Will Hunt, batterista degli Evanescence e, in Italia, nel giro dei musicisti di Vasco Rossi, il 23 aprile è tornato ospite di For Freedom Music dell’Associazione J. Pastorius di Castel Goffredo (MN) e della scuola “Il Musicante” di Soiano del Garda (BS), per una serata dedicata alla musica dei Nirvana. La location è stata il teatro comunale di Medole, comune morenico in provincia di Mantova. Un ritorno importante perché Will Hunt, oltre ad aver presentato questo spettacolo alcuni anni fa a Manerba del Garda (BS), alla scuola di musica Pastorius di Castel Goffredo è di casa.
Come da tradizione la serata si è aperta con alcuni gruppi locali, realtà nate all’interno dei progetti che lavorano con Mario Chiesa, che hanno scaldato il pubblico con brani a trazione rock. Anche se il caldo, che mancava in teatro e all’esterno, colpa di una primavera scomparsa all’improvviso, è arrivato con Will Hunt e la sua band, formata da Clayton Sturgeon (voce e chitarra), e Steve Armeli (basso). Formazione classica dunque, per un omaggio d’artista ai Nirvana che, pur se non con la mole di cover band che si occupano di De André, sono al centro di una serie di riletture per celebrare i 30 anni dalla tragica morte di Kurt Cobain.
Il progetto di Will Hunt è classico, nel senso che propone la musica dei Nirvana nuda e cruda, con tanto di batteria dominante, grazie proprio alla presenza dietro alle pelli del batterista degli Evanescence. L’unico appunto a questa serata perfetta, freddo a parte, sono i colpi di grancassa. Hunt si tradisce, perché il suo tocco metal si sente proprio nel finale di ogni pezzo. Ma è davvero l’unica osservazione che si può fare a questo bell’omaggio.
Le strade, come sempre, sono due: cercare di aderire all’originale, con musicisti capaci e professionisti; oppure fare proprio, e cioè rileggere, quello che è un patrimonio universale. In questo secondo caso ci sono operazioni interessanti, fra le quali segnalo Tribute To Kurt Cobain and Nirvana del 2013, album curato dall’etichetta Vrec (ne trovate ancora poche copie online sul sito della casa discografica, e non fatevelo sfuggire), che hanno preso in mano quella musica, e l’hanno fatta propria.
Will Hunt sceglie la prima strada, e mette sul palco un ottimo bassista, che lavora molto bene su tutti i pezzi, e un altrettanto ottimo cantante e chitarrista che, pur se addolcisce un poco i suoni graffiati e graffianti di Cobain, non fa rimpiangere il suono grunge made in Seattle. Lo sappiamo, la settima corda, mi si passi questa battuta, era la rabbia di Cobain. Quell’emozione, positiva o negativa che fosse, faceva la differenza. Non si può chiedere a nessuno di averla, sarebbe distruttiva, e neppure di fingere di possedere quella rabbia e quel dolore. Non si può far altro che metterci energia, tanta, e tenere presente che quella musica che si sta eseguendo è nata da tanta sofferenza.
Diversa, invece, la posizione di Will Hunt. Professionista serio, musicista poliedrico, batterista che sa picchiare duro, mette tutta la sua grinta nell’esecuzione di una scaletta che non lascia fuori nulla. Tutti gli album ufficiali vengono toccati. Non si avventura nelle sacche dei tombaroli – si legga i cofanetti con inediti che, di fatto, sono scarti o prove – ma si attiene al canone.
L’apertura è affidata a “Nevermind”, come d’altronde la chiusura, con, rispettivamente, “Breed” e “Territorial Pissing”, pezzo eseguito dopo quasi due ore di musica, con il pubblico che, finalmente, decide di muoversi e dare un po’ di spintoni. Li ha chiesti Hunt, già da “Rape Me”, pezzo sul quale chiama il pubblico seduto in platea ad andare sotto il palco. Non serve insistere molto, e ci si ritrova davanti all’ottimo impianto che rende tutto ben ascoltabile.
