26/07/2024

Marcus Miller, Gardone Riviera

26/07/2024

CCCP-Fedeli Alla Linea, Firenze

26/07/2024

Cristiano De André, Bergamo

26/07/2024

Vintage Violence, Arcugnano (VI)

26/07/2024

Loreena McKennitt, Milano

26/07/2024

Noah And The Loners, Alano di Piave (BL)

26/07/2024

Metal Midnight Forest, Piea (Asti)

26/07/2024

Creedence Clearwater Revived, Taranto

26/07/2024

Martin Barre Band, Narcao (Sardegna)

26/07/2024

A Forest Mighty Black, Gambellara (VI)

26/07/2024

Messa, S.Zenone degli Ezzelini (TV)

26/07/2024

Dee Dee Bridgewater, Sanremo (IM)

Agenda

Scopri tutti

Loreena McKennitt live Brescia

L’artista canadese ammalia con uno show che diventa liturgia dell’anima

Il 20 marzo le ore di viaggio verso Brescia sono letteralmente volate, il traffico non mi ha mai spazientito, l’olezzo del micidiale mix concime-smog della pianura padana sembrava quasi sopportabile, perché la finalità vinceva su tutto: tornare nell’abbraccio di note di Loreena McKennitt, in concerto al Gran Teatro Morato per una delle due tappe italiane del “The Visit Revisited Anniversary Tour”. L’omaggio all’album che l’ha resa famosa nel mondo era stato programmato due anni e mezzo fa ma, causa pandemia, è stato posticipato fino ad accodarsi a un altro grande evento: il tour dedicato a un altro masterpiece: “The Mask And Mirrors”. Niente di più felice, insomma, perché in questo modo fra pochi mesi riavremo la McKennitt di nuovo in Italia, stavolta per ben cinque date nel mese di luglio. Di tutto questo Loreena ce ne parla nella nostra intervista esclusiva.

Le maschere, controllando i biglietti, ci avvertono che durante il concerto non sarà possibile effettuare né foto né video. Un classico che lascia il tempo che trova, di solito. Ma stavolta, entrati in sala, dei cartelli ci ammoniscono col medesimo avvertimento, specificando che si tratta di una precisa richiesta dell’artista. Bene, accolgo al volo la volontà di Loreena e mi preparo allo show senza farmi disturbare dal cellulare, senza filtrare l’esperienza. Decisione molto saggia, a posteriori, vista l’esibizione così intima e sentita.

Tutto inizia dalla visione del palco, a dir poco suggestivo, illuminato con lingue di luci blu e grandi candelieri accesi a coronare lo sfondo. La scelta della proposta è estrema: niente batteria né alcuna percussione; tutto sarà sorretto dalla ritmica creata ex-novo dagli arrangiamenti degli altri quattro incredibili musicisti al seguito: Caroline Lavelle al violoncello, Brian Hughes alla chitarra, Hugh Marsh al violino e Dudley Phillips al contrabbasso.

Si parte da lontano, con una leggiadra “Samain Night”, brano d’apertura di “Parallel Dreams” del 1989, qui in una versione pura, nuda, che fa entrare gli spettatori nel mood da sogno. Loreena a questo punto parla con il pubblico, narra della sua permanenza in Italia, ci racconta le vicissitudini dei due tour quasi sovrapposti, e annuncia che il duetto successivo sarà tratto dall’ultimo album in studio: “Lost Souls”.

Stiamo parlando di “A Hundred Wishes”, molto simile alla versione originale, e “Ages Past, Ages Hence”, coinvolgente e sincopata. Impressionante come la vocalità della McKennitt sia ancora così piena, potente, avvolgente… e se al piano riesce a commuovere, quando passa all’arpa ha la capacità di stregare.
“On A Bright May Morning” è un classico intramontabile, non a caso è presente sia in “The Wind That Shakes The Barley”, sia nell’ultimissimo “The Road To Home”, ed è un vero piacere farsi accarezzare dalle sue vibrazioni celtiche.

Di nuovo una sortita dal lavoro più recente, con una versione trascinante della strumentale “Manx Ayre”, in cui i musicisti si alternano nella stratificazione e nell’avvicendamento delle due melodie portanti.
Pensare che un singolo musicalmente carico come “The Mummer’s Dance” potesse essere efficace totalmente privo di percussioni non l’avrei creduto possibile. Eppure eccola qui, rinnovata dal nuovo arrangiamento, mai tradita, anzi, se possibile elevata al quadrato nei momenti salienti.

La McKennitt annuncia un altro salto indietro, stavolta fino al 1985, anno del suo esordio con “Elemental”. Guidati dall’arpa ascoltiamo una “Stolen Child” a dir poco magnetica, arricchita dai controcanti di Caroline Lavelle, violoncellista e polistrumentista storica che nel corso della serata dimostrerà la sua bravura anche alla fisarmonica e al flauto. È la volta della title-track dell’ultimo disco, “Lost Souls”, sentita e profonda; ma siamo solo al principio dello scoperchiamento del Vaso di Pandora: “Bonny Swans”, tratta da “The Mask And Mirror”, è il picco della prima parte.

