![Speedgöat + Electrocution + Sadist live Brescia](https://www.rocknation.it/wp-content/uploads/2023/08/SADIST-foto_SimonaIsonni2023-15-1024x576.jpg)
Agosto significa, in quel di Brescia, un appuntamento con la musica, lo stare insieme e la condivisione: significa Festa di Radio Onda D’Urto, che giunge quest’anno alla trentunesima edizione e che si svolge dal 9 al 26 agosto. Creata dall’emittente nel 1992 come via di autofinanziamento, legata apertamente a ideali antifascisti e antirazzisti, questa festa nel corso degli anni non ha fatto altro che crescere e rafforzarsi, con ampi spazi dedicati a varie attività oltre che a concerti che spaziano dal Rap, al Punk, alla Dance, al Metal. Ero alla serata del 17 agosto, senza dubbio una delle più movimentate e ad alto voltaggio e che vede sul palco nomi di grande esperienza. Il caldo è infernale mentre aspetto di entrare, e la coda di persone alle mie spalle si fa sempre più lunga e vociante; mi distraggo osservando la struttura del retro del palco, che torreggia imponente già da lontano. Una volta entrata nel pit, mi sento minuscola davanti alla maestosità dello stage.
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Ad aprire le danze abbiamo una band di casa, i bresciani Speedgöat, che col loro Speed Metal evidenziano l’influenza di band come Motorhead, Venom, Judas Priest.
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Attivi da due anni, freschi freschi quindi, i nostri potenti ragazzi hanno però una storia niente male alle spalle: il bassista, frontman e vocalist Nicco, e l’energico chitarrista Feddo sono anche membri della country-metal band Hell Spet, attiva dal 2011 e con centinaia di presenze in locali e festival della penisola; Helgast invece, batterista instancabile, milita nel metal estremo italiano dagli anni 90 ed è stato membro di una storica band occult metal piemontese, i Mortuary Drape.
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C’è un buon numero di persone a rumoreggiare sotto il palco, stuzzicate dai decibel che il nostro trio riesce a generare, anche se molti li seguono da lontano, all’ombra oppure, data l’ora, dal tavolo della cena. Una buona esecuzione della loro set list, una promessa nel panorama metal nazionale.
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Cambio palco rapidissimo ed ecco sul palco la seconda band di stasera, i bolognesi Electrocution, accolti da fan festanti che si accalcano in transenna ed aumentano visibilmente di numero col passare del tempo.
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Talentuosa e storica formazione death metal attiva dal 1990, registrano nel 1993 una vera perla del Metal italiano, di cui andare fieri e orgogliosi: l’album ” Inside The Unreal” è uno dei più rappresentativi dell’epoca, che riesce a farsi largo e a diventare un vero e proprio cult tra uscite di nomi più altisonanti, a quegli anni, e un must tra gli amanti del Metal estremo italiano.
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Questo, unito alle innegabili capacità artistiche della band, valse loro l’occasione di condividere il palco con gruppi di importanza mondiale come per esempio i Carcass. Dopo uno scioglimento e una réunion, non dimenticano assolutamente le loro origini, quando il Death Metal era soprattutto impatto e ferocia, ma si aggiornano offrendo anche melodie ricercate, che spaziano dallo stile sinistro del Death Metal nord europeo al ritmo serrato del classico sound americano. La prova vocale di Mick Montaguti, frontman energico e acclamato a gran voce dai fan, è unica e molto personale, ti resta incollata nel cervello, oltre ogni aspettativa.
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Le esibizioni individuali sono incredibilmente serrate e tecniche, senza essere eccessivamente appariscenti; il lavoro delle chitarre è particolarmente straordinario, assoli memorabili e rapidi contrappunti melodici ai loro riff oscuri che mandano i fan in estasi.
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Quando tutto è stato detto e fatto, gli Electrocution si superano ancora una volta: veloci, tecnici, compatti, nonostante qualche problema tecnico risolto in breve tempo, giungono alla fine di un live a mio parere di rara qualità, caratteristica che non è mai mancata nella loro lunga carriera, anche al confronto con la scena estera e ai suoi nomi da primo posto nelle line up.
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L’entusiasmo dei presenti che si scatenano in pogo nelle prime file e urlano a squarciagola le canzoni ci ribadiscono che, assolutamente, il Death Metal old school non ha nessuna intenzione di morire.
