Diario di bordo del Luppolo In Rock a Cremona, giunto al secondo dei tre giorni in programma.
Altra giornata di sole cocente, seppur ventilata, e bardata di tutto punto mi avvio in direzione Colonie Padane. Tutte le band sono presenti all’appello oggi: il tempo di una bibita e si sfoderano le armi per andare in trincea, e la definizione del pit di oggi calza a pennello, in quanto sul fronte del palco, in prima linea, ecco comparire a passo marziale gli Scala Mercalli. La power metal band marchigiana è attiva dal 1992, una presenza storica nella scena underground italiana e vanta una nutrita discografi.
Dotati di notevoli capacità tecnico- musicali, bellissimi nelle loro divise ispirate ai corpi militari italiani del Risorgimento (e diciamocelo, è da eroi rimanere vestiti così a quell’ora e con quel caldo, anche se nel corso del live si arrenderanno rimanendo in maniche corte, ma sempre con magliette di ispirazione militare), sul palco oltre agli striscioni e un bel tricolore sulla batteria troviamo un cannone d’artiglieria pesante, un realistico rifacimento a grandezza originale di grande impatto scenico e che sparerà (ovviamente a salve ) sui fan che stazionano qua e là nelle zone ombreggiate, mentre i più coraggiosi si schierano al fronte sotto il solleone con i nostri artisti.
Con un wall of sound forte, ma lineare e pulito, il capitano Christian Bartolacci ci porta indietro nel tempo e ci parla, con le loro canzoni eseguite di seguito, quasi senza pause, dirette e potenti, di guerre, rivoluzioni, briganti ed eroi come “Hero Of Two Worlds ” dedicata a Garibaldi e che sottolinea un desiderio di unità. Una lettura positiva del periodo risorgimentale, di lotta per la libertà e non per l’oppressione.
Il concerto si conclude con un’esplosione di chitarre distorte e potenti rullate di batteria, forti come colpi di mitragliatrice, e non a caso direi, dopo di che gli Scala Mercalli rompono le file e si ritirano con onore nel backstage. Ad maiora, soldati!
Se qualcuno si chiedesse chi si esibirà dopo di loro, non avrebbe che da guardare le magliette dei fan, che per quanto riguarda a quantità se la giocano con quelle degli headliner, e che diventano sempre di più man mano che si avvicina il momento della loro performance: un esercito di fan esplode in un boato di applausi e grida per celebrare i loro beniamini, ecco apparire sullo stage gli Ancillotti nella loro potenza.
Una famiglia unita dall’amore e dalla passione per la musica dal 2009, il classico Heavy Metal nel loro caso, di quello più potente in circolazione. Il nome Ancillotti non dovrebbe mai mancare sulla mensola di ogni amante del Rock duro in generale, così come La Strana Officina e Bud Tribe. Il primo acclamatissimo membro a raggiungere la sua postazione è Brian, figlio di Bud, l’energico frontman e icona metal tricolore. Ognuno degli artisti viene accolto con calore, affetto, amicizia, applausi, urla, chi più ne ha più ne metta.
L’ energia e la rabbia espresse durante tutto il set sono difficilmente quantificabili, sottolineate dallo sfondo che rappresenta la copertina del loro ultimo lavoro, che verrà più volte proposto durante il concerto, “Hell On Earth “uscito il 29 maggio 2020 (la nostra recensione), e mettono a dura prova timpani, casse, fondamenta dei palazzi, vibra qualunque cosa, dalla transenna al terreno sotto i piedi. La voce di Bud è sempre una garanzia, assicurando uno spettacolo incendiario, e chi ha già avuto occasione di sentirlo con La Strana Officina sa che con gli Ancillotti riesce anche a superare se stesso. Chiama i suoi supporters Warriors presenti, are you ready?
Warrior”, tratta da “Down This Road Together”, (primo lavoro della band nato per la promozione con la stampa, poi reso disponibile a tiratura limitata anche al pubblico) è rapida e aggressiva, una scossa di terremoto, e Bud la dedica a due veri warriors, un omaggio a Bazz e Ripo, due membri fondatori del Luppolo in Rock prematuramente scomparsi. Gli irriducibili fan fanno headbanging alle mie spalle mentre il potente leader presenta i fratelli di band e poi tuona dal palco: noi siamo gli Ancillotti e un legame indissolubile ci unisce, noi siamo Legacy Of Rock!
Si percepisce fortemente la forza della loro unione che li porta a condividere vita, palchi, strade e musica. “Legacy Of Rock” è un pezzo possente, un Hard’n’Heavy suonato e interpretato col cuore. Alla fine del concerto qualunque parola degli Ancillotti viene coperta dalle esclamazioni e dai cori dei fan, a Bud viene mostrato uno striscione illustrato realizzato apposta e col quale si fa fotografare. Fanno a malapena in tempo a scendere dal palco che si ritrovano a fare un vero e proprio bagno di folla tra amici, conoscenti, supporter vecchi e nuovi, venuti anche dall’estero, qualcuno visibilmente emozionato di aver assistito a questa esibizione al fulmicotone: tutti vogliono stringere loro la mano, un abbraccio, un selfie, e gli Ancillotti hanno sorrisi per tutti, disponibili, genuini come la loro musica, uno spettacolo bello da vedere come quello appena terminato sul palco.
Dal puro Metal nostrano si passa poi, per la gioia dei fan del Prog, ai britannici Threshold, sotto le luci della ribalta dal 1988, attualmente considerati come una delle principali band progressive metal insieme a Dream Theater, Fates Warning e altri nomi storici. Ci vogliono una ventina di minuti per liberare il grande palco da ogni striscione, ed eccoli apparire, unità compatta e professionale, con decenni d’esperienza e assolutamente consapevoli delle loro capacità e musicalità. Alla luce di questo, le loro esibizioni dal vivo non deludono mai, e questa affermazione vale certamente anche stasera.
