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Concerto per Benvegnù a Roncade

Queste canzoni devono girare, devono sopravvivere all’autore. Devono vivere in maniera orale

Avanzate, ascoltate. Venerdì 16 maggio è stato celebrato quell’artista, uomo e pensatore che era Paolo Benvegnù al New Age Club di Roncade, il cui gestore Gabriele Vian si è messo in gioco per le pure spese vive, senza trattenere un solo euro sull’incasso. Benvegnù, l’ultima fregatura del 2024 poiché è scomparso esattamente il 31 dicembre lasciando tutti noi sgomenti poco tempo dopo aver ricevuto la Targa Tenco per il miglior album dello stesso anno, ovvero “È inutile parlare d’amore” (la nostra recensione). Molti si erano complimentati con lui, diversi hanno detto che dovevano premiarlo prima. Su questo eravamo e siamo tutti d’accordo. Poi lui se n’è andato, con quella Targa in mano, creando un buco allo stomaco chiamato privazione. Un cratere sulla terra per qualcuno che è partito verso l’alto ma ha lasciato un’impronta qui giù che di gravità ne ha tanta. Il problema non è se l’uomo è stato sulla Luna, ma sulla Terra, e del buco nero che lascia.

Avanzate, ascoltate. Nei mesi successivi sono iniziati ad arrivare i primi commossi tributi. Noi ne abbiamo visto uno durante il live di Beatrice Antolini per esempio (il nostro report). Il 1 maggio a Roma ci sono stati i superstiti della band del cantautore, che hanno deciso di ribattezzarsi i “Benvegnù”. Queste canzoni devono girare, devono sopravvivere all’autore. Devono vivere in maniera orale. Tra i diversi omaggi questo del 16 maggio a Roncade, in Veneto, al New Age club. Io e la fotografa siamo partiti da Bologna. Prima del concerto abbiamo lasciato alcune cose nella campagna veneta in un agriturismo vicino al locale. In doccia canticchiavo “È solo un sogno”, da “Piccoli fragilissimi film”. Mi è sempre rimasta in testa, con quell’attacco di pianoforte dopo la prima strofa che prende il volo e la voce rimessa in primo piano. Credo che molti di noi hanno dentro almeno una canzone di Benvegnù. Questo vuol dire che lui si era già miscelato nel DNA di un popolo.

Al club siamo stati accolti da Marco Olivotto Seguitemi così evitiamo un po’ di fila”, mentre si ferma ad autografare un libro a un ragazzo. Era la prima volta che lo incontravo, ma la scena mi faceva capire che c’era un certo peso dietro al personaggio. Così eccoci dentro. Volete intervistare qualcuno? Che so, Giorgio Canali? ci ha detto ma noi eravamo ancora sconvolti da quel paio di file in autostrada e nessuna cena in corpo. Eccoci vagare in sala e poi davanti agli Estra. Gentilissimi, cortesi e disponibili. Ore dopo avrebbero preso il palco per un’esibizione memorabile. Ma ora rimettiamo le lancette indietro.

Avanzate, ascoltate. La sala si è riempita abbastanza subito, noi prendiamo posto e posizione. Sale Mario Pigozzo Favero, tra gli organizzatori. Non ci saranno presentatori. Io non lo sono. Siamo qui stasera per un tributo a uno dei più grandi scrittori di canzoni. Tutto questo è nato da un gruppo Whatsapp. Ogni band che verrà alternerà un brano di Paolo a uno proprio. Li invito a spendere due parole su di lui. Non facile per me non avere un presentatore che introduce le band, soprattutto se alcune non le conoscevo seppure molto celebri in regione. Ma del resto, quale modo migliore di conoscere i gruppi se non dal vivo?

Oh!

Iniziano gli Oh! con una lead voice al femminile per “L’equilibrio” degli Scisma; un bel muro di suono compatto in questo primo omaggio con formazione classica chitarra/basso/batteria ma anche un violino elettrico dai Superportua. Non so perché mi fisso sulle loro magliette; erano a loro volta dei tributi: una con Patti Smith, un’altra con I 3 Allegri Ragazzi Morti. Continuano quindi con “Per adesso tutto bene”, un brano sonoramente dal vivo tra i Marlene Kuntz e i Massimo Volume.

