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Tom Morello live Villafranca di Verona

Grande festa collettiva, dove il pubblico pagante è (ri)diventato corpo sociale unito e attivo

Vorrei che il tempo si fosse fermato in loop, lunedì 8 luglio al Castello Scaligero di Villafranca, alle porte di Verona, solo per poter assistere ancora, e ancora, e ancora, al finale del concerto di Tom Morello. Un trittico di canzoni che è arrivato, come una bomba, al termine di uno show fisico, energico, militante e curato nei minimi dettagli, senza però orpelli visivi a distrarre il pubblico, e che l’ex chitarrista dei Rage Against the Machine ha messo in scena nella calda bassa veronese.

Un concerto che ha seguito un canovaccio scritto, quanto meno nella prima parte, dove vengono eseguiti sempre gli stessi quattro brani, e appunto nel finale, con tre esecuzioni che emozionano, incantano, fanno ballare e inchiodano il pubblico al prato, che al termine dello spettacolo non se ne voleva andare via. Nel dettaglio, l’introduzione della serata è dedicata a “Bella Ciao”, perché Tom Morello fa subito capire che, anche se son passati gli anni, resta comunque un musicista impegnato e impegnativo.

Il secondo brano vede sul palco il figlio 13enne Roman Morello, per l’esecuzione della canzone “Soldier In The Army Of Love”, brano che li ha visti collaborare in questo 2024. I due fanno letteralmente faville, e la mano del padre la si è sentita e la si è riconosciuta in quella del figlio, che snocciola note sulla tastiera della sua sei corde, come se fosse un navigato chitarrista rock. A quel punto, sceso dal palco il giovane Morello, sulle tavole allestite nel giardino del castello è rimasto solo il padre. E lo show decolla.

Sinceramente, sono contento di aver assistito a uno show di fatto esclusivo – forse 1000 persone in tutto – e, allo stesso tempo, mi spiace che fossimo così pochi. In ogni caso, dato che quello che si stava ascoltando era davvero magico, mi sono seduto in mezzo all’enorme spazio vuoto del giardino del castello e, con il viso al cielo, mi sono lasciato trasportare dalla musica.

Un’esibizione fisica, dove Morello ha messo in scena un rapporto fisico con la sua chitarra. Nulla di pornografico, nell’etimo, e cioè di osceno, fuori scena dunque. Perché il tutto si è svolto sotto gli occhi dei presenti, con un coinvolgimento carnale che Morello ha saputo comunicare sia con il suo modo di suonare, selvaggio e ruvido, sia con il legame amoroso con la sua sei corde. Morello ha infatti messo in gioco, nelle note, e nell’esibizione, tutto il suo corpo, e ha suonato con lingua, denti, mani, braccia e gomiti.

Ha strizzato le corde; le ha accarezzate; le ha frustate; le ha mollate e tirate; le ha fate vibrare e le ha pizzicate. Allo stesso tempo il musicista ha usato tutto della sua chitarra, dal capotasto alle zone più impervie del manico, passando anche per l’area delle chiavi di accordatura. Nulla è rimasto escluso dalla produzione del suo suono. Naturale, dunque, che i pezzi con la chitarra acustica abbiano rotto la magia, e siano stati applauditi meno dell’esibizione con le chitarre elettriche.

Insomma, Morello si è letteralmente ‘fatto’ la sua chitarra, nell’accezione giovanile del termine. Tutto questo con grande naturalezza, passione e felicità nel suonare. Poco gli è importato dei numeri della platea. Morello ha dimostrato di essere non solo un grande professionista, ma anche un artista da palco, capace, per osmosi, di influenzare chi sta suonando con lui.

Così, quando a metà concerto, è arrivato Thomas Raggi dei Måneskin, non è accaduto quello che solitamente succede quando i grandi nomi dell’Olimpo portano in scena artisti italiani. Solitamente infatti son fischi. Il perché è semplice: come pubblico eravamo tutti presi dall’assistere a questo atto erotico fra Morello e la sua chitarra, e Raggi non ha fatto il personaggio alla Måneskin – pur se hanno suonato insieme “Gossip” – ma si è calato nella parte, diventando partner di Morello. Il risultato è stato eccellente, soprattutto nel brano “Kick Out the Jams”, della band proto-punk MC5. Canzone tecnica, dove le chitarre di Raggi e Morello si sono inseguite per tutta l’esecuzione, sfoderando riff come scintille in un’officina.

