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Des Rocs live Milano

Sa di essere un talento fuori dal comune, e il suo concerto ci fa conoscere di che pasta è fatto

La nostra vita è costellata, nel bene e nel male, in modo più o meno intenso, di emozioni ed esperienze che facilmente lasceranno un segno sulla nostra strada; mi domando, quindi, quanto grande possa essere l’emozione di un giovane artista di grande talento e belle speranze, arrivato all’ ultima data del suo tour e che racchiude un po’ l’essenza stessa di tutti i sentimenti provati nel suo calcare i palchi d’ Europa. L’ artista di cui vi parlo sta per concludere, guarda caso, la sua corsa europea il 29 gennaio al Legend Club di Milano, ma torniamo un attimo indietro. Appena saputo che questo evento di Barley Arts era andato sold out in breve tempo, capisco che avrei dovuto giocare d’ anticipo sul pienone che si sarebbe riversato a frotte nella sala concerti, e anche se il partire presto fa sempre parte del mio modus operandi, specialmente quando so di non avere pit a disposizione, a questo giro parto davvero in anticipo Un po’ troppo in anticipo, mi dico quando arrivata al locale vedo solo qualche uccellino zampettare nel prato. Poco male, ne approfitto per sgranchirmi le gambe e le idee mentre da dentro arrivano forti le voci del sound check.

Il tempo passa, arrivano i primi fan, e poco dopo nasce una coda composta e allegramente rumorosa, anche se tanti arriveranno dopo l’esibizione degli opener: ricordiamo che è un lunedì, molti sono ancora a lavoro, e vuoi per orari, distanza o la combinazione delle due cose non tutti riescono a esserci all’apertura delle porte. Ascolto i racconti entusiasti di chi viene dell’estero per questa data finale, vista quasi come una grande festa di arrivederci; c’è anche chi invece è stato alle date estere e spoilera un po’ su quello a cui stiamo per assistere, sollevando esclamazioni e facendo nascere pronostici, tra i fan, su quali canzoni sperano di sentire. Sorrido da un orecchio all’ altro quando varco la soglia del Legend per la prima volta del nuovo anno, mi posiziono alla mia familiare transenna, ben consapevole che da quella mattonella sul pavimento mi sarei spostata solo a fine live, pena la perdita di qualunque tipo di visuale, che già così è abbastanza particolare.

Christopher Shayne

Il palco è attrezzato in maniera semplice, ci sono le aste dei microfoni per gli opener e la batteria, alcune luci aggiuntive, ma quello che salta all’ occhio è la quantità di chitarre e bassi di ogni foggia e colore, dislocati su tutta la superficie. Manca un’ora all’inizio, la sala inizia a riempirsi di persone, risate e vociare; la mia vicina di transenna mi osserva un pochino, e mi poi mi dice che stasera avrò da divertirmi.  Vedrai che spettacolo, avrai il tuo bel da fare a stargli dietro, e dopo questa profezia e una strizzata d’ occhio finalmente, dopo tanta attesa, arriva sul palco Christopher Shayne con la sua Shayne Gang al seguito, col piglio di chi non ha paura nemmeno del diavolo.

Christopher Shayne

Americani, con un album in studio e numerosi singoli ed ep all’ attivo, sono per lo più sconosciuti ai presenti in sala, da quanto capisco dai commenti pieni di curiosità; attaccano subito con la loro esibizione ricca di sonorità autentiche e genuine, con una chiara influenza che va dai Blackberry Smoke a ZZ Top, inclusa anche una buona dose di Ac/Dc dei quali eseguono un intro per il loro brano “Better In Boots”. Al nostro riccioluto frontman, originario dell’Arizona,  il Metal piace da sempre: ci sono un po’ di Megadeth e anche un po’ di Slayer tra le calde note del loro Southern Rock.

Christopher Shayne

La Shayne Gang non ci mette molto a conquistare il cuore del popolo del Legend: l’energia che guida e anima questi ragazzoni fa pompare a mille il sangue nelle vene e rende impossibile stare fermi ad ascoltarli o guardarli, bisogna per forza far casino insieme a loro, bisogna battere le mani e i piedi a tempo, bisogna in qualche modo cantare qualche parola del ritornello anche se è la prima volta che si ascoltano questi brani. Li immagino perfetti su un grande palco estivo in quelle feste country dove sarebbero capaci di far saltare anche i sassi.

Christopher Shayne

Estroversi e contagiosi, cercano il contatto col pubblico, sono dinamici e sempre in movimento; particolarmente energico il bassista Mark Blades, che stasera non sfoggia la sua cresta dal sapore punk. In moto perpetuo, sembra avere in simpatia la mia lente e la paletta del suo basso sfiora il mio naso più di una volta. Si prendono qualche minuto, tra una nota e l’altra, per ringraziare chi stasera è venuto a conoscerli, si raccomandano di seguirli sui social e taggarli, cercano insomma di “fare amicizia” col Bel Paese che hanno visto per la prima volta nelle tre date insieme agli headliner.

