I veterani del post-punk non devono preoccuparsi, il suono degli IDLES è ancora grezzo, stordente e pungente, eppure sin dalla prima traccia è chiaro che il quinto album “TANGK”, pubblicato il 16 febbraio da Partisan Records, sarà l’inizio di un nuovo capitolo nella storia della band di Bristol.
In “TANGK” gli IDLES cercano di incorporare sfumature di Soul, Techno, Garage Rock e Post Rock, creando una sonorità completamente nuova da quella a cui siamo abituati. Anche i testi dei nuovi brani si discostano dal classico immaginario della band perché mentre gli altri album degli IDLES sono nati da reazioni emotive ad eventi politici, il quinto album si concentra sull’esplorazione dell’amore e della perdita. La più parte delle canzoni nascono da un sentimento di profonda tristezza e alienazione, non solo per le relazioni interpersonali ma nel mondo in generale.
Gli IDLES del precedente album “Crawler” (2021) si sarebbero semplicemente limitati ad affermazioni generali per criticare l’attualità, in “TANGK” usano la situazione di fallimento per spostare la conversazione in una luce più progressista, chiedendosi quali siano i mezzi per poter superare gli orrori della politica globale. “Love is the thing” è il mantra, a volte inquietante, ripetuto più volte nel corso dell’album. “TANGK” porta un messaggio di speranza nei momenti difficili, tema presentato fin dalla prima traccia “IDEA 01”, che racconta di una famiglia disgregata e di come i ricordi si perdano nel fuoco dell’inconscio diventando foschia della memoria.
Se in “IDEA 01” vediamo usare il suono di un pianoforte in loop costante e usarlo per creare la melodia principale della canzone, creando una sonorità sostanzialmente nuova per la band, la seconda traccia “Gift Horse” ritorna sul loro suono caratteristico. I groove di basso di Adam Devonshire radono la canzone al suolo mentre la batteria di Jon Beavis è distruttiva come lo è sempre stata. Nel terzo brano “POP POP POP” vediamo eccellere le capacità creative del chitarrista Mark Bowen, prendendo il feedback della chitarra per campionarlo e per poi renderlo linea di synth.
“A Gospel”, brano di solo pianoforte e voce, torna sul fil rouge del disco portando con sé un’atmosfera afflitta. Il cantante Joe Talbot inizia il brano con la notizia di una rottura di cui non sembra così sorpreso, come se fosse stata inevitabile. Ma più ascolti il brano più ti accorgi che non è semplicemente una canzone d’amore ma somiglia più a una preghiera alla memoria per non cancellare i ricordi della relazione ormai finita.
“Monolith”, l’ultimo brano, chiude l’album in maniera fenomenale. In “Gift Horse”, secondo brano, Joe Talbot cantava Fuck the king! He ain’t the king, she’s the king!, mentre l’ultimo brano apre con I found myself my own king, “Monolith” è la fine di un lungo cammino alla ricerca dell’amore dentro di sé. Il messaggio di questo album è forte, schietto e diretto, come la maggior parte dei dischi degli IDLES, ma il tema in questo caso è diverso, aperto alle interpretazioni personali. È stato aperto un nuovo capitolo nella storia degli IDLES e noi abbiamo la fortuna di seguirlo passo dopo passo.
Articolo di Ambra Nardi
Track list “TANGK”
- IDEA 01
- Gift Horse
- POP POP POP
- Roy
- A Gospel
- Dancer
- Grace
- Hall & Oates
- Jungle
- Gratitude
- Monolith
Line up IDLES: Joe Talbot voce/ Adam Devonshire basso, cori/ Mark Bowen chitarra, cori/ Jon Beavis batteria, cori/ Lee Kiernan chitarra, cori
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