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YES live Padova

Band dal passato glorioso, che in parte viene ripercorso nel concerto

Se ci fosse la possibilità di certificare i gruppi musicali con un bollino di qualità, come accade per i cibi pregiati, gli YES meriterebbero, senza dubbio alcuno, quello del Prog, in quanto sono una band a Denominazione di Origine Garantita e Controllata. Una vera DOGC insomma. A confermare quanto si va dicendo, c’è l’ulteriore alta qualità musicale della data di Padova al Gran Teatro Geox di mercoledì 8 maggio. Un plauso a chi ha deciso di portare questo tour anche nel nostro Paese, dove esperienze musicali particolari, soprattutto live, sono sempre più rare.

Quello di Padova, nel dettaglio, è stato un concerto atteso fin troppo, dato che le contingenze che l’hanno funestato sono state tante: la pandemia prima, poi alcune tristi vicissitudini della band. Un live che era stato programmato quattro anni fa, e che l’8 di maggio si è finalmente svolto, non senza qualche malumore da parte dei fan, a causa di una gestione dei biglietti che, ormai, appare davvero grottesca, e fatta così solo in Italia, se si fa riferimento a quanto si legge nei blog dei Paesi esteri. Ma d’altronde, se nessuno si lamenta più di quel tanto, non si vede perché le cose debbano cambiare.

Venendo al concerto, si è trattato dell’ennesima piacevole conferma che gli YES portano avanti, con orgoglio e tenacia, la loro storia intrisa di suoni che oggi sembrano davvero lontani anni luce. Il Prog, infatti, appare sempre più una musica da epoca antica. Non solo per il pubblico che segue, dove non è presente un giovane sotto i 30 anni neppure a pagarlo; ma anche per la filosofia che si trova a sorreggere questo mondo sonoro. Al senso e significato di un’esperienza musicale che richiede pazienza e ascolto, si aggiunge la naturale complessità dei suoni che ne caratterizzano il mood.

Il cantante della band, e cioè Jon Davison (entrato a farne parte nel 2012), pochi giorni prima del mini tour italiano, ha dichiarato a un quotidiano che la musica Prog in Italia funziona ancora perché è legata alla cucina. Tradotto: a noi italiani piace mangiare restando seduti a tavola, con lentezza, e trasformando quel rito necessario all’esistenza, in un evento carico di molti significati.

La stessa esperienza va traslata nell’ascolto live del Prog e, in questo caso specifico, quella degli YES. Una band dal passato glorioso, che in parte viene ripercorso in quel concerto, con l’esecuzione di brani presi da alcuni degli album più significativi della loro lunga produzione, ma da sempre considerata di nicchia, quanto meno nel Bel Paese. I fan presenti arrivavano infatti non solo dall’Italia, ma anche dall’estero, segno che qui da noi è più facile trovare i biglietti per gli YES, rispetto a quello che accade negli altri Paesi (sempre che tutto funzioni bene; diversa la faccenda se c’è da chiedere i rimborsi). Non ho trovato posti nelle date inglesi, mi confessa il vicino di sedia, cittadino di Re Carlo III. Qui da voi ho comprato i biglietti per due date, così mi ho fatto anche un viaggio nel vostro Paese, mi confessa ridendo questo anziano signore inglese, mentre sorseggia la sua birra ghiacciata.

Il concerto di Padova, fedele riproposizione di quanto messo in scena nelle altre date italiane, è stato composto da una scaletta di 13 brani, tutti della durata, in media, di 8/9 minuti. Delle vere e proprie galoppate con tastiere, giri infiniti di batteria, e lunghi soli di chitarra, suonati da una vera icona della musica contemporanea, e cioè Steve Howe. Il Nostro ha 77 anni compiuti. È magro come un chiodo, con il fisico di una persona anziana, tanto che se lo si vedesse a un semaforo, intento ad attraversare la strada, ci si attiverebbe per aiutarlo. E invece…

E invece Howe suona per oltre due ore, senza l’aiuto di nessun altro chitarrista. Sorregge, da solo, tutto lo show, sia come presenza scenica, sia come ossatura dei brani proposti, cambiando almeno due chitarre all’interno di ogni singola esecuzione, senza scordare un passaggio con la Steel. Il tutto con un semplice aiuto solo per indossare le varie chitarre, più per rispetto dovuto che per vera esigenza generata da reali difficoltà, da un fedele tecnico che lo segue come un’ombra, e che conosce a memoria ogni suo movimento. Vederli lavorare così coordinati e in simbiosi, è quasi commovente.