Il brano arriva come una cavalcata imperterrita resa pungente dagli acuti di Loreena e coronata da un’incredibile sfida di assoli fra due mostri sacri quali Hugh Marsh e Brian Hughes, un corteggiamento fra violino e chitarra elettrica che si trasforma in sfida ma poi chiude in armonizzazione. Il set d’apertura si corona col brano che conclude l’ispiratissimo “An Ancient Muse”: “Never-ending Road. E sono lacrime. Niente di tragico, ma un pianto di conforto accompagnato dalle parole del ritornello: Ecco il mio cuore, te lo dono / Portami con te attraverso questa terra / Questi sono i miei sogni, così semplici, così pochi / Sogni che teniamo nel palmo delle nostre mani.

Dopo una pausa di circa un quarto d’ora è tempo di celebrare l’omaggio a cui il tour è dedicato: “The Visit”. La McKennitt decide di eseguire l’intero album dall’inizio alla fine, come in scaletta originale, e da quel momento in poi sarà un’alternanza di emozioni, tra euforia e brividi. “All Souls Night”, tra i suoi brani più amati, in questa versione senza base ritmica perde un po’ di smalto nel ritornello, ma la canzone in sé è così potente che il difetto si nota a malapena, risultando una piccolezza.

“Bonny Portmore”, più veloce e sofferente rispetto alla dilatata versione studio, fa alzare alto il suo grido d’accusa contro la deforestazione. “Between the Shadows” si conferma quella strumentale preziosa che in molti vorrebbero avere nella schiera della propria produzione. “The Lady Of Shalott”, tratta dal poemetto romantico di Alfred Tennyson, è pura anima-McKennitt: a mio avviso incarna in pieno l’essenza dell’artista canadese. Arriva la sua versione del classico “Greensleeves”, e diventa impossibile non piangere. Loreena canta questo brano con la sua voce naturale, piena, senza impostazione lirica, e ci stende. Almeno, io sono crollato al primo ritornello. “Tango To Evora” si snoda sensuale, evocativa e carnale, una strumentale geniale arricchita solo dai potenti “Na na na na nai-na” della beneamata.

“Courtyard Lullaby” porta con sé una forza struggente, ci trascina in mondi altri, in tempi che furono e che, forse in un futuro lontano, saranno. Poi è la volta del brano che più mi sconvolse la prima volta che vidi la McKennitt dal vivo, a Roma: “The Old Ways”. Un pezzo dall’anima bipartita che miracolosamente trova un’unica identità attraverso il violino, addomesticato a malapena nella sua dirompenza dalla diteggiatura prodigiosa di Hugh Marsh.

Galvanizzati, accompagniamo Loreena ad annunciare l’ultima canzone. Lei dice, semplicemente: “Lasciamo il finale a Shakespeare”, e parte “Cymbeline”, che si rivela essere la mia personale rivelazione di questo giro di note. Per qualche motivo l’ho sempre considerato il brano meno forte di “The Visit”. Be’, non avevo capito nulla. Mi è arrivato finalmente per ciò che è: pura poesia e, soprattutto, alta ispirazione.
La band saluta velocemente, gli applausi sono lunghi, colmi di affetto e riconoscenza, il pubblico è caldissimo, per la prima volta si alza dalle poltrone, inneggia il ritorno di Loreena.

Siamo accontentati da un doppio bis: “Dante’s Prayer”, opera nata durante un illuminante viaggio in treno lungo il percorso della transiberiana, omaggio al nostro Sommo Poeta; e poi “Wild Mountain Thyme”, a mo’ di liberazione finale. La maggior parte del pubblico a quel punto è in piedi, il personale di sala deve avvicinarsi per chiederci di sedere, i cellulari ormai sono fra le mani di molti, vogliosi di catturare almeno una porzione della magia per portarsela a casa in maniera un tantino più tangibile, per avere quel “per sempre” che “per sempre” in fondo non è. Il vero “per sempre” lo terremo nella nostra memoria e nel nostro cuore, se avremo ascoltato come si deve. Se ci saremo fidati di Loreena e della sua richiesta accorata di essere lì per vivere il momento e assorbire tutto, senza filtri.

Articolo di Simone Ignagni, foto di Roberto Fontana

Set list Loreena McKennitt Brescia 20 marzo 2024

  1. Samain Night
  2. A Hundred Wishes
  3. Ages Past, Ages Hence
  4. On A Bright May Morning
  5. Manx Ayre
  6. The Mummer’s Dance
  7. Stolen Child
  8. Lost Souls
  9. The Bonny Swans
  10. Never-ending Road
  11. All Souls Night
  12. Bonny Portmore
  13. Between the Shadows
  14. The Lady Of Shalott
  15. Greensleeves
  16. Tango To Evora
  17. Courtyard Lullaby
  18. The Old Ways
  19. Cymbeline
  20. Dante’s Prayer
  21. Wild Mountain Thyme
© Riproduzione vietata

Iscriviti alla newsletter

Condividi il post!