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Quando finalmente il sole scende, dandoci un po’ di tregua dal caldo torrido, e le ombre ci permettono di apprezzare appieno il pazzesco impianto luci del mastodontico palco, ecco il turno dei Sadist, band prog death metal genovese nata nel 1991, leggenda tra le leggende: le persone fluiscono in un flusso continuo e cercano di avvicinarsi il più possibile alla transenna, sudati, impolverati, ma sono tutti lì per loro.
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Più di trent’anni di esperienza sui palchi più prestigiosi nei festival di mezzo mondo, di supporto ai nomi più importanti del metal mondiale: dagli Iron Maiden, ai Megadeth, Ozzy Osbourne, Slayer e molti altri; uno dei loro album, “Hyaena”, viene nominato tra i migliori album metal al mondo del 2015. Questo, e molto di più, sono i Sadist, vero e proprio portabandiera del Progressive Death Metal.
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Il loro ingresso sul palco è accolto da applausi, grida, gente che si salta sulle spalle e polverone: la carica e lo scambio emotivo che questa band ha con il pubblico da sempre, stasera è particolarmente caloroso, e non è solo un fattore climatico. L’interazione con i presenti persevera per tutta la durata del concerto.
Il vocalist Trevor , sempre superlativo in tutta la sua performance, ha dipinto sul volto l’affetto, ampiamente ricambiato, che ha per i suoi fan, il suo popolo del metal.
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La scaletta, per l’immensa gioia di tutti, offre brani storici e brani più recenti; per esempio risale al 2022 “Accabadora”, tratto dall’album “Firescorched” , ispirato ad una figura sospesa tra mito e realtà, tipica del folklore sardo: pezzo notevole, di ispirazione thrash e inserti orientaleggianti. Questa è la nostra vita, prende a spiegare Trevor a un pubblico estasiato: Diffidiamo da quello che ci propinano, noi siamo questo popolo, fanculo gli altri!
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Si passa quindi a un brano tratto da un album storico, ” The Attic And The World Of Emotions ” da ” Season In Silence” , sesto album dei Sadist pubblicato nel 2010. Un brano da salto, come dice il nostro Trevor in gran forma: Saltiamo tutti insieme, senza farci venire un infarto … lo farete tutti? Ci siamo? Anche là in fondo? E indica chi in fondo nelle ultime file già saltella per dimostrare entusiasmo, e vi assicuro che in questa serata il solo atto di respirare costa litri di sudore.
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Eppure, appena vengono intonate le prime note di questa canzone, ecco le mani in aria, le urla, il pogo, i salti, e anche la band salta insieme al suo adorato pubblico. Come faccio a non amarvi? Ancora una volta Trevor non manca di sottolineare il suo coinvolgimento emotivo. Altro brano da salto è “Tribe”, tratto dall’ omonimo album del 1996, che tra l’altro è difficilissimo da trovare: viene dedicato, chiaramente, alla tribù del metallo e al fratello presente in prima linea. Emozioni da portare nel cuore per sempre! Accompagnateci in questo delirio, questa è “Tribe”! This is “Tribe”!
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Ecco di nuovo i salti, le mani al cielo, al ritmo di un viaggio sonoro fuori dal tempo, un Prog Death raffinato e perfetto come sempre, in una sapiente sovrapposizione di armonie, dinamiche e atmosfere.
“Tribe”, davvero, è un brano che accompagna l’ascoltatore piuttosto che prenderlo a martellate.
Si termina questa eccellente performance con ” Sometimes They Come Back”, brano del 1993 tratto dal primo, bellissimo album “Above The Light” . Un fantastico inno, semplicemente, che viene dedicato a tutti i presenti: lenta in apertura, si velocizza grazie a un drumming velocissimo e mozzafiato, per poi rallentare di nuovo e ripartire in quinta con feroci riff.
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Cosa si può dire, se non che i Sadist hanno ulteriormente infuocato la scena facendoci sudare anche l’acqua del battesimo?Si ritirano dopo un’esibizione memorabile, in un tripudio di applausi e fan in festa, mentre in transenna troneggia, fin dal primo pomeriggio, una bandiera brasiliana a ricordarci chi saranno gli headliner di questa caldissima e sentita serata.
Questa però è un’ altra storia e ve ne parlerò nel prossimo report.
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Articolo e foto di Simona Isonni