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Downtown Boys intervista

Una breve ma intensa chiacchierata con la band americana

Abbiamo incontrato la band americana nel backstage del Covo Club in occasione del loro concerto il 23 settembre (il nostro report). Abbiamo parlato del loro tour, della collaborazione con Susanna Nicchiarelli e del loro impegno politico. Una breve ma intensa chiacchierata con la band americana formata da Victoria Ruiz (voce), Joey La Neve DeFrancesco (chitarra), Mary Regalado (basso), Joe DeGeorge (tastiera e sassofono) e Joey Doubek (batteria). Era la loro prima data a Bologna, quinta del tour in Italia. Il Covo Club è perfetto per accogliere la giovane band punk, lì hanno mosso i loro primi passi band internazionali e italiane che nel tempo hanno fatto la storia: Franz Ferdinand, Cigarettes After Sex, Idles, Gossip… Adesso ad avere il testimone sono i Downtown Boys e questo è quello che ci hanno raccontato.

Avete iniziato il vostro tour in Europa e mi sono accorta che avete molte date in Italia…
Joe: Adoriamo suonare in Italia.
Joey La Neve DeFrancesco: Abbiamo fatto un paio di altri tour in Italia, nel 2018 e nel 2019. Negli Stati Uniti facciamo dei buoni concerti e ci pagano bene, ma finisce lì. In Italia i promoters hanno rispetto per le band e per i musicisti, cosa difficile da trovare altrove. Veniamo pagati bene, ci danno da mangiare, ci trovano un posto dove stare… sembra che ci sia rispetto per quello che stiamo facendo, ci fa sentire i benvenuti e felici di suonare qui.

Avete composto la colonna sonora del film biografico “Miss Marx” dalla regista Italiana Susanna Nicchiarelli. Com’è accaduta questa collaborazione?
Joey La Neve DeFrancesco: Ci ha mandato un’e-mail, ci conosceva perché avevamo già suonato in Italia. Quando ci ha contattati aveva già scritto e girato una parte del film, ma aveva bisogno della colonna sonora. Immagino che la nostra musica corrisponda all’energia e all’atmosfera di Eleanor Marx. Se non ricordo male, quando abbiamo iniziato la collaborazione non c’era ancora il Covid ed eravamo in contatto tramite zoom, è poi arrivato il Covid e ha reso tutto più difficile. Prima che arrivasse il Covid abbiamo potuto registrare la canzone “L’internationale”, che in Italia era già popolare.
Victoria: Anche gli altri suoi film sono fantastici. Penso che sia stato davvero bello che abbia deciso di scegliere la nostra band per scrivere le canzoni. La nostra band non ha solo uomini cis-gender ma è un gruppo altamente eterogeneo. Cantiamo canzoni in francese e le piace il fatto che il mio accento non sia del corretto, mi ha detto che sembro un’italiana che canta in francese.

Avete scritto alcune delle vostre canzoni più famose in francese e in spagnolo. Cosa vi ha portato a questa scelta linguistica?
Victoria: Joey scrive la maggior parte della musica e quando ha fondato la band le canzoni erano tutte in inglese. Mi sono unita alla band quando era già formata ed abbiamo tradotto alcune canzoni in spagnolo. La prima che abbiamo tradotto è contenuta nel nostro primo album e si chiama “Work”. Non ci abbiamo pensato su più di tanto, siamo stati più ispirati dai canti di protesta… Io e Joey ci siamo incontrati in un hotel dove molti colleghi parlavano solo spagnolo, siamo una band Punk bilingue ed è stato naturale diventarlo.

Siete una band molto politica con opinioni molto forti, non avete paura di esprimere il vostro pensiero. Avete mai avuto brutte esperienze con un membro del pubblico dopo un concerto a causa di ciò?
Joey La Neve DeFrancesco: Sì… Ovviamente speriamo che il pubblico che viene ad ascoltarci sia un minimo in linea con i nostri temi, che venga fatta una sorta di “auto-selezione”, ma a volte i promoters delle serate non pensano ai temi che portiamo avanti, ciò ha portato a situazioni intense. Negli Usa il tema della liberazione palestinese è molto controverso, Victoria sul palco ne parla e talvolta il pubblico non ha reagito come ci aspettavamo.
Victoria: Penso che questa non sia necessariamente una cosa negativa, è la vita reale. Penso che come artisti sia bello non essere sempre predicati o essere circoscritti da persone che la pensano esattamente come noi. È bello vedere che quello che diciamo spinge le persone a pensare e ad avere una reazione. A volte ci troviamo in questa dicotomia in cui le persone ci dicono che il comunismo è un male [I Downtown Boys hanno pubblicato un album chiamato “Full Communism” nel 2015], tuttavia non possiamo sempre pensare in modo binario, non esiste un “cattivo” o un “buono”… La nostra musica e i nostri messaggi sono più stratificati di così. Essere una band politica significa affrontare queste moltitudini e le strutture di potere.

