27/07/2024

CCCP-Fedeli Alla Linea, Genova

27/07/2024

Cristiano De André, Piazzola (PD)

27/07/2024

Mercanti Di Liquore, Civate (LC)

27/07/2024

Vinicio Capossela, Verona

27/07/2024

Tre Allegri Ragazzi Morti, Torre Santa Susanna (BR)

27/07/2024

David Morales ft. Julie Mcknight, Taranto

27/07/2024

Martin Barre Band, Sigillo (PG)

27/07/2024

Louise Lemon, Serravalle (PT)

27/07/2024

Radio Fantasma, Milano

27/07/2024

Patrizio Fariselli, Firenze

27/07/2024

Irene Grandi, La Spezia

28/07/2024

Gio Evan “Evanland”, Assisi

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Maroccolo/Antonio Aiazzi live Pellegrino Parmense

I due ex-Litfiba, oltre a suonare accenni ad alcuni pezzi, raccontano di quegli anni

Metti una serata, l’11 agosto, in un piccolo paesino, ma piccolo davvero, dove però ti ritrovi in piazza, con scomode panche, e con un palco sul quale salgono, nell’ordine, Màdrega con Flavio Ferri, Antonio Aiazzi e Gianni Maroccolo (intervistati dal bravissimo Simone Stefanini) e, a seguire, Talèa con il suo ultimo lavoro “Aura” (la nostra recensione). Il tutto grazie a un’amministrazione, e a un gruppo di persone, che ha investito nella manifestazione “Rock in the village”, per rilanciare il paese, far conoscere la musica e socializzare. Il tutto a Pellegrino Parmense, sulle colline fra Parma e Piacenza, con una leggera brezza che chiama la camicia, mentre ai piedi la pianura Padana si prepara ai giorni torridi di Ferragosto.

I Màdrega aprono la serata con una selezione dalla loro lunga carriera. A seguire, però, l’evento nell’evento, e cioè i due ex-Litfiba che, insieme, oltre a suonare accenni ad alcuni pezzi del loro connubio con Ghigo, Piero Pelù e Ringo De Palma, parlano, raccontano di quegli anni e, soprattutto, si raccontano. Loro che, afferma subito in apertura l’ottimo Simone Stefanini, che saprà gestire platea e palco, senza mai esondare e ammorbare (capacità sempre più rara), sono dei taciturni. Di sicuro più dei loro due ex-colleghi, spesso agli onori delle cronache per liti, frecciate, e quant’altro. Poco importa, comunque, perché la serata è stata una vera goduria per i fan storici dei Litfiba, che hanno potuto conoscere aneddoti e retroscena, ma anche per gli amanti della New Wave, dato che Maroccolo non ha mancato di snocciolare la sua personale formazione musicale. Basta pescare fra gli album citati per arricchire un buon negozio di musica.

