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Sweet Home Pistoia – 40 anni di Festival Blues

Evento fondamentale per chi sa bene quanta importanza ci sia nella storia di questo festival

Sweet Home Pistoia foto_Giulia Breschi

40 anni di Festival Blues. Un teatro trasformato in un juke joint per una notte che resterà sospesa nel tempo. Ogni evento è un’opportunità. Gli spettacoli live, in quanto arte dal vivo, lo sono particolarmente e i concerti, se vogliamo, appartengono a questa categoria in modo ancora più netto; perché, spesso, sono legati a contesti o situazioni particolari e irripetibili. Poter dire “Io c’ero” è una fortuna che capita solo ai testardi o ai baciati dalla dea bendata. L’8 dicembre 2021, al Teatro Manzoni di Pistoia, siamo stati sia testardi che fortunati. Ogni posto disponibile in sala era occupato da una persona che avrà dopo quest’evento un cuore al ritmo di 12 battute blues.

40 anni di Pistoia Blues sono una tappa fondamentale e sicuramente da festeggiare per chi sa bene quanta importanza ci sia nella storia di questo festival e quanta diffusione culturale sia passata di qui e da questa città. La serata è stata un autentico turbinio di emozioni, fra ricordi con le letture del libro “Sweet Home Pistoia” che uscirà a gennaio 2022, i video e gli audio delle passate edizioni o i racconti dei protagonisti, tra cui il patron Giovanni Tafuro e il capo della sicurezza da sempre Silvano Martini, e, a seguire, un concerto che ha visto alternarsi sul palco alcuni fra gli artisti più importanti della scena del Blues italiano nel mondo.

L’apertura del live ha catapultato il pubblico, dalle comode poltrone della sala, fino alle paludi della campagna di New Orleans, le migliori swamp della Louisiana, con un duo semiacustico composto da Andy J. Forest e Roberto Luti. Un americano che ha vissuto e suonato tanto anche in Italia e un italiano che ha vissuto e suonato tanto anche negli Stati Uniti: un incrocio strano di destini nelle loro vite, quasi come il crocicchio di Robert Johnson? Non lo sappiamo e non lo sapremo mai, ma l’effetto è quello. L’armonica di un artista eclettico come Forest riesce sempre a sorprendere con tagli e fraseggi che richiamano il calore del sud degli Stati Uniti e la sua voce, sempre profonda e cadenzata, arriva dritta allo stomaco come solo i migliori pugili sanno fare.

La chitarra graffiante e seducente di Roberto Luti è un suono costante che vibra nell’anima e la tiene sveglia come fa una femme fatale con tutti gli sguardi che incontra. Immaginate la magia che può accadere quando questi due musicisti sono insieme; il passo costante di un Blues che si insinua sulle sponde di un fiume e domina le curve degli argini secondo la propria volontà. Noi andiamo dove vogliono le note. “I’ve Never Been To Chicago”, composta proprio da Forest, con tanto di aneddoto sulla composizione e partecipazione cantata del pubblico, e la versione di “I’m Just Your Fool” sono, senza dubbio, gli apici del gusto per una prima parte di concerto che ha lasciato un segno indelebile su cuori, menti e stomaci.

Un rapido e coordinato cambio palco ci ha presi per mano e condotti verso un altro duo semiacustico con un’altra testimonianza di storia del Blues in Italia e con altri due porta-mojo italiano, che preferiamo a porta-bandiera, nel mondo: Fabio Treves, il puma di Lambrate, insieme al compagno di mille e più avventure: Alex Kid Gariazzo. Qui assistiamo a un viaggio fra Africa, sud degli States e Italia; il tutto attraverso alcuni grandi classici del genere che vengono rivisitati con talento, passione, amore ed energia. “Walkin’ Blues”, “Fishin’ Blues”, “The Devil And The Deep Blue See”; opere che trovano nella voce e nelle corde di Gariazzo e nelle ritmiche calde, avvolgenti e costanti dell’armonica di Treves una geniale lettura di attualità, semplicità ed eleganza.

La stretta di mano più viva della loro performance rimane la versione completamente acustica di “I Can’t Be Satisfied” per omaggiare uno dei grandi protagonisti del Pistoia Blues e, in generale, della storia delle blue note: Muddy Waters. La poesia di questa loro versione ha acceso il proscenio del palco del teatro e un particolare è stato molto toccante, quando il laccio della chitarra di Gariazzo si è sganciato: è stato come se Muddy Waters volesse imbracciare lo strumento insieme al chitarrista della Treves Blues Band, infilandosi furtivo, e volesse prendere parte al ritmo. La loro esibizione è il dinamismo di due cuori che battono all’unisono nel nome del Blues; percepiamo l’intesa, la sinergia e la comunicazione che vogliono creare con noi. Musica, cultura, empatia e simpatia sono firme garantite quando appaiono Fabio Treves e Alex Kid Gariazzo.

A questo punto, il set cambia stile e si passa, dall’acustico e semiacustico dei duo, all’accoglienza delle band, e che band. C’è un detto comune che recita “nessuno è profeta in patria” e tutti noi pensiamo che sia almeno un po’ la verità, almeno fino a quando non ci troviamo davanti ai veri profeti. Il concerto per i 40 anni del Pistoia Blues, così com’era già successo molte volte in passato, anche in più occasioni del festival, è stata, infatti, l’occasione per stravolgere ancora una volta queste credenze. Sarà che la storia del Blues è molto legata al Voodoo e alla superstizione e, forse, proprio per questo la musica a 12 battute ha il potere di far verificare certi presentimenti oppure di spezzarli a suo piacere.

