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Marc Ysaye intervista

È il batterista dei Machiavel, la più famosa e importante progressive band belga fin dagli esordi nel 1974

Marc Ysaye

È proprio vero che non si smette mai di imparare, specie se si mantiene intatta la curiosità e la capacità di emozionarsi. Marc Ysaye è un musicista di cui poco si conosce al di fuori dei confini del Belgio. È il batterista dei Machiavel, la più famosa e importante progressive band belga fin dagli esordi nel 1974; aveva suonato precedentemente nei Moby Dick insieme al bassista Roland De Geef che poi lo seguì nei Machiavel. 47 anni dopo, decide che è arrivato il tempo di pubblicare il suo primo disco solista, “Back To Avalon” (qui la nostra recensione), uscito in Italia su Vrec con distribuzione Audioglobe.

“Pensa che fino ad ora nessun disco dei Machiavel è stato mai pubblicato in Italia!” Così mi confessa al telefono. Marc ha una voce pacata dal timbro squillante nella quale è palpabile la sincera emozione davanti all’interesse che ha suscitato il suo debutto solista.

Come mai proprio adesso, nel 2021, hai deciso di pubblicare un disco solista?

Semplice: perché era il momento giusto! (ride) Volevo coinvolgere una serie di musicisti che come me sono sempre stati molto occupati. In questo senso la pandemia ha favorito che ci ritrovassimo tutti liberi. Volevo però registrare dal vivo, insieme in studio, pertanto ho dovuto aspettare che avessimo una settimana libera tutti. È accaduto. E ho sfruttato immediatamente l’opportunità. Questo disco doveva avere Christopher Pons (chitarrista dei Machiavel), Marcus Weymaere (batterista dei Fish On Friday) e Loris Tils!

Il disco è stato per me una vera sorpresa: ogni canzone è come un mondo a sé, eppure c’è un senso di continuità che li lega tutti insieme oltre alla tua voce… come è stato entrare nel ruolo di cantante?

Ho sempre cantato nei Machiavel. Per alcune canzoni abbandonavo la mia posizione dietro la batteria e mi univo al cantante Mario Guccio che mi faceva i cori. Ma per questo disco è diverso, perché mi rappresenta al 100%: sono io, circondato dai musicisti che amo, che canto e suono le mie canzoni senza nessun tipo di compromesso o filtro. Non volevo pubblicare un disco pop per scalare le classifiche, avrei dovuto fare rap o hip-hop, volevo far ascoltare una selezione di canzoni che mi emozionano e di cui sono fiero. È un disco molto personale, ma che al tempo stesso non vedevo l’ora di far ascoltare al pubblico. Nel disco c’è una canzone in cui canto: “This is the music I make, this is the music I like”, ed è la pura verità!

E come sta andando? Che impressioni hai ricevuto finora?

In Belgio ho venduto più di 2000 copie del CD… mi daranno il disco d’oro (ride ancora)! Sono felicissimo che le persone abbiano compreso lo spirito del disco: ci trovi il mio legame con il Blues, un pizzico di Hard Rock che mi accompagna fin dalla giovinezza, il Prog…

Come pensi che reagiranno i fan dei Machiavel a questo disco?

Non ci ho pensato… con i Machiavel pubblicheremo un nuovo disco nel 2022. Presenteremo al mondo un nuovo cantante. È giovanissimo, potrebbe essere mio figlio! Dopo la morte di Mario – avvenuta il 21 gennaio del 2018 – avevo preso io il suo posto. Me lo aveva chiesto Mario personalmente che voleva che la band continuasse, e così è stato. Abbiamo fatto un tour suonando in grandi palchi in Belgio e anche in Olanda e per quell’occasione sono stato il cantante dei Machiavel. In questo disco non suono la batteria. È stata una scelta immediata proprio perché non volevo che si creasse confusione. Questo è il disco solista di Marc Ysaye che è anche il batterista dei Machiavel, ma che qui si presenta come cantante, prendendomi tutta la responsabilità del ruolo.

Nel disco hai anche inserito una canzone poco conosciuta degli Eagles: “Bitter Creek”; perché l’hai scelta?

È una bellissima canzone, scritta da Bernie Leadon che lasciò gli Eagles prima del grande successo. È una canzone del primo album. Ci sono tutti gli elementi tipici del sound degli Eagles, ma c’è spazio per poterla fare propria. Che senso avrebbe avuto fare una cover di “Hotel California” o di “New Kid In Town”? Volevo mettermi alla prova e registrare tutte quelle fantastiche linee vocali, e al tempo stesso pagare il mio tributo a una canzone che ha significato molto per me in passato. E poi sono veramente poche le persone che la conoscono e che mi chiedono, se sia veramente una canzone degli Eagles!

Mi sembra evidente che ti piacciono le sfide; e infatti hai fondato una radio che si chiama “Classic 21”; immagino che abbia potuto analizzare come le persone abbiano nel corso degli anni cambiato il loro modo di fruire la musica.

Con i Machiavel ho assaporato il successo: dalla metà degli anni ’70 fino al 1982 ho vissuto da rockstar suonando in America e in tutto il mondo, e poi ci siamo sciolti (ride). Il nostro ultimo tour era di spalla ad Alice Cooper nel 1982; un tour difficile, molto tormentato, nel quale ogni sera non sapevi se Alice si sarebbe presentato sul palco o no, il nostro backline fu rubato, fu davvero un momento difficile che la band non seppe superare. Così mi ritrovai senza lavoro. Avevo sempre desiderato lavorare in una radio così provai e fui assunto alla “Gold Radio 21”. Mi sono impegnato e nel giro di pochi anni sono diventato il direttore di quella stessa radio. Intorno al 2004 ho avuto l’intuizione che fosse il momento giusto per la creazione di una radio dedicata al Classic Rock. Era un rischio ma io ero convintissimo e ho avuto la fiducia dei miei collaboratori. Fu un grandissimo successo e dopo 20 anni il successo continua. Tutta la grande musica di fine anni ’60 e inizio anni ’70 è costantemente ascoltata e riscoperta. La nostra radio ha un bacino di utenza di persone tra i 30 e i 45 anni, i cui figli però si stanno dimostrando curiosi per le grandi canzoni rock del passato. È musica che ancora è capace di trasmettere emozioni anche perché gruppi come i Rolling Stones o Deep Purple sono ancora in attività e la loro musica è più viva che mai!

Articolo di Jacopo Meille

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