La formazione attuale vede Glynn Morgan alla voce e chitarra ritmica; al centro della band abbiamo il potente batterista Johanne James, che guida e tiene tutti insieme con grande stile, aggiungiamo la chitarra tagliente di Karl Groom, il basso solidissimo di Steve Anderson e il tocco di brillantezza dato dalle tastiere di Richard West, che si accorge di essere inquadrato dal mio zoom e ne è divertito.
Anche qua abbiamo un’ottima performance dove la band non ha sbagliato un colpo: si inizia con “Haunted”, dal recente album “Dividing Lines”, che con il suo ritornello contagioso vede la folla accogliere la band sul palco. In effetti, buona parte delle canzoni di questa sera provengono dal loro ultimo lavoro, dopotutto è pur sempre il “Dividing Lines European Tour”.
Questo album segna anche il punto di partenza di un Prog Metal di altissimo livello per i nostri Threshold. Il frontman, tra una canzone e l’altra, ci dice It’s really great to be back on the road, it’s been so long! Glynn è un grande cantante con un suono vocale decisamente accattivante e con un talento per le melodie orecchiabili, specialmente nei ritornelli. Tiene davvero il suo posto come frontman, ma senza strafare, anche quando spesso impugna la sua chitarra per dare un supporto extra alle canzoni.
Tutti i membri della band mostrano il loro talento nel loro modo più personale, contribuendo al suono riconoscibile dei Threshold, un sound abbastanza potente. “The Domino Effect” rallenta un pò le cose e introduce alcune tastiere che sembrano quasi ispirate a “Tubular Bells”, bassista e chitarrista invece si ritrovano spesso ad eseguire assoli impressionanti, deliziando i presenti. Sia che si tratti di materiale nuovo o più datato, i Threshold mantengono sempre la loro forza sofisticata e di certo non dimenticano di divertirsi sul palco. Un grande successo di questa seconda serata del Luppolo in Rock.
Quando il sole decide finalmente di calmarsi e spuntano le prime ombre della sera, ecco piombare come un fulmine sul palco la quarta band, attesa, festeggiata rumorosamente e reclamata al primo accenno di ritardo: i Raven fanno il loro ingresso suscitando l’ennesimo boato che ha fatto sussultare la tranquilla Cremona.
Band heavy metal britannica, i fratelli Gallagher, ovvero i Raven, sono in pista dal 1975: significa quasi cinquant’anni di successi ed onorata carriera, signori miei. La loro esperienza si riflette sia nella loro musicalità che nella loro performance; questi due fratelli sono uomini di spettacolo in tutto e per tutto, sono grandi professionisti e sanno come tenere in pugno il pubblico, che è in estasi.
Il frontman e bassista John canta con un microfono con cuffia per dargli più mobilità, permettendogli così di correre e muoversi sul palco mentre suonano; le sue linee di basso sono incredibilmente complicate e intricate, anche se la sua maestria le fa apparire semplici. Quest’uomo è davvero un maestro del suo mestiere. Anche suo fratello Mark è un incredibile chitarrista e artista, dei due il più scalmanato, il vero mattatore della loro performance. Completa la formazione il batterista Mike Heller, dai Fear Factory, un mostro incredibilmente preciso e incredibilmente veloce.
La voce di John raggiunge ancora livelli che si possono udire a miglia di distanza, mentre Mark si esibisce in assoli adrenalinici in cui sembra un malato di mente in fuga che suona la chitarra su e giù per il palco, con tutta la follia delle sue leggendarie smorfie. “Live At The Inferno” sembra una festa heavy metal del genere più tremendo: tale follia è difficile da superare, ed è difficile valutare veramente il caos che si è impossessato dei fan che hanno avuti la fortuna di essere presenti a questo spettacolo.
Lo sfondo del palco reca il nome di “All For One”, di cui i Raven stanno celebrando il quarantesimo anniversario; da qui “Destroy All Monsters”, dove Heller fa quasi a pezzi la batteria con una potenza assoluta. Il lavoro più recente di questi signori, invece, è “All Hell’s Breaking Loose ” (la nostra recensione), uscito il 30 giugno 2023 per Silver Lining Music.
Uno spettacolo potente col pubblico in delirio, una band che assolutamente ama quello che fa, e l’area concerti completamente gremita è una testimonianza di quante persone, anche giovanissime, amino ancora i Raven, anche se qualcuno li conosce come quelli che hanno suonato con i Metallica nel 1983.
Una gioia da guardare e ascoltare stasera, John è divertente anche quando aizza i fan che, con poco spazio a disposizione ormai, quasi saltano l’uno sulle spalle dell’altro: Wanna hear one more song? I will count uno, tres, quatro, then I want some fuckin’ noise!
Nessuno avrebbe voluto che il concerto finisse, ma sapevamo che sarebbe successo prima o poi.
Ci fanno sorridere salutandoci un pò in italiano e un pò in inglese: Grazie, prego, thank you very much, I hope to see you next year! See you soon!
Questi ragazzoni sono ancora stracarichi e persone con trenta o quarant’anni di meno vanno a sedere ai tavoli per respirare e riprendersi. Anche io tiro il fiato, mi guardo attorno e mi rendo conto che tanta, tanta gente ha preso ad arrivare: i Raven hanno fatto la storia, gli headliner che stanno per esibirsi, i Saxon, sono leggenda e ve ne parlerò nel prossimo articolo.
Articolo e foto di Simona Isonni