Oh!

Noto subito che, tra un passaggio e l’altro dei partecipanti in scaletta, i componenti delle reciproche band si abbracciano fraternamente; c’era una gran condivisione per una causa comune.

Tommaso Mantelli
Tommaso Mantelli

Avanzate, ascoltate. È la volta quindi di Tommaso Mantelli in trio con violino elettrico, chitarra e pad, a loro modo orchestrali nel brano “27/12” e vibranti nell’interpretazione di “Una nuova innocenza” di Benvegnù: chitarre secche, dure e con un ché di italiano indie anni ‘90. La cover viene anticipata da un ricordo: L’ho conosciuto qui, al New Age, negli anni ‘90, quando feci da fonico agli Scisma.

Il peggio è passato

Poi, la band Il peggio è passato, sul palco con un dress code in giacche rosse. Chitarra acustica, synth e computer. Paolo ci ha lasciato una grande lezione d’amore prima di tutto. Guardate voi qui, dice il cantante introducendo la celebre “Tungsteno” degli Scisma che viene accompagnata da tutto il pubblico; a seguire il cantautoriale malinconico di “Giulia davvero” – dedicato a chi non c’è più.

Il peggio è passato

Ancora un ricordo di Paolo: Vi racconto di Asso Stefana. Nel ‘99 gli Scisma erano in tour. Asso lasciò una musicassetta a Benvegnù con dei suoi lavori. Asso fu ricontattato dallo stesso che lo invitò a seguire gli Scisma in tour ma lui era minorenne, i genitori non volevano. Allora Paolo si presentò a casa per parlare con loro e tranquillizzarli.

Emanuele Lapiana

Avanzate, ascoltate. Ricordi inediti di Paolo vengono snocciolati man mano. Arriva uno dei momenti clou di tutta la serata, se dovessi misurare le vibrazioni del pubblico in qualche modo: sul palco salì Emanuele Lapiana con metà volto truccato; una band scenica – il percussionista aveva questo cubo in testa che si illuminava – e sperimentale con chitarre dal suono desolato e sound elettronico.

Emanuele Lapiana

Il gruppo ci ha regalato tra i 10 minuti più memorabili in una splendida versione de “Il mare verticale” in cui Benvegnù è stato totalmente assorbito, masticato e restituito al pubblico in un’interpretazione emozionante seguita da “Fatwa”. Molto molto interessanti, decisamente arrivano al cuore senza dubbio alcuno.

Superportua

Avanzate, ascoltate. Paolo fu lì in qualche modo. L’arte che sopravvive all’uomo. L’arte che inizia a miscelarsi nel DNA di generazioni. Per chi ci ha lasciato la verticalità distogliendoci dall’abisso. Così si sono introdotti i Superportua nel proporre “L’origine del mondo” e “Io e il mio amore” di Benvegnù; molto rock e diretti, interpretazioni rabbiose dentro un look scuro ed elegante, tutto dosato da tanta esperienza.

Superportua

Il cantante poggia il piede sulla transenna: un frontman trascinante che non si risparmia e che del contatto ha fame ed esperienza.

Artemoltobuffa

Il momento forse più pulito e acustico di tutta la sera arriva con Artemoltobuffa: Io non l’ho mai conosciuto Paolo. Mi ricordo che mi scrisse tra il primo e il secondo disco. Voleva incontrarmi. Ma poi non ci siamo mai incontrati. Volevo essere qui comunque. Si destreggia solo, con una loopstation, nell’esecuzione intima di “1784” per poi eseguire “Le rughe sulla fronte”.

Avanzate, ascoltate. Chiunque ha da dire, dica. Anche chi non lo ha conosciuto, quel grande cantautore. Perché ascoltare è più importante di parlare. Perché essere stati ascoltati è più importante di qualsiasi senso dell’esser stati vivi.