Christopher Shayne

Sfrenato, rauco, crudo, Shayne ci offre il Rock in una forma pura e molto personale, un headbanging da sgranchire qualunque vertebra cervicale e un groove che rendono irresistibile la loro performance, ed è fantastico il congedo della sua gang al momento dei saluti: cercano di accontentare un pubblico in festa che allunga le mani per ricevere qualcosa e loro distribuiscono tutto quello che hanno, nel vero senso del termine. Dopo il consueto lancio dei plettri e delle bacchette, si passa alle set list stampate, che distribuiscono come volantini prendendole da una cartellina; non contento, Shayne apre un sacchetto nuovo di plettri che lancia quasi a stregua di coriandoli, a piccole manciate, sulla folla urlante. Ovviamente io, che sono svelta come un bradipo, non ne prendo uno nemmeno nei sogni, ma in compenso il bassista passa anche da me per un saluto col pugno chiuso e il sorriso raggiante: la sua mano è ancora caldissima e le vene gonfie per il gran lavoro svolto. Missione compiuta, la Shayne Gang conquista Milano, e molti tra i presenti erano ancora a cercare le loro canzoni sui cellulari, a fine serata: davvero una bella scoperta questa sera.

Des Rocs

La sala del Legend ha ormai, nel frattempo, raggiunto la piena capienza: guardando alle mie spalle non riesco a vedere nemmeno l’uscita o i muri stessi, solo un mare di folla che sembra moltiplicarsi sotto i miei occhi. Aspettiamo tutti la superstar della serata, Daniel Rocco, in arte Des Rocs, mentre il palco viene preparato in fretta, del resto gli strumenti sono presenti dall’inizio della serata e a dire il vero non sono nemmeno tutti, perché alcune chitarre personalizzate e particolari restano nel backstage fino al loro utilizzo. Classe 1988, newyorkese  di quarta generazione, salito per la prima volta sui piccoli palchi all’ età di tredici anni,  Des Rocs è all’ ultima data del suo “Dream Machine Tour”, dall’omonimo ultimo album, il suo secondo in studio, uscito il 25 agosto 2023 per Sumerian Records. Questo di Des Rocs è un progetto solista, ma nei tour viene accompagnato dai suoi grandi amici di lunga data alla batteria e al basso.

Des Rocs

Al suo ingresso, che potrei definire solamente trionfale, Des Rocs viene accolto da un pubblico impazzito di gioia e che già salta da una parte all’ altra ancor prima di sentire la musica, sotto lo sguardo compiaciuto e abbastanza paraculo di questo artista eclettico e geniale. Da parte mia, lo osservo mentre cammina orgoglioso con sicurezza, impettito, e il mio primo pensiero a caldo è: Ecco, mi sono giocata l’ unico mio mezzo neurone sano superstite, e sul quel palco sto vedendo arrivare Elvis Presley.

Des Rocs

Si rivolge ai fan adoranti sorridendo senza dire nulla, le presentazioni sono superflue: è l’amico di tutti, anche se è la prima volta che lo vedi, e soprattutto è l’unica volta che lo vedremo così statico, perché per tutta la sua performance non farà altro che bruciare il palco sotto i suoi piedi, fin quasi piccolo per lui: correndo e saltando senza sosta, sembra un leone ruggente in gabbia. Ma è fuorissimo!  Sono i commenti che percepisco dietro di me, mentre cerco dal mio angolino ormai decisamente stretto di seguirlo con la lente senza picchiarla in fronte a qualcuno.

Des Rocs

Guardare questa esibizione è stato un po’ come fare il tifo per il tuo amico del cuore mentre si trasforma nella sua essenza più epica e vera, un’atmosfera che ha trasformato la sala concerti in una grande festa tra amici, nessuno escluso: Des Rocs ci presenta tutta la sua crew, anche chi di solito resta all’ ombra dietro le quinte, dal tour manager al fotografo, dall’ottimo e capace fonico all’ addetta al merchandising, lasciandosi scappare anche un emozionato I will miss you. Sempre pronto a intervenire a un suo cenno abbiamo anche un giovanissimo addetto, che compie oggi ventuno anni: solerte e pronto, gli passerà la chitarra ogni qualvolta ce ne sia bisogno e controllerà che le batterie siano sempre cariche.

Des Rocs

L’ interazione è totale, scherzosa, amichevole, come se ci conoscesse da sempre: anche mentre corre, mentre è trasportato dalla sua immensa passione che manifesta costantemente e vigorosamente, ci guarda fisso negli occhi, e si capisce che non lo fa tanto per. Lui lo fa per, con intenzione: si assicura di avere l’attenzione su di sé, gli occhi puntati addosso, ammicca e ancheggia suadente, sollevando grida del numeroso pubblico femminile in un tripudio di I love you! Te quiero!  Sempre meglio dirglielo in più idiomi, per essere sicuri di farsi capire. Lui sorride sornione, il sorriso di chi gongola perché lo sa, eccome se lo sa, e come direbbe il buon Barrie nel suo “Peter Pan”: Oh, the cleverness of me!

