Il Parco Urbano Miglio D’Oro, situato in Ercolano, il 18 maggio ha accolto il calore della cultura musicale Jazz napoletana con il DiVino Jazz Festival promosso dalla Regione Campania e da alcuni comuni della provincia di Napoli. James Senese è il protagonista della serata, che, dopo esser stata rimandata più di una volta a causa della pioggia, ha incantato più di 700 persone.
Lo spettacolo ha inizio con una folla già in visibilio che acclama l’entrata di una leggenda napoletana. Pochi minuti e cala il silenzio. Avvolto dalle luci e ombre, l’artista sistema con calma accanto a sé il suo sax.
Vengono suonate le prime note e basta poco per capire che la sinergia tra tutti e quattro i musicisti sul palco cresce piano con una connessione unica. Alessio Busanca alle tastiere, Rino Calabritto al basso e Fredy Malfi alla batteria accompagnano grintosamente Senese.
A partire dallo scheletro dell’album “Stiamo cercando il mondo” uscito il 12 maggio 2023, l’esibizione si struttura molto spesso attorno all’improvvisazione: i musicisti dialogano con gli occhi e con le espressioni del corpo. Da lì viene creata una magia palpabile che plasma un genere musicale che viaggia tra l’Occidente e l’Oriente.
Qui non si parla solo di Jazz, ma di fusioni plurali. Il cuore che James Senese però sceglie come fulcro della sua musica, pulsa attorno alle denunce sociali, il disprezzo verso la guerra, il razzismo e l’odio. Tramite borbottii, frasi ripetute, si coglie un’ironia affilata, che conserva un pizzico di amaro che fa sempre riflettere. Nei suoi pezzi, trasmette momenti della sua vita, riprendendo squarci del passato, ma anche del traballante presente e apre varchi verso il futuro.
È un tipo di poesia che diventa immortale: ciò che canta pone le radici in una realtà senza tempo, ma che è vera, sincera. L’artista su questa scia di ricordi, riporta in vita l’amico Pino Daniele con la canzone “Chi tene o’mare”, pubblicata nel 1979 ma che diventa un omaggio puro e delicato verso una figura che per Senese fu molto vicina e che arricchì oltre che il suo percorso da artista, la sua anima.
I ritmi sono incalzanti e girano attorno a dei bruschi, improvvisi e soprattutto frequenti cambi di tempo ritmico. Non c’è una sbavatura, non uno scivolone. Nelle mani di tutti e quattro i musicisti, il tempo ritmico sembra essere dominato magnificamente.
Il pubblico, formato da persone la cui vita è stata segnata anche dalla sua musica e da molti giovani, sono assorte all’ascolto. Quello che emerge da un’esibizione del genere, è un uomo che durante i sessant’anni di carriera è rimasto coerente ai suoi principi e che ha ancora sete di conoscere il mondo e combattere per esso.
Articolo e foto di Eleonora Albano