Overdrive è una realtà che racchiude una storia fatta di sogni, di impegno e di amore verso la musica. Parte dalla Calabria dove due ragazzi decidono di diventare protagonisti all’interno del panorama indipendente creando da zero un’etichetta per promuovere inizialmente artisti locali. Trasferiti a Milano, la label si strutturerà sempre di più fino a concretizzare l’apertura di un negozio di dischi di musica alternative. Questa e la storia di Fabio Lupica e Cristian Urzino i fondatori di Overdrive. Abbiamo raggiunto Cristian al telefono per conoscere un po’ più loro e il loro lavoro.
Per iniziare la nostra chiacchierata parto sempre dalla storia dell’etichetta: come è nata Overdrive?Overdrive è nata nel 2009 in Calabria come organizzazione di concerti. All’epoca vivevamo tutti ancora in Calabria e avevamo voglia di vedere concerti del circuito indipendente che nel territorio calabrese faticavano ad arrivare, a un certo punto, complice il panorama abbastanza florido delle band calabresi, decidiamo di trasformare l’organizzazione in etichetta per supportare le band e le attività che nascevano nel territorio. Successivamente mi sono trasferito a Milano e si è evoluto tutto abbastanza velocemente fino a quando da attività amatoriale siamo diventati una vera e propria etichetta iscritta alla Camera di commercio. Nel 2016 si è consolidata la forma sociale e siamo tuttora in ballo con la produzione di musica indipendente.
Possiamo dire che è la storia di come dei ragazzi dal sud al nord sono riusciti a realizzare il loro sogno?Assolutamente! L’obiettivo unico, carburante di tutte le attività di Overdrive, è sempre stato quello di riuscire a vivere della propria passione, in questo caso ovviamente si parla di musica e di dischi. Abbiamo sempre inseguito quella che per noi era una chimera: eravamo dei ragazzi in stallo all’Università della Calabria a Cosenza, completamente ignari di che cosa avrebbero fatto da grandi. Ci siamo rimboccati le maniche e lo abbiamo fatto, anche sbagliando molte cose, capendo come funzionava il mercato discografico, abbiamo poco per volta perfezionato tutto quello che facevamo. Però sì, penso che si possa dire che è una bella storia, mi auguro sia bella, per noi lo è sicuramente.
Parli al plurale, perché non sei da solo in questa avventura.No, assolutamente. Con me c’è il buon Fabio Lupica, socio e amico da sempre. Da sempre insieme all’università, abbiamo suonato per tanti anni e lavoriamo da sempre insieme, con Overdrive, è una storia che ci tiene per mano entrambi.
Il nome Overdrive da cosa nasce?
Con Fabio ricordo stavamo facendo quello che oggi si chiamerebbe brainstorming su come chiamare questa “entità”. Fabio ha detto chiamiamola come il più blasonato dei pedali, degli effetti per chitarra o basso che tutti noi abbiamo: Overdrive. Ci sembrava suonasse bene e quindi da allora è rimasto Overdrive.
Ho visto il vostro catalogo dove avete un’ampia scelta di vinili, ma anche di musicassette, perché sta tornando di nuovo la voglia di cassette. Come vi è venuto in mente di dire “facciamo anche noi questa cosa? Facciamo le musicassette?”
Sì, l’avventura con le musicassette nasce nel 2014. Da etichetta indipendente, spulciavamo tutto quello che veniva pubblicato da altri e ci siamo resi conto che effettivamente c’era un sottobosco di etichette ancora più piccole, magari settoriali per suono, per scelte di natura stilistica, che produceva i propri supporti, cioè la propria musica solo e esclusivamente in musicassette. Con Fabio abbiamo studiato la fattibilità di questa cosa, sia come produttori per la nostra musica che per terzi, tant’è che nel 2014 nasce Tape It Easy, che è un marchio di Overdrive ed è a tutti gli effetti una fabbrica di musicassette per noi e per terzi.
Voi che rapporto avete con lo streaming, quindi con le piattaforme?
Questa è una bellissima domanda e ci vorrebbe un’enciclopedia per rispondere. La riassumo in pochi concetti. Che rapporto abbiamo noi e cosa ne pensiamo? Oggi come oggi è un buon sistema per far ascoltare la musica, ma noi non crediamo che lo streaming sia una risorsa. Essendo ad appannaggio di tutti, qualunque persona domani mattina può registrare qualsiasi cosa e renderla disponibile online. Questo crea una sovrapproduzione esagerata. Per cui, quando si dice: adesso grazie a Internet puoi emergere, puoi spiccare, oppure puoi sfondare: non è così, forse proprio perché tutti possono fare questa cosa, oggi non basta essere bravo online. Puoi divulgare la tua musica, ma per spiccare non puoi essere bravo, devi essere incredibile: per scrittura, per composizione, per approccio, per standing sul palco, per ciò che racconti. Devi essere incredibile, non basta essere bravi. A livello di utilità economica non serve assolutamente niente. Se pensi che con mille streaming, più o meno, porti a casa 3,50 euro, vendendo un solo disco guadagni 7-8 volte tanto.