Des Rocs

Lo sa, Daniel, di essere un talento fuori dal comune. Ed è qui per farci conoscere di che pasta è fatto.
“Dream Machine”, la title track con cui inizia la performance, è un brano dove questo giovanotto esprime il suo suono unico, un po’ hip – hop, un po’ rock , un po’ parlato, ed è accattivante come lo fa a  fronte di una strumentazione abbastanza minimalista: è perfetto, emotivo, esplosivo, un fiume in piena che ti travolge e ti porta con sé, col pubblico energico almeno quanto lui che non smette di saltare e scatenarsi e diciamolo, conoscono tutti i testi a memoria.

Des Rocs

Des Rocs sfoggia chitarre come una ragazza potrebbe fare con le borsette preferite, per esempio  una Gibson Les Paul Studio ricoperta di pelle nera, e quella che sembra essere una Ibanez ricoperta in simil squame di serpente: ci fa partecipi del divertimento e la porge alle prime file, ce la lascia toccare e giocare con le corde mentre ci osserva col suo sguardo penetrante, un misto di uomo adulto e fanciullo che non vuole crescere, e anch’io riesco a regalare una carezza alla pitonata chitarra.

Des Rocs

“Manic Memories”, brano acustico che gli fa prendere un po’ di respiro, viene introdotto da un lungo racconto di lui di notte a Central Park, surrounded by homeless people and spazatura,  fino all’ incontro con un uomo sconosciuto che, in breve, gli consiglia di credere sempre nei suoi sogni e di lavorare sodo per realizzarli; ci chiede di chiudere gli occhi mentre, con voce suadente, ci esorta a pensare a chi e a cosa amiamo di più, alle nostre passioni. Quando poi ci fa riaprire gli occhi, ecco il ragazzino scherzoso che ci prende in giro: Know what, I’ve got all your wallets! Pickpocket, pickpocket!

Des Rocs

Le cose cambiano in “Nowhere Kid”, una traccia che ci porta nel mondo di Des Rocs: c’ è un senso di tenerezza nell’ approccio vocale di questa canzone che ho trovato avvincente. Come tanti altri elementi che questo ragazzo inserisce nella sua musica, sento che questa tenerezza è sottile, ma è assolutamente lì, e trova il suo senso nelle parole Something is wrong here / I never fit in / I don’ t belong here / I’m a nowhere kid. Magari non sono parole particolarmente profonde, ma il modo in cui sono presentate aggiunge una forte carica emotiva a questa traccia di grande impatto.

Des Rocs

Nonostante un gran sfoggiare muscoli e vigore, nei suoi occhi traspare a tratti tutta l ‘emozione di chi, giunto all’ ultima data di questo “Dream Machine Tour” in cui crede come in una fede, guarda il pubblico adorante, in delirio e rivede in quei volti tutti i volti, gli occhi, i sorrisi, le mani tese e i festeggiamenti ricevuti fino a quel momento. Sono sensazioni che si possono toccare con mano, anche se Des Rocs punterà a far scatenare anche i muri, bando ai sentimentalismi: eppure ci sono, vanno solo viste.
Thank you for making my dream come true: ancora non si capacita, Daniel, di essere all’ ultima data, che porta in sé la promessa di un arrivederci a presto: I promise I’ll see you again soon: so, all of you come to New York!  Ci fa ridere e ci scherza sopra, ma intanto continua a ripeterci che potrebbe rimanere per sempre, forse parlando più a sé stesso che a noi.

Des Rocs

Così come i fan non si capacitano di essere arrivati alla fine del concerto, volato in un soffio: quando l’artista scompare nel backstage, nessuno si muove. Per una manciata di lunghi minuti rimaniamo tutti impalati ai nostri posti, sperando in un rientro a sorpresa, una cosa qualsiasi purché ce lo faccia rivedere, qualcuno urla One more song! Facendo sorridere gli addetti che stavano smontando già tutto, si appellano anche al giovane assistente che sento rispondere He needs a shower! Ci vuole del bello e del buono per convincere tutti a fare dietro front. Fuori ci aspetta una notte fredda e densa di nebbia, noi siamo pervasi da un senso di struggente nostalgia: speriamo che la Dream Machine di Des Rocs si rimetta presto in moto e lo riporti quanto prima da noi.

Articolo e foto di Simona Isonni


Set List Des Rocs Milano 29 gennaio 2024

  1. Dream Machine
  2. Wayne
  3. Used To Darkness
  4. Hanging By a Thread
  5. Natural Born Killer
  6. Nowhere Kid
  7. Manic Memories
  8. Bad Blood
  9. Never Ending Moment
  10. I Am The Lightening
  11. HVY MTL DRMR
  12. Let Me Live / Let Me DieMMC
  13. Suicide Romantics
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