A seguire Morello ha regalato un’altra grande cavalcata di successi, tutti suonati e mixati insieme con la sua sei corde. Tutto questo prima di arrivare al grande finale, di cui vi dicevo. Senza esagerare, si tratta di una delle chiusure di concerto più belle alla quale ho assistito.

Il primo brano è “Like a Stone”, degli Audioslave, altro progetto del quale Morello è stato fautore. Canzone che fa capire subito che il chitarrista, per questo finale, sarebbe tornato ad abbracciare in modo carnale la sua sei corde. Si prosegue con “The Ghost of Tom Joad”, brano che Morello ha suonato con Springsteen in “High Hopes”. La versione è la stessa, ma dal vivo Morello vi aggiunge quella carica erotica che trasforma una grande canzone, che racconta un’America del Nord ferita, in un grande grido di protesta. A quel punto la platea è tutta nelle dita di Morello, che non solo canta in maniera perfetta questo brano, ma lo veste con abiti impegnati, politici e sociali. Rigenera così una grande canzone, che resta tale, ma che diventa capace di incidere nella nostra realtà.

A seguire, dopo averci illuso che ci avrebbe regalato una canzone del folklore italiano, arriva il grande classico dei Rage Against the Machine. Forse davvero Morello era convinto che in Italia i classici dei Rage siano diventati parte del folklore. O, con il senno di poi, era in realtà ironico? Chissà, chi c’era sa cosa rispondere…

“Killing in the Name” ha fatto saltare tutte le mille persone, e anche io non ho potuto che alzarmi in piedi, e ricordare così lo splendido concerto all’Heineken Jammin Festival del 2000. Morello, padre e figlio, hanno fatto cantare, saltare e ballare il pubblico, e ancora una volta l’aspetto fisico di questa esibizione è tornato predominante. Sia chiaro: il corpo, ogni corpo, è politico, e Morello lo sa bene. Ed ecco che questa scelta musicale del finale non è stata casuale, come d’altronde tutta la sua musica e il suo sound, che pesca dal Rap, dal Metal, dal Rock, dal Funk e dal mondo dell’Alternative statunitense. Quando tutta la platea ha cantato e saltato, come un unico corpo, il miracolo dei Rage si è riproposto, ed è chiaro – per chi ha vissuto quell’ultima rivoluzione musicale grezza e genuina, non costruita a tavolino – quello che oggi la musica non è più: esperienza collettiva e voce di protesta. In una parola: arte.

Tutto questo appare ancor più chiaro ed evidente nel finale, dove Morello fa sua “Power to the People” di John Lennon.  A quel punto il concerto è ormai una grande festa collettiva, che ricorda la chiusura delle esibizioni dei Pearl Jam con “Rockin’ in the Free World”. Si è ballato, si è cantato e ci si è abbracciati, in una grande festa collettiva, dove il pubblico pagante è (ri)diventato corpo sociale unito e attivo. Potere della musica, quando questa ha dei contenuti veri da comunicare. Niente bis, come è giusto che sia. Lo diceva anche Guccini dopo “La Locomotiva”: i bis li fanno solo i fighetti.

Articolo di Luca Cremonesi, foto di Stefano Sterbizzi

Set list Tom Morello 8 luglio 2024 Villafranca (VR)

  1. Bella ciao
  2. Soldier in the Army of Love
  3. Vigilante Nocturno
  4. Testify / Take the Power Back / Freedom
  5. One Man Revolution
  6. Secretariat
  7. The Road I Must Travel
  8. House Gone Up in Flames
  9. The King of Hell
  10. Keep Going
  11. Black Spartacus Heart Attack Machine
  12. Let’s Get the Party Started
  13. Hold the Line
  14. GOSSIP
  15. Kick Out the Jams
  16. Bombtrack / Know Your Enemy / Bulls on Parade / Guerilla Radio / Sleep Now in the Fire / Bullet in the Head
  17. Like a Stone
  18. The Ghost of Tom Joad
  19. Killing in the Name
  20. Power to the People
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