Alzi la mano chi ha voglia di passare un sabato sera fuori dal comune; un sabato sera trascorso ad ascoltare musicisti virtuosi e fatalmente tecnici, rasentanti la perfezione pressoché pura, tre band che hanno fatto del Death Metal ultra tecnico e progressive il loro marchio di fabbrica. Bene, ancora una volta la serata da non dimenticare ce l’ha offerta casa Hellfire Booking il 23 marzo allo Slaughter Club di Paderno Dugnano, in provincia di Milano. La mite temperatura pomeridiana incoraggia i fan, che iniziano ad arrivare da mezza Italia, a mettersi in coda molto presto, chiacchierando e discutendo sui vinili acquistati, oppure da acquistare, e da far autografare dal beniamino di turno, nonché delle precedenti esperienze live.
In queste condizioni il tempo prima dell’apertura delle porte scorre velocemente, e altrettanto velocemente la sala inizia a riempirsi di persone miste per età, provenienza, quasi tutti indossano magliette e felpe a tema e c’è chi subito va ad accaparrarsi qualche chicca in area merch. Sul palco sono presenti due batterie, una che verrà condivisa dalle prime due band, e una esclusiva per la terza formazione. Spicca una formidabile pedaliera ricca di praticamente tutto, appartenente al bassista degli opener che stanno per entrare in campo, non conosciuti da tutti, ma per tutti rivelatasi una gradita scoperta: in un trionfo di oscurità e fumo che non farà che aumentare man mano che la serata procede, viene proiettato un video futuristico, una sorta di introduzione fantascientifica a quello che andremo ad ascoltare.
Questo è l’ingresso, accolto da applausi che saranno sempre più convinti e fragorosi, degli olandesi Cryptosis, esordiente band progressive thrash metal fondata inizialmente sotto il nome di Distillator nel 2013 dal vocalist e chitarrista Laurens Houvast e dal bassista Frank Te Riet. Marco Prij, di cui sentiamo il rullare potente, ma riusciamo ad intravvedere poco più che le bionde ciocche al vento e le bacchette che vorticano furiosamente, completa la formazione dietro i tamburi.
La band ha preso parte a numerosi tour, aprendo i concerti di nomi storici come gli Anthrax, per citarne uno. Il 1 settembre 2020 annunciano ufficialmente il cambio di nome in Cryptosis, e debuttano col concept album “Bionic Swarm”, uscito il 26 marzo 2021 per Century Media Records, che suggella la rinascita di questo vivace e dinamico trio che decide di dare un taglio al passato e di intraprendere nuovi sentieri, e che viene appunto illustrato dai video proiettati alle loro spalle. Un concept album che parla di una profezia non così lontana dalla situazione attuale, in realtà, dove la tecnologia la fa da padrona sull’ essere umano.
La disposizione del palco è semplice ed efficace, l’asta del microfono del vocalist ha un design futuristico che si potrebbe vedere bene in un film di cyborg, e che si illumina ogni qualvolta Houvast ci scaglia addosso la sua feroce voce thrash. Tra i brani più lenti e progressive che ci presentano si fa notare “Prospect Of Immortality” : inquietante, meditabondo, oscuro, permette alla band di prendere un po’ di fiato prima di tornare a scatenarsi nel loro tipico attacco distruttivo con brani come “Transcendence” e “Conjuring The Egoist”: la pura energia irradiata dal palco manda in delirio un pubblico tra cui in molti non li conoscevano, e ora li applaudono calorosamente. Troviamo la band anche in area merch dopo la loro esibizione, a stringere mani, scambiare sorrisi e raccogliere complimenti di tutti coloro che li hanno apprezzati.
Il cambio set per la seconda band, co-headliner, è piuttosto rapido e vede un siparietto divertente in cui le prime file e noi fotografi nel pit ci troviamo a dare una mano a trasportare dei pannelli, facenti parte della scenografia, sullo stage. Senza tanti preamboli né fronzoli fanno così il loro ingresso i tedeschi Obscura, formazione progressive / technical / death metal nata a Monaco di Baviera nel 2002 composta da abilissimi virtuosi di grande esperienza e ancor più grandi capacità tecniche.