Liet

La giovane Liet accompagnata dai –  tornati sul palco – Superportua alterna la potenza della sua voce, ogni tanto con cadenze alla Dolores O’Riordan, a quella della sezione strumentale per un’interpretazione di “Il nostro amore indifferente” (tratto dall’ultimo album di Paolo) e “Rosemary Plexiglas (che valse il premio Ciampi agli Scisma).” Liet tira fuori verso la fine un testo che legge.

Alessandro Grazian

Continuano i tributi tratti dall’ultimo lavoro del cantautore con “Suggestionabili” interpretato dall’elegante e tecnico Alessandro Grazian, solo chitarra e voce, cover apprezzata e sostenuta dal pubblico.

Non voglio che Clara

Paolo è nato qualche anno prima di me, abbastanza perché io lo seguissi in un periodo in cui quegli anni rimangono per sempre” dichiarano i Non voglio che Clara. Molto riflessivi, molto “mare plumbeo” mentre eseguono “Il pianeta perfetto” e “La stagione buona”.

Avanzate, ascoltate. Entrarono i fratelli di viaggio. Il momento credo più toccante e intimo. I Benvegnù, band e compagni di Paolo, che hanno fatto chilometri per essere qui stasera. Erano lì, senza di lui, per lui, per la sua famiglia e con lui stesso tra le mani, imbracciando i suoi accordi. Grazie a quelli che hanno suonato prima di noi, mi hanno fatto stare bene. Per me stasera è particolarmente difficile”, dice Luca Baldini.

I Benvegnù

Non ascoltavo queste canzoni come pubblico dai tempi degli Scisma. Io ho un ricordo di molti anni fa, al Wake Up di Pescara – quando esisteva ancora – di lui e Benvegnù; eravamo fuori a fumare e arrivarono loro due che misero su uno sketch in cui Baldini sistemava la giacca a Paolo, prima del concerto. Erano giovanissimi. Avrei voluto dirglielo, ma non ho avuto il coraggio, magari leggerà qui. Volevo restituirgli un frammento di tempo che gli appartiene.Qui ho rivisto un Baldini brizzolato, più maturo e più segnato.

I Benvegnù

Vorremmo suonare un brano che non abbiamo fatto spesso. Si tratta di “Breve storia di Francesco C., classe 1929” Secondo me parlare di Resistenza in questo periodo è necessario.

Giorgio Canali

Avanzate, ascoltate. Giorgio Canali è incredibile: dove lo piazzi, ha il suo pubblico. Se lo metti in mezzo a un live collettivo, quando suona lui sembra di essere a un suo live. E così è stato. Battute con il pubblico e dal pubblico.  Non fanno più le aste di una volta scherza mentre si sistema.

Giorgio Canali

Poi entra la sua chitarra; cupa, ruvida; ecco, ruvida soprattutto. Qualche ora dopo l’ho incontrato fuori e lui ha guardato la mia maglietta con curiosità. L’ho comprata in un pub, è la loro maglietta. Ormai faccio shopping nei pub anche per vestirmi gli dico. Devo dire che dal punto di vista del design si trovano sorprese fuori stock mainstream ogni tanto. Lui fa una faccia da insulto trattenuto. Tornando al palco, Canali suona un paio di brani solo chitarra elettrica e voce, scarni e ruvidamente umani tra cui “Love is talking”.

Iacampo

Avanzate, ascoltate. Stiamo per giungere al termine. Dietro il camerino è successo questo. 28 anni fa conobbi Paolo. Ero con la mia band. Poco fa ho ritrovato un saluto che gli ho scritto all’epoca sui muri proprio di queste pareti; avrebbe suonato la sera dopo e io gli ho lasciato un saluto sapendo che lo avrebbe notato, che ho rivisto solo ora, stasera, poco fa.

Iacampo

Iacampo ci racconta questo aneddoto recente e passato prima di procedere, accompagnato da un contrabbasso, con la bellissima “Cerchi nell’acqua” e la sua “11 Anni luce”. Essenziale e orchestrale allo stesso tempo.

