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The Elephant Man intervista

Conosciamo da vicino un progetto musicale oscuro, bellissimo e misterioso

Uscito in Italia il 19 maggio scorso per Vrec Music Label, “Sinners” è il primo lavoro di una band di sicuro fuori dai soliti schemi. Parliamo degli Elephant Man: un progetto che vede coinvolti dei musicisti di grande esperienze e altrettanto talento. Rompendo immediatamente gli indugi lasciamo che siano proprio loro a introdurci nel loro mondo; parliamo con Max Zanotti, che molti già conosceranno per essere stato voce leader e fondatore dei Deasonika, dei Casablanca e di tantissimi altri progetti artistici sia in veste di autore, di interprete e di produttore.

Max fai gli onori di casa The Elephant Man? Ci presenti il resto della band?

The Elephant Man sono Maximilian alla voce, Tmy alla chitarra, Ivan al basso e Halle alla batteria

Ascoltando “Sinners” (la nostra recensione) anche un ascoltatore distratto si accorge di due cose su tutte: il nero con cui è disegnato questo quadro e la qualità. Qualità di suono e di scrittura. Da dove nasce questa qualità? E da dove nasce questo nero?

Grazie per le belle parole. La qualità credo che sia figlia di un modo di lavorare e concepire musica che ha radici lontane. Avendo tanti anni di musica alle spalle abbiamo solo fatto quello che si faceva prima: scrivere, approfondire un suono, essere testardi e non accontentarsi delle prime stesure e soluzioni trovate,  essere curiosi e soprattutto avere il tempo di sperimentare … cose che oggi sono impossibili da fare perché non te ne danno il tempo. Tutto qui. Il nero è un mood che ci appartiene sia dagli ascolti sia dalle tematiche che i giorni di oggi ti offrono,se stai attento a quello ti circonda è semplice trovare cose da dire. Il sound della band è poi figlia del background musicale di noi quattro.

I brani sono molto vari ma cuciti sapientemente da un solido fil rouge, o “fil noir” nel vostro caso. “Sinners” può essere definito un concept album? Parlaci delle tematiche affrontate nei testi.

L’incontro con l’autrice Leah Janeczko è stata una svolta per la stesura dei testi. Ha scritto  in versi le tematiche che volevamo affrontare. Paure, fobie, segreti legati a una sorta di bipolarismo che alberga in tutti noi, una sorta di viaggio interiore che poi si manifesta in modo violento e subdolo. La delicatezza e la bellezza di anime che si sporcano con la crudeltà e la bruttezza dell’ esteriore. The Elephant Man è poi questo. Quindi possiamo parlare di concept perché è tutto legato.

Com’è stato lavorare con due vere e proprie istituzioni a livello mondiale come Steve Lyon e Tom Baker? Collaborare con dei mostri sacri come loro porta anche voi artisti ad alzare il livello?

Molto entusiasmante e allo stesso tempo semplice, qui sta la loro grandezza. Abbiamo voluto confrontarci con l’estero proprio per questo motivo, dopotutto questa musica e questo sound arriva da lì e quindi sapevamo che il loro orecchio è settato su alti profili. Da qui l’impegno della band ha tirato fuori il meglio di noi. È stato un inizio e non un esperimento perché ci siamo sentiti a nostro agio come mai.

Questo disco è nato durante il periodo pandemico. A tuo dire, quella parentesi di stop ha cambiato il mondo della musica o era già in fase di mutamento prima? Oppure non lo reputi cambiato?

Credo che il declino fosse già iniziato, è stato solo accelerato, ovviamente non parlo in senso assoluto ma per il mainstream credo sia stato fatale … ha come paralizzato un settore che di sicuro non era pronto ad accorgersi di essere ai margini delle priorità.

L’immagine di copertina ritrae degli uomini con la testa ficcata nella sabbia. È opera di un artista di vostra conoscenza? Pur essendo molto esplicita e senza bisogno di tante spiegazioni, la dedichi a qualcuno?

Sono i Sinners del disco, ognuno nasconde qualcosa. Da una singola immagine abbiamo sviluppato l’intero quadro, e i brani del disco rappresentano ognuno di loro.

Il 21 luglio sarete live per la prima volta sul palco del Legend Club di Milano in occasione del Festival per i 15 anni della vostra etichetta, la VREC Music Label.

Si , per fortuna anche in Italia il disco è stato recepito come all’estero e il live sarà una sorta di percorso sonoro senza interruzioni. Ringraziamo VREC per la fiducia che ci ha concesso e sarà un bel regalo di compleanno!

Cosa bolle in pentola? C’è qualche indiscrezione per il futuro prossimo?

Sicuramente suonare, soprattutto all’estero, per ora siamo concentrati solo su questo. Vogliamo comunque rimetterci presto a scrivere cose nuove. Dove possiamo arrivare dipende da tante cose, oggi non basta più fare dischi belli, cosa che per noi rimane sempre la priorità. Più gente ci supporta e più avremo energie per spingerci più in là…

Articolo di Bruno Giraldo

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