Nei vostri testi parlate spesso di problematiche globali, sicuramente questo vostro impegno politico viene dal vostro contesto sociale. Potreste dirmi qualcosa di più su cosa ha influenzato il vostro attivismo comunitario e il vostro coinvolgimento politico?
Joe: Mi sono unito alla band perché l’avevo vista suonare dal vivo. Ho capito cos’è possibile realizzare grazie alla musica, possiamo affrontare le strutture di potere e sognare un mondo migliore. Siamo attivisti e con la nostra musica vogliamo realizzare i nostri sogni.
Joey La Neve DeFrancesco: Come ha detto Victoria, la band è nata quando entrambi lavoravamo in un hotel e volevamo unirci ad un sindacato, abbiamo scritto alcune canzoni mentre cercavamo di farlo. ‘Cerano persone che parlavano lingue diverse, c’erano problemi di lavoro e volevamo combattere contro le multinazionali. Fin dall’inizio questo è stato esplicitamente lo scopo della band, essere il braccio di un progetto culturale e politico più ampio.
Joe: A volte i nostri concerti sono il luogo d’incontro per persone con un interesse comune. A volte Victoria porta degli attivisti locali a parlare sul palco, è speciale.
Mary: È molto naturale far parte di una band impegnata politicamente e socialmente.
Victoria: Mary ed veniamo spesso confuse l’una con l’altra, penso sia perché molti gruppi punk hanno canoni molto specifici, puoi essere o una band tutta al femminile o una band punk. Il fatto che non rientriamo in nessuna categoria potrebbe non essere pienamente compreso, la band è un nucleo che riunisce tutti questi diversi aspetti delle nostre vite. Nessuno di noi viene da una famiglia ricca, quando siamo in tour lavoriamo per essere in tour, ma abbiamo anche altri lavori… In una canzone che suoniamo, “Poder Elegir” dei Los Prisoneros, c’è una frase che dice che lottiamo per molto di più che per le semplici cose materiali. Questa frase mi ricorda che ci sono mole altre cose oltre al tangibile.

Nel 2017 avete suonato al Coachella Music Festival. Dopo avete pubblicato una lettera aperta in cui denunciavate le pratiche commerciali del festival, ma perché avete innanzitutto partecipato?
Joey La Neve DeFrancesco: Siamo stati invitati a farlo. L’industria musicale è monopolizzata, non so come funzioni in Italia ma negli Stati Uniti ci sono più o meno due o tre società che possiedono la maggior parte dei principali festival musicali, locali, etichette discografiche e così via. Se vogliamo vivere nell’industria è necessario lavorare come fanno gli operai in una fabbrica, è diverso ma è lo stesso principio. I lavoratori non sempre sono d’accordo con le politiche della loro azienda ma lottano per cambiare queste cose. Facciamo parte di un gruppo chiamato “Union Musician And Allied Workers”, è tipo un sindacato ma di musicisti indipendenti, riconosce che le aziende non possono prendere la nostra musica e monopolizzare qualunque cosa, è necessario costruire potere collettivo.

Downtown Boys interview

You’re doing a tour in Europe and I noticed that you have many dates here in Italy…
Joe: We love to play in Italy. That is the reason.
Joey La Neve DeFrancesco: We’ve done a couple of other tours here in Italy, in 2018 and 2019. In the US we get good shows and they pay us well, but that’s it. However, in Italy the promoters have respect for bands and for musicians, this is something difficult to find in other places. We get paid fairly, we get fed, we get a place to stay… it feels like there is a respect for what we are doing, it makes us feel very welcome and happy to play here.