L’inizio è quasi in sordina. Maroccolo, in ottima forma, e Aiazzi, che poco prima è passato dalla piazza con il cane al guinzaglio, salgono sul palco, si sistemano gli strumenti, e accennano a “Pioggia di Luce”, a “Instanbul”, grande classico da “Desaparecido”, e a seguire “Luisiana”. Non faremo un vero concerto, manca il cantore – spiega Maroccolo – quindi ci saranno degli accenni ai nostri brani. Si capisce subito, dunque, che la serata è di quelle gustose per chi ama questi due straordinari musicisti italiani e, allo stesso tempo, la storia non sempre chiara e lineare dei Litfiba degli inizi. Avete rischiato di avere Ghigo come cantante, confessa Aiazzi, il più taciturno dei due. All’inizio era lui a voler cantare. Noi (io e Gianni) ci siamo conosciuti prima, suonavamo insieme, facevamo cover. Maroccolo supporta le parole dell’amico e collega. Ci conosciamo da 45 anni, siamo due vecchi tromboni. Eppure, se siamo ancora qua, anche se parliamo poco, vuol dire che c’è qualcosa di più sottile, forse istintivo, che ci lega. Il racconto degli inizi è stato davvero bello, interessante, anche se in parte noto, ma qui viene arricchito di qualche particolarità. Sapevamo di un personaggio strano che girava per Firenze vestito di nero, con una bici nera, e con il mantello. Era Piero. Quando è arrivato in cantina da Ghigo, abbiamo capito che doveva essere lui la voce. Era davvero un personaggio strano. Viveva in una vecchia chiesa sconsacrata, con oggetti religiosi sparsi in casa. Una situazione che, per certi versi, ho poi ritrovato nella bottega di Giovanni Lindo Ferretti a Bologna, quando sono passato a lavorare con lui,racconta Maroccolo. In questa prima fase, dunque, sono gli anni degli esordi a fare da sfondo. Si girava, parecchio. Spesso Aiazzi mi metteva a letto, quando non ero in grado di andarci da solo. A questi racconti, davvero piacevoli, si aggiungono subito, però, con sapiente dosaggio di Stefanini, i ricordi degli albori. Si lavorava in studio, perché nessuno di noi aveva pronto nulla. Ognuno portava il suo bagaglio di esperienze. Poi, piano piano, da un giro di note, si iniziava a lavorare su un brano. Piero, infine, ci metteva le parole,raccontano Aiazzi e Maroccolo. L’esempio di quanto appena spiegato, viene mostrato con l’accenno di come è nata “Ferito”, brano di “17 Re”, album fondante e generativo. Il giro di piano, sul quale si innesta il basso di Maroccolo. A questo punto – spiega il bassista – Piero si metteva a fare dei suoni con la voce, creando una melodia. Dopo due giorni è arrivato con “Grande capo bianco dice che noi siamo forti …”. Il racconto prosegue, con la storia della bara, la casa distrutta di Aiazzi da parte di Piero, e altre vicende più o meno note della storia pionieristica dei Litfiba e, contemporaneamente, della New Wave italiana. Spazio, poi, a un altro intermezzo, con accenni ancora a “Pioggia di Luce” e, soprattutto, a “Univers”.

Le domande di questa seconda parte sono di quelle che fanno sussultare i fan storici fra il pubblico. Da quale album iniziare ad ascoltare i Litfiba, se vorreste dare un consiglio ai giovani? Chiede Stefanini. Difficilissima questa domanda, non si nasconde Aiazzi. Gli farei fare il percorso dall’inizio, anche se, per assurdo, “Desaparecido”, sono quasi tutti dei singoli. Insomma, secondo me i Litfiba vanno ripresi dall’inizio. Poi uno può entrarci da dove vuole, e muoversi in avanti o indietro, ma credo che sia corretto partire dall’inizio. A un certo punto intercetti un brano dei Litfiba, ti colpisce, e poi vai a ritroso per capire chi sono, e da dove arrivano. Sui pezzi, io adoro “Ferito”, è un brano che non può stare in piedi, eppure funziona bene. Mi piacciono anche brani più morbidi, come “Transea”. Per Maroccolo, invece, la questione è diversa. Senza dubbio io partirei dal live “Aprite i vostri occhi”. Raccoglieva i migliori anni dei Litfiba, fino a quel momento. Catturava un periodo, un modo di essere sul palco. Era un live che, poi, nonostante l’epoca, suona come suonavamo davvero dal vivo, ed era la dimensione più sincera, poco edulcorata e meditata. Io partirei da lì, anche per capire la forza del gruppo, e la nostra parte animalesca. Verrebbe naturale dire “17 Re” come album, però io credo che iniziare da quel live sia più semplice e più facile, per chi non ha idea di chi siano i Litfiba. Era un periodo, e un’età, dove tutto veniva spontaneo, sincero; niente veniva mediato. Solo suonando all’estero, dopo “17 Re”, ho iniziato a pensare che la musica potesse diventare il mio mestiere.

Quale canzone non vi convince davvero fra quelle che avete composto? Per Aiazzi è “Corri”, da “Litfiba 3”, per un discorso armonico, non mi è mai andata giù. Quando l’abbiamo composta ok, ma poi a suonarla mi dicevo sempre “mamma mia”. Per Maroccolo, invece, c’è un brano che non mi è mai andato giù, uno solo. Secondo me è un riempitivo dei dischi di quegli anni. Si tratta di “Cafè, Mexcal e Rosita(sempre da “17 Re”). È un pezzo che non mi ha mai emozionato, devo dire anche un poco “Febbre”. Poi, gli altri, li metto tutti sullo stesso piano.

