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Cleopatrick “Bummer”

Probabilmente ognuno dei pezzi di questo album è perfetto in una playlist, ma questo album non è una perfetta playlist

4 giugno 2021. Questa data è per i cleopatrick, e non solo per loro, non semplicemente la data di pubblicazione di “Bummer”, un album d’esordio che è solo una conferma per i loro fan, ma la riapertura di una porta da troppo tempo sigillata dal lockdown. Rilasciato su CD e formato digitale, sarà anche su vinile da ottobre per Nowhere Special Recordings / Thirty Tigers.

Un tempo il Rock e la musica erano un modo per socializzare, prima proprio con la “band”, quel gruppo ristretto da cui dovevi farti accettare se volevi suonare, e poi con il pubblico a cui ogni musicista aspira, spesso per rivalersi delle ore passate a studiare musica. Da quando la musica è diventata più facile da fare, le “nerd band” di sole due persone, o a volte una, si sono affacciate al successo. A fianco degli “schiacciatasti” elettronici, molti di questi sono invece grazie al cielo maniaci ossessivi di un suono vintage, distorto, analogico.

Dai White Stripes ai Black Keys fino ad arrivare ai Royal Blood e a questi cleopatrick, i sogni nati magari non in un garage ma in un seminterrato in Canada, da questa coppia di amici di sempre che ha trasferito lo stile produttivo e compositivo che si rifà all’’Hip Hop in un suono rock ruvido e minimale, sono diventati musica da palco. E di palchi ne hanno calcati malgrado la giovane età, avendo già aperto al Lollapalooza gli show di Royal Blood, Arctic Monkeys e Catfish and Bottlemen.

Ian Fraser e Luke Gruntz, in un periodo in cui il palco è diventato un sogno, hanno messo giù dieci tracce su cui il pubblico, che avranno finalmente di nuovo di fronte, potrà saltare. Per chi non vuole approfondire brano per brano, il giudizio complessivo è che sarà sicuramente più entusiasmante ascoltare dal vivo questi gioielli di rock minimale, che però ascoltati tutti di seguito in cuffia, a lungo andare saturano i recettori cerebrali della distorsione e del power drumming reclamando una pausa.

Probabilmente ognuno dei pezzi di questo album è perfetto in una playlist, ma questo album non è una perfetta playlist. Prendiamo “Victoria Park”; chissà se lo stile di John Bonham è arrivato a Ian Fraser dall’ascolto dei Led Zeppelin o dai campionamenti Hip Hop? In ogni caso ne sentiamo l’eredità, con questo shuffle guidato da duine di cassa e un riff ipnotico con pieni e vuoti su una scrittura che ricorda gli Arctic Monkeys, altro evidente riferimento di questo duo.

In “The Drake”, brano che i loro fan hanno avuto occasione di sentire dal vivo da un paio d’anni, sentiamo di più l’influenza Hip Hop, il flow del cantato di Gruntz si appoggia su una ritmica che sembra suonata sempre da John Bonham ma in un giorno in cui gli hanno regalato dei nuovi piatti. Questo brano racconta di un’esperienza con i bulli della città che si ripresentano a un concerto, al Drake Hotel appunto, e del fritto misto di emozioni che consegue al fatto che uno di loro, presentatosi ad un concerto rock per la prima volta solo per mostrarsi amico della band in ascesa, scambia un “mosh pit” per un’aggressione personale e causa una rissa mentre la band, impotente, deve continuare a suonare per non interrompere lo spettacolo.

In “Family Van” diventa evidente che forse no, i Led Zeppelin li hanno ascoltati e digeriti, questi due ragazzi: confrontate “Out On The Tiles” almeno per quanto riguarda il riff. Ma, lungi dal plagio, ci ripropongono una bomba energetica adrenalinica di spessore. “Good Grief” è uno dei singoli e… simboli di questo album, l’esclamazione che probabilmente ha sottolineato lo sbigottimento di questi mesi ad ogni chiusura e lockdown che abbiamo visto susseguirsi. Le radio rock non ce lo risparmieranno. Altra energia viene sprigionata senza pause per “No Sweat”, da ascoltare con tanto spazio intorno, o con gente disposta al pogo, assicuratisi dell’assenza di “Redacted”, il bullo di “The Drake”. Forse la migliore prova di batteria di Ian Fraser che ha sicuramente un carattere e un’originalità che lo porteranno lontano, forse a diventare una sorta di Travis Barker dell’Alternative – Indie Rock.

Con “Why July” Fraser sembra ricordare Eric Carr che imita John Bonham ma fa niente, questo è il Rock, e questo è uno dei due, ehm, “lenti” dell’album. È anche l’unico pezzo, insieme a “Ya” che ha però come testo solo la parola “Ya” ripetuta quattro volte, a non contenere la “F word” neanche una volta. Per il resto dell’album, potete divertirvi a contarne il ricorrere come si fa con i morti nei film di Rambo. “Peppers Ghost” è rock rappato abrasivo ruvido e ci prepara al secondo “lento” dell’album, “2008”, un pezzo che avrebbe potuto scrivere Chris Cornell e che forse meriterebbe una cover dall’esecuzione meno minimalista per apprezzarne l’armonia. “Great Lakes” è un po’ una bibbia dello stile cleopatrick, sembrano gli Arctic Monkeys caduti in un distorsore con il figlio di Mike Shinoda e un batterista hard rock.

A parte gli scherzi e i riferimenti doverosi alle origini alle quali tutto questo nuovo rock deve molto, questo album è fresco, originale nei suoni, e abbastanza crudo e diretto da essere entusiasmante. Preparate le orecchie e diteci cosa ne pensate.

Articolo di Nicola Rovetta

Tracklist “Bummer”

  1. Victoria Park
  2. The Drake
  3. Family Van
  4. Good Grief
  5. No Sweat
  6. Why July
  7. Ya
  8. Peppers Ghost
  9. 2008
  10. Great Lakes

Line up cleopatrick

Ian Fraser – batteria / Luke Gruntz – chitarra e voce

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