Un altro aspetto che mi incuriosisce invece è, se c’è, il processo di selezione, come reclutate le band?Questa è un’altra bellissima domanda e grazie per avermela fatta. Noi tendiamo ad ascoltare tutto quello che ci viene proposto. Seppur con i dovuti tempi, cerchiamo di rispondere a tutti e ascoltiamo qualsiasi demo che arriva via mail o in un post. La percentuale però di conversione, cioè di quante band effettivamente vengono selezionate grazie a questo sistema è zero, ma non per cattiveria, perché buona parte di quello che arriva sono spesso prime opere. Io li chiamo: “l’ennesimo primo disco”. Noi tendiamo a selezionare progetti che abbiano già tracciato un buon percorso, che si siano fatti riconoscere e soprattutto che abbiano dimostrato di credere nel loro lavoro. Tante volte capitano band fantastiche che però si sciolgono dopo poco. Banalmente pensare di firmare un contratto con un’etichetta in tanti crea l’aspettativa di chissà cosa, invece quando si firma con un’etichetta il lavoro non è finito, inizia appena. Per cui la selezione che facciamo è diretta. Spesso siamo noi a proporre dei deal alle band, perché cerchiamo di alzare sempre di più il calibro degli artisti che produciamo. Overdrive è il nostro lavoro, non è un’attività del weekend, non è un’attività hobbystica. Per cui, proprio perché è il nostro lavoro, dobbiamo pretendere tantissimo in termini di impegno personale. Cerchiamo, quindi, persone che abbiano un’idea molto chiara di ciò che bisogna fare. Motivo per cui nel tempo abbiamo ridotto tantissimo le nuove firme anno per anno.
Trovi ci sia differenza di mentalità fra gli artisti italiani e gli artisti stranieri che si propongono a voi?
Eh sì. So che mi attirerò probabilmente le antipatie però sì. Ci dimentichiamo sempre un dato importante ovvero che facciamo parte di una grossa industria che si chiama industria dell’intrattenimento e per quanto possa essere intrattenimento, dove converge arte e creatività, è pur sempre industria. Questa per macinare, per lavorare bene e dare da mangiare a tutti deve essere alimentata da persone che sanno effettivamente come funziona l’industria. In questo gli americani e gli inglesi sono maestri. Per cui quando ti approcci con una band, non tutte, non voglio generalizzare, spesso la percentuale di preparazione è molto più alta in artisti statunitensi o inglesi, piuttosto che negli artisti italiani. Forse perché c’è stato un grosso vuoto divulgativo in Italia. Non esiste una scuola di formazione che ti dice effettivamente come ragiona l’industria della discografia, indipendentemente dai generi. Invece in Inghilterra, negli Stati Uniti, questa preparazione c’è. Anche band rock molto estreme vivono di musica, suonano tanto, vendono i dischi, si impegnano a 360 gradi in quello che è il loro progetto. Anche banalmente nell’outfit sul palco, che per molti sembra una stupidaggine, ma in realtà non lo è. Quindi sì, noto una differenza.
Avete aperto un negozio da poco a Milano, ce ne parli?
Il negozio si chiama Dissonanze ed è in zona Porta Romana a Milano. Per noi è il primo avamposto dove poter ritrovare il contatto con le persone che amano consumare musica, amano ricercare e condividere le proprie esperienze musicali. Era, per noi, una necessità e, partecipando agli eventi con lo stand dell’etichetta, ci siamo resi conto che da parte del pubblico c’è tanta voglia di scoprire così come tanta voglia di agire. C’è stata voglia di aggirare l’algoritmo e di toccare con mano quello che si può portare a casa ed effettivamente i riscontri ci sono perché la gente in negozio, seppur aperto da poco, viene, siamo diventati immediatamente riconoscibili per generi trattati e quindi sì, siamo felicissimi di questa cosa perché per noi è proprio una connessione diretta con il pubblico.
Voi che generi trattate principalmente?
In negozio c’è un po’ di tutto. Il focus però è l’Alternative Rock, quindi si passa al Post Punk, Post Rock, il Noise, la sperimentazione. Da noi si possono trovare tante label indipendenti strutturate, mostri sacri degli anni ‘90.
In una sola parola, tu come definiresti Overdrive?
La definirei dissonante.
Articolo di Silvia Ravenda
Sito web: https://www.over-drive.it/