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Herbie Hancock live Gardone Riviera

Classe 1940, a 23 anni era già al fianco di Miles Davis

Un concerto per tuoni, fulmini, pioggia e tanta grazia. Questo, in sintesi, lo show al Vittoriale, casa del Vate Gabriele D’Annunzio a Gardone Riviera, sul Lago di Garda, in provincia di Brescia, di Herbie Hancock il 21 luglio 2023 nell’ambito del Festival Tener-A-Mente. Mentre tutto attorno si scatenava l’inferno, con piogge tropicali, grandine con chicchi come uova, vento, e autostrada chiusa per le forti raffiche, sul Vittoriale, invece, lo spirito del Vate decideva di proteggere la leggenda vivente, e cioè Herbie Hancock.

Sembrava proprio che, per la seconda volta, il destino si fosse messo di traverso, e non volesse far suonare qua il pianista e tastierista nato a Chicago 83 anni fa. La prima, come è facilmente intuibile, la colpa fu della pandemia; questa volta, invece, sembrava che ci si mettesse di mezzo anche il cambiamento climatico. A quel punto, forse, fra giganti ci si aiuta, e così la mano del Vate protegge dai disastrosi temporali solo il cielo sopra la sua ultima dimora. Tutto attorno, infatti, sono solo fulmini, acqua a secchiate e grandine. Alle 22, però, dopo il primo brano, la lunga rielaborazione di “Overture”, estrapolata da “Gershwin’s World” del 1998, Hancock, non molto felice dell’idea, è stato costretto a ricordare a tutti che è pericoloso per noi qui sopra, e anche per voi lì sotto. Mettiamoci al riparo.

Lui che, classe 1940, a 23 anni era già al fianco di Miles Davis nell’album “Seven Steps to Heaven”, e a inizio serata era entrato in scena saltellando come un folletto, vestito di nero da capo a piedi, e si era messo subito a suonare, senza tante remore. Sarà sempre lui, dichiarano gli organizzatori, a premere perché si attenda, con pazienza, che pioggia non battente, ma soprattutto la tempesta di fulmini, passino, come garantiscono app e servizi meteo di vari operatori, per riprendere il concerto. Lo staff di Tener-A-Mente, insomma, tiene fede a quanto dichiarato anche in conferenza stampa in giugno: questa volta Hancock suonerà da noi. La scommessa, di tutti, anche del pubblico che, vestito non certo per una sera che, di colpo, da tropicale è diventata ottobrina, è vinta perché la mano dello spirito del Vate ha salvato il salvabile. Ha spostato tuoni, fulmini e lampi – ma non i fuochi d’artificio di un paese lacustre – altrove, e lo show, alle 23, può riprendere.

Non che in scaletta ci sia molto, se si guarda ai numeri, senza essere stati presenti. I pezzi sono solo sei, ma tutto sta in questa scelta, e nella cifra della modulazione e improvvisazione che, ovviamente, fa la differenza. Per far questo, dunque, oltre a essere Hancock, e aver suonato con la Golden Age del Jazz, serve una band capace di seguire il capomastro. Mi sia concesso di affermare che di gruppi così, in giro, se ne sentono davvero pochi. E non potrebbe essere diversamente.

Alla tromba, davvero suonata in modo magnifico, e senza scimmiottare Davis, c’è quello che Hancock ha definito musicista, compositore, maestro insomma, e cioè uno straordinario uomo in carne, che risponde al nome di Terence Blanchard, che suona divinamente, con fiato da vendere.

Al basso un gigante, nel vero senso del termine, un ricciolone James Genus che fa viaggiare a mille le sue quattro corde, passando da generi e tonalità diverse, senza colpo ferire.

Alla batteria c’è il giovanissimo Jaylen Petinaud, vero mago delle pelli, definito da Hancock il futuro del Jazz. Direi che come endorsement è di quelli che valgono, e soprattutto di quelli che si sentono.

