stasera che cosa provi a vedere i tuoi strumenti prendere vita e non essere solo cimeli storici?

Sapevo già cosa avrei provato; io sono un collezionista atipico, sono un raccoglitore; io ho raccolto tutto quello che mi passava per le mani che veniva dai palchi; quindi ho tante cose di un gruppo, magari di un altro non ho nulla; però mi sono sempre domandato, quando scendevo nella mia “caverna” e vedevo queste cose, “ma… che scopo ha tutto questo per me, oggetti che non suonano, non sono in giro”; mi sarebbe subito piaciuto vederli utilizzati da musicisti, perché devono avere vita, sono tutti oggetti che devono servire soprattutto a fare riscoprire ai giovani questo tipo di musica. Anche gli amplificatori sono valvolari, quindi basta trattarli bene e hanno vita lunga, sono arrivati fino adesso e andranno avanti ancora tanti anni però c’è un problema… Oggi purtroppo i media propongono tutt’altro genere che non spinge i giovani ad imparare a studiare uno strumento.

Noi abbiamo, con altri amici, altre due associazioni che si occupano di vintage esclusivamente: far conoscere gli strumenti vintage ai giovani delle nuove generazioni. È ancora una nicchia, però ci sono molti giovani che sono interessati intanto a imparare uno strumento, questo è importante: quindi meno telefonino e più chitarra e batteria, più tempo sullo strumento. Anche le scuole devono spingere a questo, e poi… mi spiace fare paragoni, ma voglio solo dire: ascoltate la “nostra” musica, poi sceglierete quale seguire. Purtroppo, i media non la spingono più, non è più un business spingere questa musica.

Il fatto del collezionare, anche con questa nuova mania molto speculativa, della collezione digitale, degli NFT, eccetera… secondo te il fatto di ritornare all’oggetto potrebbe essere una chiave per aumentare la passione nei giovani per l’oggetto analogico e quindi poi per la musica suonata rispetto alla musica prodotta digitalmente?

Non me l’ero preparata questa risposta, ma mi viene in mente un parallelismo: CD e vinile. Il vinile è tornato di moda anche tra i giovani proprio perché obiettivamente suona in modo differente e l’oggetto dà soddisfazione. Quando vendiamo un Marshall vecchio, ora vanno per lo più negli studi di registrazione perché hanno raggiunto dei prezzi per cui è difficile portarli in giro sui palchi, ma vedo che li utilizzano musicisti di 40, 50 anni e più, ma anche ragazzi di 25, 30 anni che comunque sono già ottimi musicisti e vogliono questo suono, il suono vero, delle valvole, con questi amplificatori che buttati “a manetta” in uno studio hanno un suono che non è replicabile; ci si può avvicinare, ma non è replicabile. Io stesso ho anche degli organi, ho un Hammond B3 della Paul Young band e… il suono dell’Hammond sul palco non puoi replicarlo, la fisicità, quella percussione…

Questa batteria che vedi sul palco stasera è di Carmine Appice, quando suonava con Rod Stewart a fine anni 70; l’ha provata un ragazzo di 25 anni che è un mostro a suonare la batteria e mi dice “Mariano, io ho una bellissima batteria, ma non suona così…”

È la forza del vintage, i materiali che si assestano, il legno…

Io, infatti, suggerisco a chi ha un budget limitato che non consente di prendere una bella chitarra e un bell’amplificatore… si ottiene un risultato migliore, prendetemi con le dovute precauzioni, con una chitarra e un buon ampli, che con una buona chitarra e un ampli mediocre.

Dai un messaggio alle generazioni degli adolescenti di adesso, cosa vogliamo da loro?

Io ti dico quello che ti ho detto all’inizio: le radio, purtroppo anche quelle che propongono il Rock, tendono sempre a farti ascoltare per non sbagliare i Led Zeppelin di Stairway to Heaven, i Deep Purple di Smoke on The Water, ma abbiamo migliaia di gruppi… io vi do un compito: ascoltate “House of the King” dei Focus e ascoltate se volete un Rock pesante “Rock and Roll Soul” dei Grand Funk Railroad. Sono due generi completamente differenti però ci dà l’idea di gruppi che non vengono riproposti. Chi è che oggi ripropone i Roxy Music? Il nostro obiettivo è costruire House of Rock perché i giovani abbiano da una parte (cito un nome) Fabri Fibra, dall’altra i Roxy Music e possano scegliere.

O capire che una cosa viene dall’altra.

Anche il Rock stesso è un cocktail fatto di ingredienti già esistenti; l’importante è fare il proprio cocktail con gli ingredienti giusti.

Per i chitarristi, mi dicevi, hai una chicca dalla bocca di Jim Marshall in persona…

Sì, ti dirò una cosa che mi disse Jim Marshall, che ho incontrato tante volte alle fiere: per lui (e per me) il suono era uno solo: i fenderiani mi insulteranno, ma il suono è la Gibson Les Paul Custom con un Super Bass della Marshall. Esattamente quello che utilizzava Gary Moore; io ho sentito le sue aste, ho comprato un suo ampli e due casse. Utilizzava il Super Bass 71 e 72 e addirittura le testate più recenti che la Marshall gli ha consegnato erano testate Super Lead a cui ha voluto far fare la modifica perché suonassero come il Super Bass.

Allora in bocca al lupo e l’invito a finanziatori e istituzioni è… aiutiamo la House of Rock a nascere!

Articolo di Nicola Rovetta, foto di Roberto Fontana

Associazione Made in Rock: https://madeinrock.it/
Per informazioni o visitare la collezione: info@madeinrock.it

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