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Vasco Rossi live Imola

Nessun festival. Vasco e basta. Vasco e tanto basta per portare 86 mila persone davanti al palco

Vasco Rossi foto_RobertoFontana2022

Finalmente. Finalmente Vasco live dopo tre anni. Finalmente Vasco in un vero tour, da Trento a Messina, passando per Milano, Firenze, Napoli, Roma, Bari, Torino, Ancona e Imola, show del 28 maggio del quale parleremo. Undici date, alle quali si aggiunge il soundcheck, riservato agli iscritti al fans club (in realtà un concerto completo a tutti gli effetti). Insomma, un tour vero insomma, con un album nuovo da portare in giro – letteralmente – per tutta la Penisola; una serie di concerti che non aspettano i fans in una sola location, ma che li va a cercare in giro per il Paese. Non capitava da tempo. Finalmente, come ha ricordato lo stesso rocker, si torna insieme. Finalmente ripartono, e lo fanno con Vasco, i grandi concerti all’aperto.

Finalmente… è la parola chiave di questo tour ed è l’ossatura di uno dei due discorsi di Vasco all’interno di uno show di quasi 2 ore e 45 minuti complessivi con 28 canzoni in scaletta (in alcune date sono state 29, con “Delusa”, tagliata, che fa da jolly). Finalmente si torna insieme, nel rito collettivo del grande live, e Vasco non nasconde la sua emozione di rimettere piede sul palco. Gli si può credere perché se a Trento, al soundcheck , era palese – oltre ad essere ricordato nel primo discorso – negli altri show il finalmente è ribadito, come mantra, anche prima di cantare i pezzi nuovi o quelli usciti negli anni del Covid (“Se ti potessi dire” e “Una canzone d’amore buttata via” ). Nel caso specifico poi del concerto di sabato 28 maggio 2022 si può anche aggiungere Finalmente a Imola (lo ha gridato anche Vasco) dopo alcuni anni di assenza.

La prima volta fu (e si può usare il passato remoto) nel 1998. Fu anche la “prima” dell’Heineken Jammin’ Festival a Imola, all’autodromo, e sul palco, al fianco di Vasco, c’era ancora Massimo Riva alla chitarra. Da quel concerto si generò un doppio live; il singolo “Rewind” in versione dal vivo; un Dvd e il tour dell’anno successivo. Poi, sempre all’Heineken Jammin’ Festival, Vasco tornò nel 2001. La terza volta fu nel 2005, stessa location e stessa manifestazione. Il Festival, poi, si spostò a Mestre, ma quella è un’altra storia.

La data originaria di questo concerto era il 20 giugno 2020, a esattamente 15 anni dall’ultima apparizione all’Autodromo. Quello che è successo è storia nota: il pipistrello, lo spillover e, come conseguenza, la Pandemia. Il Vasco Nonstoplive Festival venne così posticipato, per ben due volte, e così siamo arrivati a sabato 28 maggio 2022. Finalmente. Si è trattato così di un concerto semplice, senza cioè il contenitore di alcun festival. Vasco e basta. Vasco e tanto basta per portare, così dicono i dati ufficiali, 86 mila persone davanti al palco, nel prato e sulla Rivazza. Il popolo di Vasco, insomma, è tornato a casa perché Imola, come San Siro e l’Olimpico d’altronde, è una delle case del rocker di Zocca e del suo popolo. 

Le sorprese non sono mancate, dalla pioggia, dopo giorni di caldo torrido, allo show di Emma (Vi siete divertiti con la Emma vero? Ha grinta la Emma ricorderà Vasco nel mezzo del suo show, con quell’articolo davanti al nome che denota tutto l’affetto, di matrice emiliana, che da persona adulta si nutre per i giovani) fino al più grande campione di tutti i tempi Valentino Rossi, letteralmente tirato sul palco da Vasco. L’organizzazione quasi impeccabile di Imola, a differenze delle due date precedenti, consente di concentrarsi solo sullo show.