Per finire, poi, con il talento puro, cioè Lionel Loueke alla chitarra: otto album solista all’attivo, e ha suonato “solo” con Marcus Miller, Sting, Brian Blade, John Patitucci, Terri Lyne Carrington, Kenny Garrett, Roy Hargrove, Santana, Dennis Chambers. Il resto mettetelo voi, insomma… con un poco di fantasia. Affiancato da una band così, e con un capomastro del calibro dell’83enne Hancock che, ripeto, saltella per il palco, corre da una parte dall’altra per salutare, parlare, suonare, cantare, e, nel finale, indossare la sua storica tastiera a chitarra, come potevano gli dei, e il Vate, permettere che piovesse e che tutto, dunque, venisse buttato alle ortiche? No di certo…

Il pubblico viene così premiato e, dopo la ripresa alle 23, sarà un’ora intensa di musica, senza sosta. I cinque pezzi che completano la scaletta, da “Footprints” di Wayne Shorter, con la quale si riprende, con Loueke che subito, fa sognare con la chitarra suonata a mo’ di basso, con passaggi dal Funk al Blues, per poi arriva alla coralità dei singoli che animano un pezzo che, nella versione originale, è quasi da piano bar, con il velluto rosso alle pareti. Si passa poi, direttamente, al 1974, con un brano al quale sono molto legato, ricorda Hancock, e cioè “Actual Proof”, composizione che arriva dall’album “Thrust”. Qui la band si scatena, e il maltempo non può che cedere le armi davanti a tanta bellezza. Il cielo si apre, i lampi se ne vanno, e quello che è un grande pezzo di evoluzione del Jazz classico verso le nuove frontiere del Jazz/Funk, e della Dance, diventa l’occasione per far alzare dalle sedie fradice il pubblico che balla come se fossimo in discoteca.

“Come Running To Me”, canzone del 1978, dà l’avvio al gran finale. È un brano speciale, al quale tengo molto, ma non avevo, un tempo, la tecnologia per rifarlo dal vivo. Ora – e mentre Hancock accarezza una delle sue tastiere – ho la tecnologia… Così la voce modulata e distorta, come si faceva un tempo per creare l’effetto futuro, è sostenuta da una magnifica melodia anni ’70 alle tastiere, e da un basso in prima istanza figlio della Black Music di quegli anni, e poi, nel finale, quasi melodico, da composizione più autoriale. Nessun virtuosismo per James Genus, ma solo un rapporto erotico, fisico e amorevole con le sue quattro corde. Un atto d’amore che modula un suono che si fa acido e, dopo poco, quasi morbido, con le corde accarezzate. La batteria entra nel finale, ed è un crescendo che, sinceramente, è uno dei vertici della performance di questo giovanotto che, alla fine, suona già come un grande professionista.

Se non fosse Hancock il capo banda, sarei pronto a scommettere di essere ancora allo show, di qualche anno fa, di Kamasi Washington. Energia pura, che ha scacciato via il residuo di maltempo che aleggiava ancora sulla casa del Vate. Il cavallo blu di Mimmo Paladino è stato l’ultimo baluardo rimasto a guardia del cielo, mentre sotto di lui la musica diventava flusso melodico e ritmato con “Secret Sauce”. Esecuzione che incanta per via dell’inizio, con chitarra accarezzata, distorta e trascinata sulle corde dalle mani di Loueke, che regala un suono poco usuale, figlio quasi di elaborazioni da steel guitar. E invece il gigante che tiene la scena fa tutto con le mani, e con qualche pedale. Un momento davvero intenso che cattura tutto il pubblico. Poi c’è spazio, qua, per tutti i componenti della band che, giustamente, si prendono tutti gli applausi possibili.

Non resta che il gran finale, con Hancock in piedi, che saltella, a 83 anni, dopo un’ora senza interruzioni di musica, con la sua tastiera a tracolla, e che lancia il grande classico “Chameleon” del 1973. A questo punto gli schemi saltano. Se non fosse abusato il termine, direi estasi da bellezza. La gente è in piedi, il freddo non spaventa, la pioggia è lontana, e i lampi sono a fondo lago. Lo spirito del Vate – che forse non avrebbe amato questi suoni – ha fatto comunque il miracolo, e ha accolto un genio nella casa di un genio.

Tutti in piedi, e sotto il palco. Hancock non si sottrae a foto, inchini, saluti e baci. Ne manda uno diretto al nostro cellulare, e ci piace pensare che sia per tutti i nostri lettori e le nostre lettrici.

Le luci si accendono a mezza notte passata, ma nessuno vorrebbe andarsene. Il bello, ad avere un’altra età, sarebbe cominciato in quel momento… Non c’è però da essere avidi, perché c’è di che godere nel sentire, ancora, live di questa caratura.

Articolo di Luca Cremonesi, foto di Roberto Fontana

Set list Herbie Hancock 21 luglio 2023 Gardone Riviera (BS)

  1. Overture
  2. Footprints
  3. Actual Proof
  4. Come Running To Me
  5. Secret Sauce
  6. Chameleon


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