La serata prosegue, gli aneddoti sono molti, ed è forse giusto, nonostante abbia con me la registrazione completa, che tutto finisca qui. Sarebbe il venir meno del senso dell’evento. Chi c’era si è gustato davvero qualcosa di unico e, forse, irripetibile. Tuttavia, ci sono ancora due passaggi che meritano di essere riportati. Dobbiamo molto a Piero perché ha sempre spinto per suonare all’estero. Quelle esperienze sono state importanti, per tutti noi. Si suonava fuori dall’Italia, e c’era grande dignità, e rispetto, sempre, per i musicisti. In Francia abbiamo suonato a mezzogiorno, a un festival. La sala era doppia. Sopra c’era Paolo Conte, già molto conosciuto Oltralpe. Noi sotto. Pensavamo non ci sarebbe stato nessuno. E invece la sala era gremita. Quando si andava all’estero, dunque, c’era sempre chi gestiva il palco, chi ti faceva trovare un letto e un pasto, e c’era rispetto e dignità. Ricordo, poi, che si cantava in italiano. Davanti a platee anche numerosissime, come un festival di musica black. Eppure li abbiamo fatti ballare tutti,ricordano i due musicisti che, nel racconto, sottolineano quello che è noto a molti, e cioè il legame dei Litfiba con la Francia. Potevamo diventare un gruppo francese, a un certo punto della nostra storia…

Sulla formazione e i gusti musicali, poi, c’è la domanda che arriva dal pubblico. Per Aiazzi, musica classica all’inizio. Per poco, c’è stato però un passaggio. Poi mi sono agganciato al Progressive, e a tutto quello che c’era da ascoltare. Non ho mai amato all’epoca, ma ora inizio ad apprezzarlo, un certo tipo di Jazz. Quello più moderno. L’ho sempre odiato. Ma da qualche anno sento delle belle idee. Questa sera, poi, abbiamo iniziato con “Pioggia di Luce”, e fa parte del mio periodo Philip Glass… Per Maroccolo, all’inizio si imparava a suonare ascoltando i pezzi di Bowie, Lou Reed, The Who, Iggy Pop. Il primo disco che ho comprato è “Paranoid” dei Black Sabbath. Poi Led Zeppelin, Pink Floyd fino a “The Dark Side Of The Moon”. Dopo ho preso una deriva un po’ stramba, e ho cominciato ad ascoltare Krautrock; poi sono passato a band come Tangerine Dream, e gruppi più elettronici. Poi la mia fissa è stata con Frank Zappa. Analizzavo i pezzi, cercavo di capire la composizione. In quel periodo lì, mentre con Aiazzi si faceva fonologia e musica elettronica al conservatorio, abbiamo formato i Litfiba, e abbiamo fatto musica diversa, ma che veniva anche da quei mondi musicali. La musica è derivativa, ed è ovvio che le nostre esperienze sono entrare a far parte del nostro modo di suonare.

Vi garantisco che ci sono altre parti molto belle, fra le quali le domande di Flavio Ferri sul come si lavorava in studio. Ma, ripeto, forse alcune cose è giusto che restino di proprietà di chi c’era. Agli eventi, come ai concerti, c’è da andare, c’è da esserci. Anche se sono in posti piccoli. La magia, della musica, si dimostra ovunque, non per forza in maxi platee, con token, e stand gastronomici. Serve girarsi attorno, come accade per le riviste che, poi, investono in questo occasioni, e ci sono. Per raccontarvi un po’ quello che accade …

Articolo di Luca Cremonesi

Set list talk show di Gianni Marocolo e Antonio Aiazzi 11 agosto 2023 Pellegrino Parmense (PR)

  1. Pioggia di luce
  2. Istanbul
  3. Luisiana
  4. Ferito
  5. Univers
  6. Il vento
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