Il 20 luglio è una domenica bolognese torrida come tante ma io mi dirigo al BOnsai Garden per l’ultima data del cartellone estivo 2025. L’idea di vedere i Public Image Ltd in carne e ossa mi esalta, è un po’ come studiare gli Antichi Egizi per interi anni scolastici e poi finalmente ritrovarsi davanti alle piramidi … John Lydon non è così antico ma il peso che ha avuto nella mia formazione di adolescente ribelle è paragonabile.


Scandaglio velocemente le persone radunate verso il palco e non mi salta all’occhio alcun filo conduttore. Mi aspettavo qualcosa di più estremo ma il pubblico è eterogeneo per stile, mentre l’età anagrafica inevitabilmente vede la Generazione X e i Baby Boomer a farla da padroni, con una buona rappresentanza di Millennial. Nel complesso non siamo moltissimi ma, nell’epoca dei sold-out a tutti i costi, anche questo può essere considerato contro corrente.

D’altronde quest’estate le date italiane sono tre, e dall’ultimo tour di due anni fa non ci sono state pubblicazioni per la band britannica. Gli ultimi album, a dirla tutta, hanno ricevuto un’accoglienza tiepida, seppure non possa mai essere un dispiacere trovare un personaggio controverso come Johnny-ex-Rotten-Lydon ancora attivo. Si può dire che la réunion del 2009 non abbia aggiunto granché a un progetto che ha dato tanto, forse tutto, nei periodi iniziali di sperimentazione estrema, quando parlare di Post-punk (perché questo è stato, letteralmente) era innovazione pura, fatta con la libertà e l’urgenza espressiva che hanno caratterizzato quegli anni.

Le contaminazioni nel suono dei PIL sono molteplici, tante quanti i componenti della band che si sono susseguiti negli anni, ognuno con la sua influenza. Della formazione originale, in effetti, ritroviamo soltanto Lui, il cardine su cui ruota il progetto, insieme a Lu Edmunds alla chitarra, Bruce Smith alla batteria e Scott Firth al basso.


Eccoli finalmente sul palco, pochi fronzoli, poche parole. Il frontman appoggia un leggio davanti a sé ed esclama life is a guess, voce ferma, profonda, la cresta arancione che spicca su un outfit quasi completamente nero e dal pubblico una voce strafottente che urla sei vecchio con la confidenza che ti prenderesti con un amico.


Ci siamo, attaccano con “Home”, da “Album” del 1986: le erre arrotate che ci perseguitano da “Nevermind The Bollocks”, i toni e le movenze teatrali che esagerano ogni sfumatura delle espressioni. L’attenzione è tutta catalizzata su di loro, il retropalco è un semplice stendardo con il logo PIL, le luci bianche e rosse li illuminano impietose, quasi a sottolineare che ci troviamo davanti a un pezzo di storia della musica, e non solo.


Procedono con “Know Now” e la profezia apocalittica di “World Destruction”, prima delle due cover della serata, entrambi brani in cui Lydon compare nella versione originale. Potrà sembrare autoreferenziale ma non penso che a John interessi della nostra opinione a riguardo. La collaborazione con Afrika Bambaataa sotto il nome Time Zone ci regala il primo pezzo rap-core della storia, nonché una lucidissima presa di coscienza sulla direzione che stava prendendo il mondo:
The rich get richer
The poor are getting poorer
Fascist, chauvinistic government fools.


Lydon polemizza sulle storture della società da decadi, non è sicuramente il Messia che ci aspettavamo, ma forse è quello di cui abbiamo bisogno. I messaggi dei brani sono sempre molto chiari e, se non lo fossero abbastanza, vengono ripetuti allo sfinimento come una sorta di mantra, accompagnato da linee di batteria potenti e mai banali. Noto con un po’ di ritardo in effetti la posizione del batterista, più avanti rispetto al solito e sopraelevato, così da rendere visibili le smorfie di godimento di cui ci delizia per tutto il live.

Anche Edmunds è in splendida forma nella sua tenuta da marinaretto, incapace di stare fermo, imbraccia quello che scopro essere un Saz (o chitarra saracena) e attacca con la triade di accordi di “This Is Not A Love Song”, forse il loro brano più commerciale insieme a “Rise”, che performeranno verso la fine del live, quando alla domanda What is anger? Un pubblico un po’ incerto risponde Anger is an energy, perfetto ritratto di una umanità tragicamente annichilita, convinta che cambiare le cose sia ormai impossibile.

Tra un pezzo e l’altro Lydon si limita a sorseggiare una bottiglia dal contenuto indefinibile ma quasi certamente alcolico, sputare centrando l’apposito cestino che è stato posizionato davanti alla batteria e svuotare le narici con un gesto veloce, dove capita… è proprio vero che le vecchie abitudini non si perdono mai.

Eppure è lo stesso uomo capace di farci venire i brividi con le urla laceranti di “Death Disco”, una cavalcata ossessiva e cupa dedicata alla madre morta di cancro nel 1978, proprio mentre lui, appena ventiduenne, usciva disastrosamente dal capitolo Sex Pistols. Lydon accenna passi di danza, muove le mani nell’aria: la libertà di esprimere la propria sofferenza e il diritto di farlo in maniera non convenzionale, incazzarsi per non farsi schiacciare dal peso del dolore, perché il suo cinico cuore punk sa bene che non si può mostrare debolezza in un mondo così complesso e senza scrupoli.

Con “Flowers Of Romance” è nuovamente la batteria a farla da padrona con ritmi tribali e coinvolgenti, ma è sulle note di “Warrior” che vedo finalmente il fan-tipo che mi sarei aspettata: visibilmente sbronzo, i pantaloni scesi e la maglietta infilata solo in un braccio che si incastra su una buzza alcolica particolarmente sviluppata. Si fa largo tra un pubblico fin troppo pacato e composto, girando qua e là senza alcuno scopo, senza riuscire a creare scompiglio. Che delusione.

Dopo “Shoom” e il manifesto “Public Image”, ci abbandonano per una pausa sigaretta di tre minuti. Rientrano per l’elettronica “Open Up”, la sempre tristemente attuale “Rise” e chiudono con un medley di “Annalisa” e “Chant”, rispettivamente dal primo e secondo album, con una performance impeccabile e puntuale in cui nulla risulta fuori posto tranne la poca carica del pubblico.
Eccoli ora i Public Image Ltd uno a fianco all’altro come attori a fine spettacolo, outside of the shitsem, come ci tengono a ricordare prima dei dolcissimi ringraziamenti che trasmettono un reale senso di gratitudine verso i propri fan. Penso a come ci si debba sentire, dopo tutti questi anni, a stare ancora su quel palco, ad andare sempre contro, a cambiare ma essere in fondo sempre quel personaggio che ha battuto la strada per tantissime realtà che sono venute dopo.

Esco dalla venue e passo di fianco a un rivenditore non autorizzato di merch: in cima, sopra il muro di t-shirt cappeggia un convinto “This is not the last tour”, il nome della tournée in corso. Ridendo tra me e me penso a che “truffa” sarebbe se invece fosse proprio l’ultimo e mi dirigo verso casa, felice di aver assistito alla performance dei PIL.
Articolo di Marisol Finelli, foto di Linda Lolli
Set List Public Image Ltd Bologna 20 luglio 2025:
- Home
- Know Now
- World Destruction (Time Zone cover)
- This Is Not a Love Song
- Poptones
- Death Disco
- Flowers of Romance
- The Body
- Warrior
- Shoom
- Public Image
- Open Up (Leftfield cover)
- Rise
- Annalisa/Chant