La scaletta non cambia, pur se non ci sarà “Delusa” (come invece a Trento e a Milano), e il concerto si apre con la nuovissima “XI comandamento”, brano che arriva dall’ultimo lavoro “Siamo qui”. La novità principale di questo tour è evidente nelle dieci canzoni iniziali prima dell’interludio. Si tratta di tre fiati, disposti alla destra del pubblico, e cioè sax (Andrea Ferrario), tromba (Tiziano Bianchi) e trombone (Roberto Solimando). Chi segue Vasco sa bene che i fiati non sono estranei al suo percorso artistico. Tuttavia, aggiungerne di colpo tre dopo i saluti del post Modena Park allo storico sax Andrea Innesto “Cucchia” era non solo una sorpresa, già annunciata però in aprile sui social ufficiali, ma anche una scommessa. Si trattava, infatti, di capire come si sarebbero inseriti nel sound rock, con ormai qualche innesto pop, che il chitarrista Vince Pastano ha plasmato, in questi ultimi anni, nella vesta di erede della produzione dopo la scomparsa dello storico Guido Elmi. Detto in modo semplice e grossolano, il rischio di un effetto stacchetto televisivo, soprattutto nel finale dei brani, era dietro l’angolo, come d’altronde la possibilità di addolcire troppo suoni e sonorità che, per loro natura, nascono e sono rock. Per capirci, se avete ascoltato l’album “Siamo qui” sapete di cosa sto parlando, quanto meno su alcuni pezzi. Nel caso, basta fra girare “Siamo qui” e, a seguire, “Cosa succede in città” per capire come nel 1986 i brani erano nati con i fiati; nel 2021 i fiati invece sembrano proprio essere stati aggiunti per completare, arricchire e riempire le canzoni.

Il rischio, però, è stato quasi evitato, ma non del tutto. Se la prima parte funziona bene, è anche perché ai pezzi nuovi, “XI comandamento”, “La pioggia alla domenica” e “L’amore l’amore”, si seguono e si mescolano ad alcuni brani anni ’80 che tracciano il cammino sonoro di questa prima parte dello show. Il modello, insomma, è quello già rodato al concertone di Modena Park nel 2017.  “L’uomo più semplice”, singolo del 2014 inciso dopo il lungo stop imposto dalla malattia, e secondo brano in scaletta, ricorda a tutti che Facciamo bene a stare insieme stasera / Facciamo bene perché è sabato sera / Facciamo bene, facciamo perché / C’è l’occasione e l’atmosfera. Qui i fiati funzionano in modo splendido, come già succedeva nell’originale, e come accade in “Ti prendo e ti porto via”, singolo di successo del 2001. “Amore aiuto”, da “Vado al massimo” del 1982, è una perla e un omaggio a quando c’erano le discoteche e si poteva sempre ballare ricorda Vasco.

L’unica nota stonata di questa prima parte è “… Muoviti” brano che Vasco non proponeva live da molto tempo. Nelle orecchie dei fans è e resta l’apertura, storica, di “Fronte del palco”, i primi due live che segnano il passaggio ai concerti negli stadi e, dunque, la nascita del mito. In quella versione live il brano era puro rock con le chitarre tirate di Davide Devoti e, soprattutto, di Andrea Braido. Anche in “Liberi Liberi” del 1989 “… Muoviti”, oltre ad aprire il disco, era un brano rock (ad onor del vero, meno duro della versione live), ma di certo non era un pezzo da discoteca, né da ballare e tanto meno da fiati. Questo nuovo arrangiamento, presentato da Vasco come un altro pezzo degli anni ’80, quando si ballava ogni sera, coinvolge perché si è ormai nel mood di uno show che non può non coinvolgere. Si è lì, nel mezzo dei 90 mila, anche per ballare, per far festa e per stare insieme. Allo stesso tempo però c’è anche chi ascolta e si vuol godere non solo il Vasco da mega show, ma le sue canzoni e quello che hanno saputo raccontare anche grazie ai suoni rock. Non va mai dimenticato però – come De Gregori e, soprattutto, Bob Dylan insegnano – che ogni artista fa della sua opera – in questo caso la musica – quello che vuole. E così si espone sia al giudizio dei fans (che sollevano il pollice) che a quello degli ascoltatori (che tentennano un poco). Comunque, e vale la pena spoilerare, sarà davvero l’unica nota stonata della serata. Ci sarà, poi, nel finale, una leggera dissonanza, ma forse è tale solo per chi scrive. Vedremo.