Terremoto di applausi e cuori in alto all’ apparire dell’energico frontman Steffen Kummerer, di grande presenza scenica, qualcuno deve pur dirlo. Cinque gli album all’ attivo di questi artisti micidiali, sogno nel cassetto di tante label e accaparrati nientemeno che da Nuclear Blast. Avvolti, ovviamente, in nuvole di fumo, ma tutto sommato abbastanza illuminati da poter essere visti, Oh sì! abbiamo anche un batterista laggiù nel regno delle ombre! Penso io mentre tutto sembra deciso a mandare in crisi la mia macchina fotografica. Questi artisti hanno dimostrato di essere un’entità potente, coinvolgente e accattivante, sebbene qualcuno li possa trovare magari ripetitivi o un po’ “morbidi” rispetto a quello che ti aspetteresti da una band death metal.
La scaletta è ricca di brani amati dai fan, la musicalità è, come previsto, splendida dall’ inizio alla fine, con varie combinazioni di schemi intricati e cerebrali, molteplici cambi di tempo, ritmi esplosivi incredibili in cui la band si muove con una facilità impressionante, e l’abilità vocale di Kummerer conferisce ai brani un’atmosfera fantascientifica, un paesaggio sonoro che ipnotizza e colpisce corpo e anima.
Chiama il pogo e il crowdsurfing, ma una parte del pubblico ha quasi un atteggiamento britannico, passatemi il termine, che prevede di semplicemente ammirare la genialità tecnica, lasciando che la musica scorresse in tutta la sala e attraverso ogni corpo. Mi sarei aspettata, in effetti, persone atterrare sul palco dopo un surfing selvaggio, cosa che quasi nessuno ha fatto, a parte un fan che abbiamo visto più volte vorticare, letteralmente, sulle teste degli altri e spalmarsi nel pit.
Sotto tutta questa abilità tecnica, pulsa il cuore di un Progressive Death Metal di prima categoria, la brutalità non è mai lontana dalla superficie e spesso trabocca in potenti esplosioni dal ritmo bollente e dalla velocità vertiginosa, insieme al growl mai esagerato del vocalist; in mezzo a un buffet di delizie progressiste, Kummerer e gli Obscura non dimenticano di essere una band death metal nella loro essenza.
Hanno tutta l’aria di divertirsi un mondo sul palco dello Slaughter, il frontman interagisce spesso con i fan, saluta, ci regala quel suo sorriso furbetto che mantiene anche mentre canta, e il pubblico risponde con entusiasmo; tutto ci conferma quella sensazione di una band che funziona perfettamente all’ unisono.
“Forsake”, brano con cui si apre il loro live, presenta melodie epiche volutamente rallentate nell’ intro, mostrando anche un lato prettamente emotivo degli assoli.
Alex Weber, al basso, è un mostro di tecnica e bravura, e ce lo dimostra tutto in “Septuagint”, brano drammatico, dinamico dove il basso gioca il ruolo principale. Insomma piacciono i teutonici Obscura, piacciono molto, ma ora passiamo al pezzo forte della serata, la ciliegina sulla torta, mentre il pubblico è oltremodo aumentato di numero e si accalca in transenna per osservare meglio il lavoro dei roadie.
Il cambio set è ora meticoloso, così come lo stile della storica band che sta per calcare il palco: parliamo dei Cynic, gruppo technical death metal / fusion / progressive metal che vede i suoi natali a Miami, Florida, nel lontano 1987 per iniziativa di Paul Masvidal e del batterista Sean Reinert, amici d’infanzia.
I Cynic prendono il loro nome dai Cinici, seguaci della scuola filosofica di Antistene, che seguivano uno stile di vita randagio e autonomo. Nel booklet di “Focus”, album del 1993, si legge questo: Cynic: un membro di un gruppo di filosofi dell’antica Grecia, i quali insegnavano che la virtù costituisce felicità e che l’autocontrollo è parte essenziale della virtù.
Siamo al cospetto di un pezzo da novanta e l’atmosfera in sala è gravida di trepida, seppur ordinata, attesa. Il palco viene preparato nei minimi particolari, i cavi ordinati secondo colori diversi, la particolare chitarra del frontman controllata e ricontrollata con grande cura. Dopo un tempo che l’attesa dilata ulteriormente, mentre nel pit io ormai mangio pane e nebbia sperando in un raggio di luce, viene proiettato un video in cui si vedono i membri dei Cynic agli esordi, poco più che adolescenti all’ inizio di una lunga e grandissima carriera, mentre i fan festeggiano, applaudono, gridano la loro gioia.