Estra

“Avanzate, ascoltate” viene eseguita dagli Estra, ultima band, ultimi 3 brani. Wow. Per Paolo. Grande uomo. Grande amico. Grande artista. Lui è passato e futuro. Un’esibizione carica, sentita, attesa dal pubblico, accolta.

Estra

Il frontman ama muoversi sul palco, dichiarare con la sua attitudine che quello era il suo habitat, giocare con la luce, cercare il pubblico. Sono tutti carichi. Passano alla loro “Preghiera” e poi l’ultimo ricordo: Con Paolo ci sono conosciuti nel ‘93. Paolo adorava “L’uomo con i tagli”. Eccola qui. Voi avete inclinato una prospettiva. Si conclude così il lungo omaggio.

Marco Olivotto

Ho deciso di concludere questo report con un’ultima testimonianza. Telefono a Marco Olivotto, con cui questo racconto è iniziato.

  • Ciao Marco, stavo chiudendo l’articolo. Volevo chiederti alcune impressioni. Dopo una settimana, come hai metabolizzato ora questo tributo a un artista e tuo amico?
  • Ho un ricordo bellissimo. Ne avevo già uno bello a Firenze, a marzo. Quello è stato il primo colpo. A Roncade avevo già affrontato ormai l’impatto del tributo. C’è stata dietro una bella atmosfera dove gli ego si sono annullati in favore di qualcosa di più grande. Proprio come a Firenze.
  • Sì, ho notato questi scambi di abbracci tra un cambio palco e l’altro. Tutto molto umano e umile. E tu? Come stai?
  • Per me emotivamente è difficile. È come aver perso un familiare. Ho trovato la sua morte ingiusta, se esiste una morte che si possa definire “giusta”.
  • Già. Era il pomeriggio del 31 dicembre. Di colpo arrivò la notizia e rimanemmo tutti di stucco. Io come pubblico, ma immagino voi.
  • Ricordo che mi chiamarono alle 15 di quel pomeriggio e poi tante altre chiamate. Da allora continuano a esserci tante iniziative. Di Roncade ricordo che tutto il pubblico ha cantato a squarciagola “Il mare verticale”: un pezzo di tutti ormai, ho capito questo. Paolo è di tutti.

Lo saluto dopo che parliamo della strana fortuna, nel dramma, di aver assistito a una meteora, se proprio doveva andare così. Di esserne stati testimoni, testimoni di questo breve attimo di vita, ognuno con le proprie perdite personali. Ognuno con le proprie meteore. Ma esse grattano il cielo quando passano, lo scheggiano, affinché dalla terra, quando guardiamo su, ne ricordiamo sempre il passaggio, guardando quel piccolo segno. Quel piccolo taglio sui nostri occhi.

Avanzate, ascoltate. Nella nostra storia e in quella dell’uomo è passato Paolo Benvegnù. Adesso narriamo le sue canzoni.

Articolo di Mirko Di Francescantonio, foto di Giovanna Dell’Acqua

Set list:

  1. L’equilibrio (cover Scisma)
  2. Per adesso tutto bene
  3. 27/12
  4. Una nuova innocenza (cover Benvegnù)
  5. Tungsteno (cover Scisma)
  6. Giulia davvero
  7. Il mare verticale (cover Benvegnù)
  8. Fatwa
  9. L’origine del mondo (cover Benvegnù)
  10. Io e il mio amore (cover Benvegnù)
  11. 1784 (cover Benvegnù)
  12. Le rughe sulla fronte
  13. Il nostro amore indifferente (cover Benvegnù)
  14. Rosemary Plexiglas (cover Scisma)
  15. Il nostro amore indifferente (cover Benvegnù)
  16. Il pianeta perfetto (cover Benvegnù)
  17. La stagione buona
  18. Breve storia di Francesco C., classe 1929 (cover Benvegnù)
  19. Love in talking (cover Benvegnù)
  20. Cerchi nell’acqua (cover Benvegnù)
  21. 11 Anni luce
  22. Preghiera
  23. Avanzate, ascoltate (cover Benvegnù)
  24. Preghiera
  25. L’uomo con i tagli

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