Il concerto è uno show ben calibrato, nel quale trovano spazio pezzi presi da album di epoche diverse. I grandi classici, e cioè “Fragile” e “The Yes Album”, sono presenti con due pezzi a testa. In particolar modo la chiusura, affidata a “Roundabout” (da “Fragile”) e “Starship Trooper” (da “The Yes Album”), che strappano applausi a un pubblico composto, mai sopra le righe – se non per qualche ultras da stadio che fischia come se non ci fosse un domani, assordando chi si trova davanti.

In sala c’era un pubblico preparato, colto e attento, formato da amanti ed estimatori della band, che accetta, quasi in modo rigoroso, di non usare troppo il cellulare, come richiesto all’inizio dello show. D’altronde, che senso avrebbe filmare esecuzioni di quasi 10 minuti? Quando mai le si rivedrebbero? Ciò che conta dovrebbe essere la musica, e la sua messa in scena. Quindi, meglio ascoltarsi il live, o il disco originale, che stare a guardarsi un filmato gracchiante. Comunque, il telefonino resta in tasca, fino al momento dell’esecuzione dei due brani finali, quando anche i più maturi fan decidono di sfoderare, come fosse una Colt, il proprio cellulare, per filmare così gli oltre 9 minuti di musica. Certo, a ben vedere li meriterebbero tutti, pur se la cosa è vietata, perché dopo due ore di show, ha dell’incredibile vedere ancora in piedi, acceso e sereno, Howe, pronto a eseguire in modo perfetto i soli di chitarra più famosi del Prog.

Il resto del concerto, come si diceva, è una bella perfezione, costruita e messa in scena da una band fatta di componenti che, a vario titolo, e in varie epoche, sono entrati a far parte del gruppo, ne hanno sposato a pieno filosofia e mondo sonoro.

La prima parte dello show è più melodica, con tendenze marcate al Prog Rock, con alcune concessioni alle ballad, genere che spinge Howe a sfoderare anche chitarre spagnole. Quando accorda quella chitarra, e suona tutte le corde insieme, inevitabilmente si sente il tocco che ha caratterizzato la parte centrale di “Innuendo” dei Queen. “Going for the One” e “I’ve Seen All Good People” sono puro divertimento sia per chi ascolta, sia per il chitarrista, che non solo esegue in modo perfetto il compito, ma lo arricchisce di presenza scenica che non ti aspetti da un uomo che appare, all’uscita sul palco, molto precario.

Dopo la cover di Simon & Garfunkel “America”, spazio al Prog nudo e crudo, con tanto di suite che determina il momento più intenso di quello show. A quel punto siamo tutti con le mani al cielo, perché non si può restare fermi davanti a così tanti suoni che, eseguiti tutti insieme, riempiono il Geox di Padova. Ci si rende conto che questa musica oggi non solo è fuori tempo, ma forse lo è sempre stata, ed è per questo che, tolto qualche anno di successo mainstream, è sempre e comunque rimasta un’esperienza musicale circoscritta a fan attenti.

La chiusura, come già detto, è affidata a due grandi classici, ma anche a una coralità di intenti che è maggiore di quella che ha caratterizzato tutta l’esecuzione della serata. Sarà il valore intrinseco dei due brani, o sarà la consapevolezza che il live si avvia alla conclusione, ma il pubblico è tutto conquistato, e lascia andare le briglie. Senza eccedere, s’accende, si alza in piedi, e la scintilla del Prog torna a brillare. Serata per esperti; concerto di non facile ascolto, ma dal quale si esce arricchiti.

Articolo di Luca Cremonesi, foto di Michele Arduini

Set list YES Padova 8 maggio 2024

  1. Machine Messiah
  2. It Will Be a Good Day (The River)
  3. Going for the One
  4. I’ve Seen All Good People
  5. America (Simon & Garfunkel cover)
  6. Time and a Word
  7. Don’t Kill the Whale
  8. Turn of the Century
  9. South Side of the Sky
  10. Cut From the Stars
  11. The Revealing Science of God (Dance of the Dawn) / The Remembering (High the Memory) / The Ancient (Giants Under the Sun) / Ritual (Nous sommes du soleil)
  12. Roundabout
  13. Starship Trooper
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