Nick Becattini, con la sua band, ha avuto il coraggio, il talento e la grinta per spezzare questa diceria ancora una volta. Lui è profeta ovunque con chitarra, voce e Blues, anche nella sua Pistoia che lo ha accolto sul palco già con la pelle d’oca per l’attesa. La chitarra racconta le emozioni attraverso i bending e le note, il volto di Becattini accompagna l’espressività della sua musica, l’Hammond di Keki Andrei è un fedele compagno pronto a sostenere ed eccitare il dialogo con la chitarra, il basso di Renato Marcianò è un costante tunnel che definisce i confini del Soul elettrico della band, la batteria di Enrico Cecconi è quel motore a cui ti affidi per un viaggio coast to coast, instancabile e preciso, le voci di Donatella Pellegrini ed Elisa Ghilardi arricchiscono di R’n’B l’atmosfera e la riscaldano con i giusti tocchi, l’armonica di Mimmo Mollica entra sull’omaggio a Lucky Peterson, da poco scomparso, ed è la visione di quel feeling che rende il Blues così spontaneo e intricato nello stesso momento.

In questa parte del concerto, le emozioni possono esplodere da un momento all’altro. E lo fanno definitivamente su “Space In Between”, lo strumentale struggente che ferma il tempo in un istante di felicità, e sulla versione che offre riscatto a chiunque custodisca un sogno nel proprio cuore di “Dreams To Remember”, dove la luce blu su Becattini entra in gioco e toglie ogni ultima speranza anche ai più gelidi di animo che non vogliono cedere al Blues. Ammirando Becattini sul palco con la band, incontriamo una vera vita dedicata al Blues, comprendiamo cos’è la voglia di esprimersi attraverso l’essere se stessi e raggiungiamo la consapevolezza di non doverci e non poterci mai arrendere perché ci sarà sempre almeno un sogno da ricordare e per cui ci sia ancora ragione di combattere; pura energia Blues.

Proseguendo in drittura d’arrivo in questa serata che resterà uno spazio rosa tra le parole “Pistoia” e “Blues”, abbiamo trovato la band che ha concluso il concerto live: quattro moschettieri dalle risorse musicali, gli Slow Feet: quattro signori con il sapore dell’esperienza in bocca, nelle dita e nei cuori; esperienza perché sono dei saggi ragazzi. Reinhold Kohl al basso e ai cori, Paolo Bonfanti alla chitarra e alla voce, Lucio Fabbri a qualunque strumento gli venisse fornito, eccelso polistrumentista che si è dedicato all’Hammond, al violino e alla chitarra e Franz Di Cioccio alla batteria e alla voce. Divertimento e coinvolgimento assicurati con una bella e ricca serie di Classic Rock rivisitati in chiave più blueseggiante. “My Generation”, “All Along The Watchtower”, “The Last Time”, cantata da Di Cioccio, “White Room”, “We Gotta Get Out Of This Place” e anche altre riproposizioni di canzoni che hanno scritto la storia del Rock internazionale e hanno segnato generazioni di amanti della bella musica.

Ci siamo divertiti, anche per merito del loro abile coinvolgimento, a cercare di indovinare le canzoni perché, un po’ come fa Bob Dylan da tempo, erano ben mascherate dai personali arrangiamenti. Tutte queste versioni che strizzano l’occhio al Blues le possiamo trovare nel loro disco “Elephant Memory” che accende la curiosità già solo con il nome. Anche qua, ci siamo trovati davanti a un muro di groove ed energia che non ha avuto pietà per nessuno: ha travolto tutto quello che trovava davanti a sé. È troppo facile e banale cadere sul morbido parlando di Fabbri e Di Cioccio come storici componenti della PFM che hanno contribuito a rendere eterna la musica e il Rock, o parlare della natura artistica di un uomo come Kohl che sa passare dalla fotografia alla musica con la semplicità di un bambino che cambia gioco e continua a divertirsi, o scrivere dell’importanza di un artista come Bonfanti nel panorama musicale più ampio che abbraccia Blues, Rock e Cantautorato; no, veramente troppo scontato.

In una serata come questa di festa per i 40 anni di Pistoia Blues festival, è più giusto dire che questi sono quattro amici che, invece di ritrovarsi al bar per cambiare il mondo, vogliono suonare Blues e lo fanno talmente bene, miscelando gli ingredienti, le melodie e le ritmiche da riuscire a rendere omaggio anche a Fabrizio De André con una versione de “Il Pescatore” che avrebbe emozionato anche il grande Faber. La loro limpidezza, l’onestà artistica e l’energia stanno proprio nelle scelte semplici, come le bacchette della batteria infilate nei pantaloni di Di Cioccio, o nel presentare i motivi per cui hanno scelto il nome di Slow Feet, con la speranza di suonare con Slow Hand e completare gli arti di un corpo blues.

Potendomi permettere muovo solo, non una critica perché la serata e l’evento sono stati sublimi, ma un lieve dispiacere che, però, sa di Blues e quindi ci sta benissimo, perché la vita non è mai perfetta come la si spera e ti emoziona proprio perché stravolge, a prescindere che lo faccia in positivo o in negativo; sarebbe stato bello rivedere tutti gli artisti insieme sul palco per un grande finale corale. Queste sono le emozioni di una serata che ci porteremo dentro per sempre e a cui potremo sempre rispondere “Io c’ero” o “Ero seduto lì quando il teatro Manzoni di Pistoia, l’8 dicembre 2021, ha ospitato il concerto per festeggiare i 40 anni del Pistoia Blues”

Articolo di Daniele Gemignani, foto di Giulia Breschi          

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