L’interludio è la pausa per Vasco ed è il momento musicale della super band che, da anni, con vari innesti lo segue. L’ossatura è quella storica: batteria, chitarra, cori, tastiere e programmazione, e basso. Poi ci sono stati cambi e sostituzioni. Ai titolari inamovibili come Alberto Rocchetti (tastiere), Stef Burns (Chitarra), Matt Laug (Batteria) e Frank Nemola (cori, tastiere e programmazione), si aggiungono lo special guest Claudio Golinelli “il Gallo” (basso), e Andrea Torresani (basso), Beatrice Antolini (cori, percussioni e piano) oltre al capo banda Vince Pastano alla chitarra. Squadra che vince non si cambia e l’interludio conferma la qualità dei musicisti, con un mix che vede ripescati alcuni passaggi di chitarra di interludi del passato (2003 e 2008). L’interludio si conferma una piacevole tradizione, anche se questa volta si va verso l’ambient, nella prima fase, e poi si torna a sonorità più rock, senza esagerare. Il perché è presto detto, quello che arriverà dopo è un muro sonoro di canzoni classiche dove domina, senza orpelli, il suono rock forgiato da Vasco. Prima di salutare l’interludio, però, vale la pena ricordare che la maggior parte del pubblico, durante l’esecuzione, posta sui social, si riposa, prende da bere e da mangiare. Fondamentalmente fa altro.

Il concerto estivo di Vasco (qualsiasi data sia) è ormai un rito collettivo. E’ una condivisione e un momento in cui si esorcizza e si scarica il corso dell’inverno appena passato. Ha dell’incredibile se si pensa che per anni Vasco è stato il personaggio che avrebbe rovinato una generazione; che stava rovinando la musica italiana; che avrebbe portato una generazione allo sbando con il mito della vita spericolata. E invece, ora, ai concerti ci sono decine di migliaia di persone; nonni, figli e nipoti; genitori e figli; adolescenti e adulti. Tutti che vanno da Vasco; andiamo da Vasco; siamo qui da Vasco si sente dire a chi chiama casa e amici con il cellulare. L’Italia spaventata da Vasco è oggi in coda per lui, per cantare con lui, per passare una serata con lui. Il pubblico vuole cantare quelle canzoni, le sente sue e le vive sulla pelle. Le braccia si alzano, le lacrime scendono sui volti di molti; per tanti quella che parte è sempre la nostra canzone; per altri Vasco ha capito cosa penso e vivo. Per tutti Vasco non è un rocker, ma un amico che si ritrova, ogni anno, come accade in vacanza, con i vicini d’ombrellone. Ed è per questo che Vasco ancora divide chi lo ama, al di là dell’essere semplice fans, e chi lo odia e non accetta di andare a sentire, per valutare di persona, uno show confezionato con cura, meticolosità, passione e dedizione. Nulla è lasciato al caso, neppure i movimenti sul palco (gli stessi ogni sera), se non le emozioni, gli sguardi e quei suoi occhi profondi e azzurri che lo rendono ancora credibile quando canta e fa cantare i suoi brani. Sono onesto solo nelle mie canzoni ha ricordato più volte Vasco. E chi lo ascolta lo sa. Non ha bisogno d’altro. La musica è anche questo, e cioè momento collettivo da condividere. Come d’altronde è anche piccola e contenuta esperienza sperimentale d’ascolto in club e teatri. Le due situazioni devono convivere, senza scadere nel solito dualismo italiota che dura dai tempi di Coppi e Bartali e ancora non ha finito di mietere vittime e costruire barricate.

La seconda parte del concerto è solo rock. Certo, leggermente addolcito dalla cura Pastano, ma resta sempre rock buono, sano e genuino. Il trittico con il quale Vasco torna sul palco è da brividi. La nuova “Tu ce l’hai con me” suona meglio live che sul disco; il grande classico “C’è chi dice no” nell’arrangiamento rock-metal che ormai va per la maggiore (non quello dell’album del 1987 forgiato da Maurizio Solieri, per intenderci) e poi “Gli spari sopra”. Il giro di basso iniziale non vede entrare in scena Golinelli, prima novità, ma conferma Torresani alle cinque corde. È un giro pieno, potente, che non fa rimpiangere il Gallo, ma che neppure lo scimmiotta e lo imita. Anzi, è una vera botta di energia che domina su tutti gli altri suoni, batteria compresa. E questa è la seconda novità.