A questo punto tre scene mi colpiscono. Davanti al palco c’è un padre che ha in braccio un figlio, con cuffie. Avrà tre anni, forse quattro. Il padre balla, guarda il figlio con orgoglio, quasi a comunicargli che con quell’energia anche lui può diventare grande. È una scena bella, anche se per un attimo, alla soglia dei 50, penso alle orecchie del piccolo. Poi mi dico che sto diventando vecchio, e che un po’ di fischio, quando verrà messo nel letto, non potrà fargli altro che bene.
Nel mentre ha ascoltato una bella esecuzione dei Nirvana, e non la musichetta sintetica della casetta delle api. Sempre con stupore vedo che il piccolo non solo si diverte, ma muove le mani e segue il ritmo, grazie anche al contatto del padre. Allora aveva ragione Cobain quando, nelle sue poche interviste (la nostra recensione del libro che le raccoglie), sottolineava che voleva scrivere e produrre musica per ballare e divertirsi. Nulla di più.
Stessa scena, ma poco più lontano dal palco, grazie a un altro padre che, con il figlio adolescente, si gode il concerto. In questo caso “Smells Like Teen Spirit” farà quello che deve fare: porterà all’abbraccio e al saltellare insieme. Ecco, le due generazioni che si incontrano, e che si passano il testimone. Il miracolo del Rock avviene, accade, si produce.
Certo, ed è la terza scena, di fatto siamo una riserva, come avviene negli Stati Uniti, con i Nativi. Siamo pochi, ma buoni, si direbbe. Questo non lo posso sostenere in modo assoluto, se non che quei pochi, alla fine, pur se calmi e passivi per tre quarti del concerto, nella parte finale non possono che smuoversi. Saranno i giovani, come è giusto che sia, a fare la differenza, e saranno i pezzi di “Bleach”, alla fine, a far iniziare il tutto.
Poi ci penserà “Nevermind” che, per quanto, così si legge nelle interviste, non piacesse poi così tanto a Cobain, è un album che contiene tutto quello che c’era prima, e tutto quello che sarebbe venuto dopo. Se la forza dei giovani viene accesa da quell’album e da Will Hunt, con il suo incedere che lo vede spezzare bacchette come se fossero grissini, allora vuol dire che il Rock, pur se nelle riserve, può ancora ripartire.
“Lithium” è semplicemente perfetta, e non può che far pogare, ballare e cantare tutta la platea. Al netto che si sappiano le parole, sul ritornello tutti alzano mani e gridano al cielo. Un urlo di liberazione. Succederà anche con “Aneurysm”, da “Incesticide”, che è un pugno violento su un pubblico che, in altro contesto, avrebbe fatto volare le persone sopra le teste.
In sintesi, una serata che ha saputo far rivivere, e molto bene, il mood dei Nirvana, con un batterista, che pur se figlio del Metal, ha saputo calarsi nella parte, mettendo via il suo manierismo, per diventare selvaggio, come Grohl sapeva essere a quell’età. Applausi, poi, anche per i giovani che hanno aperto la serata. Li chiederà lo stesso Hunt, a conferma della sua generosità e professionalità. Un ottimo omaggio ai Nirvana che, se vi capita, merita di essere ascoltato dal vivo.
Articolo di Luca Cremonesi, foto di Roberto Fontana
Set list Will Hunt Medole 23 aprile 2024
- Breed
- Drain You
- Come As You Are
- You Know You’re Right
- Rape Me
- In Bloom
- The Man Who Sold the World
- Pennyroyal Tea
- About A Girl
- Dumb
- Sliver
- School
- Polly
- Negative Creep
- On A Plain
- Heart-Shaped Box
- All Apologies
- Something in the Way
- Dive
- Aneurysm
- Lithium
- Smells Like Teen Spirit
- Territorial Pissings