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The Zen Circus live Firenze

Se ne infischiano del politicamente corretto per essere schietti, guardare la realtà dritta negli occhi e svelarne le ipocrisie

C’erano Andrea Appino, Massimiliano “Ufo” Schiavelli, Karim Qqru, Francesco “Il Maestro” Pellegrini e Fabrizio “Il Geometra” Pagni, e qualcuno, ad un certo punto, ha gridato “Valerioooooo!!!”. Li avete riconosciuti, vero? Sono The Zen Circus e la location è l’Ultravox Firenze – Anfiteatro delle Cascine Ernesto De Pascale dove sabato 11 settembre 2021 il gruppo si è esibito in una performance trascinante e liberatoria per presentare il loro nuovo progetto “L’ultima casa accogliente”, oltre ai successi che hanno tracciato il loro percorso musicale.

La serata si è aperta con una breve esibizione da solista di Francesco “Il Maestro” Pellegrini, che è salito sul palco armato solo della sua chitarra elettrica e un “Ciao amici” che ha fatto sentire il pubblico a casa, soprattutto mentre l’aria si riempiva delle note di canzoni come “I musicisti”, una confessione che in poche strofe ha messo a nudo pensieri, sensazioni e impressioni di una vita.

Poi le luci si sono abbassate. L’attesa era forte. Lo spettacolo iniziava già guardandosi attorno, vedendo un anfiteatro con una capienza finalmente ampliata che trasmetteva la sensazione di un ritorno alla normalità, le persone con lo sguardo avido puntato verso il centro dell’anfiteatro, le bocche che già accennavano parole della canzone preferita, volti accesi dal desiderio di essere trascinati dalla musica e un ritmo sempre più incalzante del battito di mani che ha accolto l’ingresso della band sul palco.

The Zen Circus non hanno esitato un solo secondo a soddisfare il pubblico: le strofe di “Non” erano state appena accennate, ma l’energia che il gruppo stava trasmettendo era talmente alta che non era possibile non sentire l’impulso di muoversi, alzare le mani al cielo, saltellare seduti al proprio posto: una lotta tra la voglia di alzarsi e il divieto, tra la regola e l’istinto, ma quando la musica ti trascina, il corpo trova sempre il suo spazio per muoversi.

La band era un’esplosione di energia, canzoni come “Non voglio ballare”, “Catene”, “Come se provassi amore “si sono susseguite una dietro l’altra con una potenza liberatoria, la stessa che faceva saltare Appino e “Ufo” sul palco. C’era quella voglia di suonare e di vivere che nasce dal non sapere cosa succederà dopo “quindi godiamocela”, ha incitato il frontman: un invito a godersi quel momento, quel concerto, quelle persone, quella musica suonata dal vivo, quella voglia di stare insieme perché abbiamo ben capito che non sappiamo cosa ci riserva il futuro a partire da domani, perché abbiamo capito che le promesse non sempre vengono rispettate.

Per la band pisana l’espressione “andrà tutto bene” è solo un placebo retorico e lo vogliono gridare a tutti con la loro musica, le loro performance: se ne infischiano del politicamente corretto per essere schietti e veraci come la loro terra, guardare la realtà dritta negli occhi e svelarne le ipocrisie e le deformità, per gridare la voglia di cambiamento e di normalità. La voce e le parole graffianti di Appino hanno invitato perciò il pubblico a gridare con lui il titolo della canzone “Andate tutti affanculo” e  mentre la band prendeva la realtà a schiaffi per scuoterla dalla sua apatia, la deriva rock diventava forte e il palco tremava in un turbinio di musicisti e suoni che ci ha fatto sentire lassù con loro o loro laggiù con noi.

I brani coinvolgevano, la voce del pubblico li inseguiva, per poi trovarli e vederci i propri pensieri riflessi. A un tratto la chitarra di Appino ha arpeggiato delle note per ricordarci che ” Sfreghi le mani invece di applaudire/Mentre la vita è solo un grande bar “: il pubblico si è calmato, si è avvicinato al cantante nella forma di un’unica voce che sussurrava per accompagnarlo in “Appesi alla luna”, un viaggio amaro e surreale a cui si sono aggiunti con delicatezza, quasi a chiedere permesso, anche la tastiera di  Fabrizio “Il Geometra” Pagni, la chitarra di  Francesco “Il Maestro” Pellegrini e il tamburo di Karim Qqru in  un magico crescendo di suoni, parole, persone.

Il ritmo è tornato incalzante con “Canta che ti passa”, la frase edulcorata per far ingoiare quella pillola che non va proprio giù, e “noi ci arroghiamo il diritto di non farcela passare mai” ha urlato al pubblico Appino, e con l’aiuto di tutta la band ha coinvolto gli spettatori in un brano che è parole ma anche la voglia di gridare un no che raccoglie tutte le generazioni presenti, perché la musica che prende è trasversale a qualsiai età. Lo spettacolo è continuato tra le canzoni che esplodevano dal palco e le battute dei musicisti. Massimiliano “Ufo” Schiavelli ha reso omaggio alla storia concertistica dell’Anfiteatro di Firenze chiamando ad alta voce “Valerioooooo!” e invitando il pubblico a cercarlo con lui: una cosa da boomer, ma bellissima!

Un’eredità lasciata alle nuove generazioni nella speranza che quello spazio possa accogliere sempre più concerti in futuro. Intanto sopraggiungeva la spietata “Bestia rara”, eseguita in un crescendo sempre più potente tanto che si aveva l’impressione che la musica volesse distruggere il palco con le sue luci aggressive, la canzone non lasciava scampo e ti strappava un velo dagli occhi: The Zen Circus erano un uragano. Tuttavia, a ogni tempesta, segue la pace, è così, mentre le luci si attenuavano, lo spazio si è riempito del suono della tastiera di Pagni e della sola voce di Appino che hanno regalato una performance unica di “L’amore è una dittatura”, dandone un’interpretazione delicata ma incisiva come il sentimento di cui parla.

La serata è proseguita con la canzone che ha dato il titolo al loro nuovo album e al tour “L’ultima casa accogliente”, per scivolare gradualmente verso la fine accompagnata da cori, sorrisi e una voglia incontenibile di essere partecipi di questo live. La band non ha tardato a cogliere questo messaggio che si è fatto sempre più spazio per tutta le sera, così mentre Appino si è rivolto al pubblico pungolandolo con  “se stiamo tutti zitti si sente ma dovete cantare anche voi”, i musicisti in acustico hanno lanciato le prime note di “Vent’anni”: per una canzone il pubblico è diventato protagonista, le persone non erano più spettatori ma parte vera di un live, di un evento vivo come dice la parole stessa, e non più con un gruppo su un palco, ma con degli amici che li hanno salutati lasciando come ricordo un’emozione indelebile. Che altro possiamo dire di più? Grazie, The Zen Circus! Vogliamo rivedervi presto!

Articolo di Alma Marlia, foto di Lia Baccelli

Set list The Zen Circus Firenze 11 settembre 2021

  1. Non
  2. Non voglio ballare
  3. Catene
  4. Come se provassi amore
  5. Il fuoco in una stanza
  6. Andate tutti affanculo
  7. Catrame
  8. Ilenia
  9. Fino a spaccarti
  10. Appesi alla luna
  11. Canta che ti passa
  12. Figlio di puttana
  13. Bestia rara
  14. L’amore è una dittatura
  15. L’ultima casa accogliente
  16. L’anima non conta
  17. Viva
  18. Mexican requiem
  19. Vent’anni
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