A seguire è estasi Burns con “Stupendo”, dove il chitarrista americano fa capire – come se servisse – perché Vasco non lo ha più mollato dal 1995 ad oggi. Le sue linee sono morbide e i suoi solo sono velluto stirato di fresco. Già lo si era capito nella prima parte del concerto, nel solo della nuova “L’amore l’amore”, dove Pastano e Burns si erano alternati per qualche minuto prima dell’interludio. Stesso gioco nel finale di “C’è chi dice no”. In “Stupendo” Burns ancora una volta, dopo tanti anni, modula e rimodula il solo iniziale e quello finale. Ricorda, in questo, il miglior Jimmy Page che smontava e rimontava di continuo le trame sonore degli Zeppelin. Vasco non può che baciarlo, ogni sera, per questi momenti preziosi all’interno dell’economia e dell’ecosistema di uno show costruito, lo ripeto, per cantare in gruppo. Ecco perché andrebbe visto questo spettacolo, al di là dei (pre)giudizi che si possono avere sull’attuale (o sul passato) signor Vasco Rossi. Sul palco, infatti, non c’è solo lui, ma ci sono anche ottimi musicisti.

Burns prosegue poi in “Siamo soli”, dove il solo, come è noto, è in realtà una chitarra lanciata a mille ma senza essere stressata nel suo produrre quella ripresa sonora. Burns ha un tocco magico, e questa è la differenza che fa diventare quel suono il marchio di fabbrica firmato Stef Burns. Privilegio dei grandi talenti. Il momento dance è affidato a “Ti taglio la gola”, nell’arrangiamento – pari pari – del tour 2019, e a “Rewind”, che ormai non può più mancare per la gioia di chi mostra seni al vento e di chi – il critico e detrattore di turno – fino a quel momento poco ha ascoltato e resta convinto, nonostante tutto, che il Vasco nazionale sia solo la la la la fammi godere. D’altronde, un’altra grande narrazione vuole che Vasco faccia canzoni solo con poche vocali come “eh”, “ah”, “oh”. Come se non avesse mai scritto brani come “Sally”, “Ogni volta”, “Canzone”, “Dormi dormi”, “Brava”, “Liberi Liberi” e l’elenco sarebbe lungo. Ma i detrattori tali devono restare, non sta a noi risolvere il problema.

Lo show arriva così al finale, prima dei bis, con “Eh già” e i fiati, ormai in scena da qualche brano, tornano a farsi sentire. Qui, però, sono di casa perché “Eh già”, brano del 2011, li prevedeva. Al diavolo non si vende, si regala e ci sta, dopo due ore di concerto.

La pausa è lunga, lo notano in molti. Il tempo è passato per tutti. Anche per Vasco, non solo per noi. Rifiatare serve a tutti se si considera che il concerto non lo ha cantato solo lui, ma tutto il pubblico, senza sosta. Una vera esperienza collettiva che rende questi show altro da un semplice concerto. Questa è una festa, vera, come un tempo c’erano le balere nelle aie. Si esce per far festa e ci si può divertire. Non si fa colpa e non si fa peccato e non si manca di rispetto a niente e nessuno, nemmeno alla Musica, rigorosamente con la lettera maiuscola. Vasco la storia della musica l’ha già fatta e non deve dimostrare niente e nulla a nessuno con questi show.

Il ritorno sul palco si apre con il Gallo. Due giri di basso e via di “Sballi ravvicinati del terzo tipo” nell’arrangiamento che vide alla batteria Will Hunt. Qui Vasco, come negli altri show di Trento e Milano, lancia il suo messaggio, ed è il secondo discorso della serata. Fuck the war. Fanculo la guerra. Ci voleva anche questa. La guerra in Europa. Fuck the war. La guerra è contro la civiltà. La guerra è contro l’umanità. La guerra è contro le donne. La guerra è contro i bambini. La guerra è contro la povera gente. La guerra è contro le persone anziane. Fuck the war. Noi siamo contri tutte le guerre. Noi facciamo musica contro la guerra. Dove c’è la musica non c’è la guerra. Un grido rock dentro un brano potente che ricorda, per certi versi, quando in “Rock sotto l’assedio” del 1995 Vasco lanciava un messaggio simile sulle note de “Gli spari sopra” eseguita con i Sikter.