Alla fine di questo viaggio temporale compaiono in carne e ossa gli artisti, ed eccolo emergere come un miraggio colui che per qualcuno è un pezzo di storia, per molti una leggenda vivente, per tutti Paul Masvidal, membro fondatore dei Cynic, accolto come si farebbe con un principe.
Il set è suddiviso in due parti, nella prima viene eseguito l’ intero album “Focus”, il loro primo album in studio pubblicato per Roadrunner Records il 13 settembre 1993, e che nel 2023 è stato celebrato con “Re – Focus” , versione remixata e rimasterizzata, uscito il 9 giugno per il trentesimo anniversario dell’ originale. Col passare degli anni, “Focus” è diventato un album iconico, una delle pietre miliari dell’ intera storia del Metal, e dire che i Cynic erano avanti coi tempi è un eufemismo.
La “pesantezza” mescolata con elementi jazz fusion conferisce a questa opera d’ arte un’atmosfera unica ed evocativa, introspettiva, mentre i brani hanno una complessità e musicalità raramente viste nel Death Metal dell’epoca. La batteria in canzoni come “Sentiment” presenta accenti distinti, ampliando inesorabilmente lo spettro sonoro, mentre gli assoli e il geniale riff portante di Masvidal in “How Coul I”, per esempio, sono figli di un talento e genio creativo disumani: Masvidal è letteralmente rapito dai suoni e dal liquido fluire delle melodie, in un alternarsi spontaneo di riletture progressive del Death Metal, passaggi fusion e fraseggi solistici tipicamente jazz.
“Uroboric Forms”, da sola, si potrebbe tranquillamente definire l’origine di tutto ciò che dal 1993 in poi si è potuto definire Progressive Death Metal, nel significato moderno del termine. I fan sono in estasi e conoscono a memoria ogni nota, ogni passaggio, cosa che non sfugge a Masvidal che comunica utilizzando la lingua spagnola, per cercare di essere compreso più facilmente. A occhi luccicanti , raccoglie applausi e ovazioni infinite, con riconoscenza ed emozione.
La stessa emozione con cui inizia la seconda parte del set, quando ci chiede un attimo di silenzio mentre sul muro viene proiettata l’ immagine del batterista Sean Reinert e del bassista Sean Malone, entrambi scomparsi prematuramente nel 2020, e la band esce nel backstage, in un bellissimo omaggio a questi influenti musicisti (basta ascoltare gli assoli di basso di Malone nell’ album, per capire che già allora c’era da far impallidire qualunque altro virtuoso bassista). Il silenzio sarebbe stato pressoché totale, se non fosse stato per qualcuno che proprio non ha resistito a urlare il proprio entusiasmo, nonostante le proteste del resto dei fan.
Masvidal rientra poi da solo sul palco per dedicare ai suoi vecchi amici la versione acustica di “Integral Birth”, struggente, ricca di significato e ricordi, e osservare questo artista esibirsi davanti a quell’ immagine ha dato una sensazione eterea di ciò che era e ciò che è ora, di come il presente continua inesorabile ad andare avanti. “Integral Birth” è tratta dall’ album “Traced In Air ” del 2008, così come “Adam’s Murmur” e “Evolutionary Sleeper”, brano finale di questo eccezionale viaggio sensoriale di cui sono stata testimone.
I fan sono in delirio, si allungano quanto possono mentre Masvidal scende nel pit e stringe mani, ha una parola per tutti, si presta per foto con le vene ancora gonfie di adrenalina. Uscire dal pit per recarmi all’uscita è un’impresa mentre il resto della sala si accalca in attesa di incontrare questo uomo leggendario, spuntano copie di “Focus” da ogni dove da far autografare, chi non ce l’ha prende d’ assalto il banchetto del merch. Io non ho niente da far autografare, del resto l’autografo più bello me l’hanno lasciato sul cuore, questi titani del Progressive Death Metal, un autografo che non avrà mai timore di sbiadire.
Articolo e foto di Simona Isonni
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