You guys composed the original music for the biographical film “Miss Marx” by Italian director Susanna Nicchiarelli. How this collab happened?
Joey La Neve DeFrancesco: She just emailed us, she knew us because we previously played in Italy. She already written and shot the movie, however she needed the music. I guess what we were doing matched the energy and the vibe of Eleanor Marx. I think when we first started there was no Covid yet but we got in touch through zoom, then Covid hit and made everything more difficult. Before Covid happened we were able to record the song “L’internationale”, which was already popular in Italy.
Victoria: Her other films are so great too. I think it was really cool that she decided to choose our band to do the songs. Our band does not only have cis-gender men but is a highly heterogeneous group. We sing songs in French and she loved the fact that my accent is not quite right, it sounds like an Italian singing in French.

You guys wrote some of your most famous songs in French and in Spanish. I was wondering what led you to this linguistic choice.
Victoria: Joey writes most of the music. When he started the band the songs were in English, I joined the band when it was already initiated. We translated some of the songs in Spanish, the first one we translated is on our very first album and is called “Work”. It’s funny because it was not even that masterminded or crazy-thought about it, we were more inspired by protests chants… We met at a hotel where a lot of co-workers only spoke Spanish and we are inspired by a lot of different music, we are a bilingual punk band and it was natural to become so.

You are a very political band with strong opinion, you are not afraid to express your thoughts. Have you ever had any bad experiences after a show with an audience member because of this?
Joey La Neve DeFrancesco: Yeah… Obviously we hope that the audience self-selects in a way but sometimes the promoters do not think about the themes that we carry on, this can lead to intense situations. In the US the issue of Palestinian liberation is very controversial, Victoria on stage talks about it and sometimes the audience did not react has expected.
Victoria: I think this is not necessarily a bad thing, that’s real life. I think as artists it’s nice to not always be preached or be in a eco-chamber of your thoughts. It’s nice to see that what you say is making people think and have a reaction. Sometimes we are putted in this dichotomy where people tells us that communism is bad [Downtown Boys published an album called “Full Communism” in 2015], however we can not always think in a binary way, there’s no “bad” or “good”. Our music and ours messages are more layered than that. Being a political band means addressing those multitudes and power structures.

You often talk about global issues in your songs, surely this political engagement comes from your background. Could you please tell me a little more about what influenced your social activism and political involvement?
Joe: I joined the band because I had seen the band playing and I realized what is possible when you can address power structures and dream of a better world. We are activists and with our music we want to put our dreams into place.
Joey La Neve DeFrancesco: As Victoria said, the band started when we were both working at a hotel and we wanted to unionize it. We wrote some of the songs while we were trying to do so, there were people speaking different languages, there were work issues and we wanted to fight against the corporations. From the real beginning this was explicitly the purpose of the band, being one arm of wider cultural and political project.
Joe: Sometimes the show is the meeting place for people with a mutual interest. Sometimes Victoria brings local activists to talk on stage, you don’t often see that, it’s special.
Mary: It feels very natural to be in a band that is political and socially involved.
Victoria: Mary and I will get confused for each other, I think it is because a lot of punk bands have very specific canon. You can be a specific girl band or you’re a punk band, the fact that we do not fall in any category may not be fully understood. The band is a nucleus that is bringing together all of those different aspects of our lives. None of us comes from wealth, when we are on tour we are actually working to be on tour, we have other jobs… In a song that we play, “Poder Elegir” by Los Prisoneros, there is a line that says that fight for much more than just material things. This line reminds me that there are things beyond the tangible.

In 2017 you played at the Coachella Music Festival. I know that after the festival you released an open letter denouncing the festival’s business practices, but why did you participate in the first place?
Joey La Neve DeFrancesco: We got invited to do it. The music industry is so monopolized, I don’t know how it works in Italy but in the US there are two or three companies that owns most of the major music festivals, venues, record labels and so on. If we want to make a living in the industry it’s necessary for us to work, like workers do in a factory. It’s different but it’s the same principle. Workers don’t always agree with the policies of their company but they fight to change those things. We have been starring in a group called “Union Musician And Allied Workers”, it’s like an independent musician union to recognize that companies can’t take our music and monopolize everything, but it is necessary to build collective power, push back and create things.

Articolo di Ambra Nardi

foto di Michele Faliani

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