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Cowboy Junkies “Such Ferocious Beauty”

Un disco che hai voglia di riascoltare non appena giungi alla fine

Uno dei primi ricordi che ho dei Cowboy Junkies è di quando facevo il commesso in un negozio di dischi. Allora le case discografiche vendevano ai negozi il Servizio Novità, che consisteva nel ricevere scatoloni pieni di lp, cd e cassette da mettere in vendita sugli scaffali. Dopo sei mesi potevi rispedire l’invenduto e tutti erano felici. Con “The Trinity Sessions”, l’album che li fece conoscere – e parecchio – anche qui in Italia, il problema della restituzione non c’era, giacché le copie vendute erano tantissime e continue, e io non capivo il perché. Colpa mia, che all’epoca passavo ore e ore ad ascoltare e scoprire Frank Zappa e in quel dischetto trovavo solo ed esclusivamente ballate country noiose. Ma il tempo, si sa, è galantuomo: non mi si può definire un fan incallito della band canadese ma il mio rapporto con la famiglia Timmins è sicuramente migliorato.

Ecco che, quando mi è stato assegnato questo “Such Ferocious Beauty”, uscito il 2 giugno su Cooking Vinyl, ho iniziato anche a riscoprire qualcosa del loro catalogo. Poco più di 39 minuti divisi nelle canoniche 10 tracce, “Such Ferocious Beauty” è un lavoro davvero molto bello, che conferma sia la classe del quartetto di Toronto che l’abilità di songwriter di Michael Timmins nel creare brani che restano in sospeso fra Alternative Rock, Blues e Country che ne hanno fatto il loro marchio di fabbrica.

E con una voce bella, delicata ed evocativa come quella di Margo tutto risulta ancora più piacevole, nonostante in questo disco si comincino a fare i bilanci di una vita (anzi, di quattro) e a dover elaborare dolori come morte, distacco ed invecchiamento. I Cowboy Junkies partono subito con il carico da 11, e mettono come apertura delle ostilità la splendida “What I Lost”, un sei ottavi che si regge sugli accordi di un’acustica e da strati di elettriche acide; e neanche nella successiva “Flood” il lavoro di Michael sulle sei corde è ai limiti della perfezione, anche se la vera propulsione del brano è data da un ipnotico groove di batteria e da un pianoforte essenziale e minimale. Anche negli episodi più catchy, come nel singolo “Hard to Build. Easy to Break.” (una canzone che riflette su quanto dovremmo apprezzare ciò che abbiamo), stupisce la perfezione degli arrangiamenti e della produzione, asciutta ed essenziale e mai debordante.

Il lato più folk della band arriva nei due brani in cui il violino la fa da padrone, ovvero nelle tre belle ballate “Circe and Penelope”, “Shadows 2” e “Knives”, mentre il nostro brano preferito dell’album, “Hell is Real”, rivela la faccia più smaccatamente blues della medaglia. Il disco si chiude con “Blue Skies”, la voce di Margo sul delicato arpeggio di chitarra del fratello e solo qualche suono della natura a fare da tappeto. In definitiva, un disco che hai voglia di riascoltare non appena sei giunto alla fine, un lavoro malinconico ma che apre alla speranza, un album grintoso ma evocativo ed emozionante. È il ventiduesimo della carriera dei Cowboy Junkies, ed è davvero molto bello. Lasciatevi conquistare.

Articolo di Michele Faliani

Track list “Such Ferocious Beauty”

1. What I Lost
2. Flood
3. Hard To Build. Easy To Break.
4. Circe And Penelope
5. Hell Is Real
6. Shadows 2
7. Knives
8. Mike Tyson (Here It Comes)
9. Throw A Match
10. Blue Skies

Line up Cowboy Junkies: Alan Anton basso / Michael Timmins chitarra / Peter Timmins batteria / Margo Timmins voce

Cowboy Junkies on line:
Official site: https://cowboyjunkies.com/
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YouTube:  https://www.youtube.com/@CowboyJunkiesMusic

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