Si va verso il gran finale con due donne di Vasco, e cioè “Toffee”, da “Cosa succede in città”, eseguita integralmente (cosa più unica che rara, dato che, in questi ultimi anni, era finita in vari medley, fortunatamente abbandonati in questo tour) e “Sally”. Qui il basso del Gallo, sull’arrangiamento classico, fa la differenza perché accompagna quasi come una chitarra. “Sally” non si tocca, lo sanno tutti. Si canta così come è nata, tutti insieme e senza sentire la voce di Vasco perché ormai mescolata al grido dei 90 mila.

Il finale è cosa nota ed è affidato alle canzoni a statuto speciale. “Siamo solo noi”, con il Gallo che esegue il suo giro di basso; “Vita spericolata”, ormai ben oltre l’inno generazionale perché è la canzone dei sogni infranti e di quello che tanti avrebbero voluto fare ed essere. Invece almeno tre generazioni hanno avuto Vasco che ha saputo farla, per tutti, quella vita spericolata. Per davvero. E poi è riuscito a raccontarla nelle sue canzoni. Questo consola e così si può cantare a squarciagola mentre la pioggia comincia a scendere, quasi che il cielo sapesse che siamo alla fine. “Canzone” e “Albachiara” chiudono la serata, prima dei fuochi dal palco, per salutare tutti e tutte e darsi appuntamento alle prossime tappe, tutte sold out e all’anno prossimo.

In chiusura un’ultima riflessione. Si tratta di quella leggera dissonanza di cui si diceva in apertura. Diego Spagnoli, fedelissimo responsabile di tutto quanto accade sul palco, sceglie quest’anno di presentare la band in abiti da padrone del circo. La cosa mi era piaciuta a Trento. Ogni anno Spagnoli cambia la formula e presenta con stile la banda. Poi Milano. E ora Imola. Queste due date mi hanno fatto rimuginare.

Il pensiero è volato al circo con protagonista Buffalo Bill. Un spettacolo che portava in giro il vecchio eroe per le piazze. Per far divertire. Per mostrare ciò che restava di quell’eroe. Non so, è solo una suggestione. Non credo affatto che sia l’intento di questa presentazione al pubblico. Di certo è un modo per rimarcare come questo gruppo affiatato sappia produrre e portare in giro uno spettacolo ben fatto e ben costruito e che riesce negli intenti. Da Trento a Imola, lo posso testimoniare, lo show ha anche acquisto fluidità e compattezza.

Però quella sensazione, in quel momento, si è prodotta e questo pensiero turba. Si è prodotta una leggera dissonanza insomma. Si vedrà l’anno prossimo. E per saperlo serve aspettare la prevendita di novembre… Allora tutto sarà normale e le cattive impressioni, così come le dissonanze, se ne andranno al diavolo… in regalo, ovviamente.

Articolo di Luca Cremonesi, foto di Roberto Fontana

Set list Vasco Rossi Imola 28 maggio 2022

1. XI comandamento
2. L’uomo più semplice
3. Ti prendo e ti porto via
4. Se ti potessi dire
5. Senza parole
6. Amore… aiuto
7. ….Muoviti!
8. La pioggia alla domenica
9. Un senso
10. L’amore l’amore
11. Interludio live 2022
12. Tu ce l’hai con me
13. C’è chi dice no
14. Gli spari sopra
15. ….Stupendo
16. Siamo soli
17. Una canzone d’amore buttata via
18. Ti taglio la gola
19. Rewind
2o. Eh… già
21. Siamo qui
22. Sballi ravvicinati del terzo tipo
23. Toffee
24. Sally
25. Siamo solo noi
26. Vita spericolata
27. Canzone
28. Albachiara

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