12/10/2024

Robert Plant presents Saving Grace feat. Suzi Dian, Firenze

12/10/2024

Savana Funk, Firenze

12/10/2024

Daniela Pes, Bologna

12/10/2024

The Devils, S.Zenone dgli Ezzelini (TV)

13/10/2024

Reb Beach & The Bad Boys, Torino

13/10/2024

Les Negresses Vertes, Bergamo

13/10/2024

Un uomo chiamato Bob Dylan, Milano

13/10/2024

Les Negresses Vertes, Bergamo

14/10/2024

Robert Plant presents Saving Grace feat. Suzi Dian, Bologna

14/10/2024

Vibravoid, S.Zenone dgli Ezzelini (TV)

15/10/2024

Robert Plant presents Saving Grace feat. Suzi Dian, Torino

15/10/2024

Diljit Dosanjh, Milano

Agenda

Scopri tutti

Desert Twelwe “Desert Twelwe”

Album ricco di scritture e varietà sonore, che porta in un accattivante viaggio mistico fra Hard Rock e Psichedelia

Il giudizio su Desert Twelwe, esordio della band omonima per OrzoRock Music uscito il 29 giugno 2022, è delicato, perché mi ricorda la barzelletta dell’ingegnere che viene pagato un milione per girare una vite: non è il lavoro svolto che deve essere valutato così tanto, ma sapere quale vite girare. Gaby Finotti, “master mind” dietro al progetto, di viti (ehm… oltre al suo bassista, gioco di parole non voluto) ne ha girate tante, e anche bene. Questo album è il risultato di un lavoro semplice come girare una vite? No, tutto il contrario; ma il paragone regge nel dover giudicare l’album alla luce della storia che lo precede. Quindi, per rendere più oggettivo il giudizio mi affiderò alla checklist che uso quando giudico un album. Mi faccio cinque domande, e a seconda dei voti da 1 a 10 che do alle risposte, stilo la recensione.

La prima domanda è: “chi è l’artista?” In questo caso è una formazione all’apparenza inedita ma dalle spalle larghissime: prima di tutto, quelle del citato Gabriele “Gaby” Finotti, artista, chitarrista, autore, discografico, editore (e farmacista) che anima il tratto piacentino del fiume Trebbia, ma poi anche l’Italia e l’estero, di Rock fin dagli anni ‘90. Parlare dei suoi Misfatto, del festival OrzoRock, dell’etichetta OrzoRock Music sarebbe fuori tema e non credo sia quello che neanche lui vorrebbe, ma sarebbe incompleto non accennarvi, come lo sarebbe non ricordare che anche gli altri componenti di quello che se il Piacentino fossero gli USA sarebbe definito un “supergruppo” hanno esperienze di riguardo, anche se più brevi: la vocalist Vittoria Ipri con i The Wanted Ones, il batterista Gabriele Gnecchi con i Kabirya e il chitarrista bassista Alex Viti con gli stessi Misfatto. Quindi voto: dièsci… no, scherzo, però la risposta alla prima domanda rende interessante (e oneroso) il confronto con un passato che non è un foglio bianco.

Seconda domanda: “come si colloca questo album rispetto agli altri dello stesso artista?” Qua la risposta è più difficile, perché ad essere precisi si tratta di un album di esordio di un nuovo progetto, che risente di tutte le influenze, ma ha una sua identità stilistica autonoma che ne fa un’opera da giudicare separatamente.

La terza è: “come si colloca rispetto agli altri album attuali, dello stesso genere o più in generale?” E qui non possiamo dire che qualcosa ci abbia spiazzato per la carica innovativa, però la densità narrativa, la varietà della tavolozza e le atmosfere create ci hanno intrattenuto.

Quarta domanda: “com’è l’album dal punto di vista tecnico, com’è suonato, com’è prodotto?” La risposta è che l’album è caratterizzato da una estrema cura e mestiere compositivi e produttivi, che ci hanno deliziato. È un album prodotto e suonato bene, e l’esperienza si sente, anche negli assoli che conservano l’autenticità della presa diretta (mi piacerebbe sapere se qualcuno è stato ritoccato o rattoppato e non mi stupirei se la risposta fosse no) e trasmettono emozione e atmosfera.

Ultima domanda: “che cosa mi ha dato quest’album quando l’ho ascoltato?” Qui il responso è che l’album letteralmente rapisce in una dimensione sua, che non si ha voglia di abbandonare, ed è stato come leggere una graphic novel appassionante e intrigante.

Prima del responso finale scorriamo la track list: “Your Cold Cold Desert Heart” è una suite inquieta e insinuante di undici minuti e venti che si appoggia su riff Classic Rock, alterna strofe psichedeliche di basso effettato con voce riverberata, a ritornelli pieni, a una parte acustica; procede a passo lento, ha un solo di armonica, svise di chitarra con eco e momenti di pausa minacciosi dopo i quali riparte in un avvolgimento quasi fibonacciano che si conclude sulla voce di Vittoria lasciata sola a concludere il brano.

“The Keeper of the Space Time Cage” è una galoppata mistica e psichedelica con voci e chitarra raddoppiate; “Everyone Against” è un brano dall’evoluzione dinamica la cui linea vocale sciamanica cavalca il contrappunto del basso sincopato e distorto. “In the Air Tonight” di Phil Collins è una canzone oscura, misteriosa e inquietante che però visse alla sua uscita di un arrangiamento elettronico, dando addirittura il via ad un particolare modo di produrre i suoni di batteria per rendere meno analogico anche il suono reale dei tamburi. In questa versione mi piace che proprio le percussioni siano volutamente analogiche, quasi etniche, per restituire una dimensione tribale a questo testo che è quasi una maledizione stregonesca nata dall’astio e dalla delusione, facendone un brano chiave perfettamente inserito nella linea narrativa dell’album.

“Mother Simulacrum” è più vicina all’Hard Rock o all’Heavy Metal anni Ottanta con il suo riff minore e classicheggiante ma ha un andamento frammentato e vario con cambi di tempo che tiene viva l’attenzione. Le sonorità di “Desert Kiss” richiamano forse club Rock più moderno ma sempre inglese, e i riff dispari tengono alta la tensione attraverso echi psichedelici fino a sfociare in “Butterfly Snake”, seconda “suite” dell’album che bilancia l’apertura con un nuovo viaggio di otto minuti, e passa dall’inizio di ballad acustica sostenuta da un ricco lavoro di basso fretless, per entrare in un loop dispari, e finire poi in un pieno quasi orchestrale che fa da coda a tutto l’album, e proprio con un suono da “coda” di serpente a sonagli si chiude.

Ah già, non vi ho dato la pagella definitiva. Forse perché… ehm, ho mentito. Avete creduto veramente che io avessi una checklist per valutare gli album? L’ho inventata oggi, era solo una scusa per evitare di dare un giudizio arbitrario su un album che, per quanto non propriamente sperimentale, è ricco di scritture e varietà sonore e vi porterà in un accattivante viaggio mistico che ha il valore prezioso di far convergere l’esperienza musicale di una generazione in una dimensione psichedelica ed evocativa supportata da quella nuova.

Articolo di Nicola Rovetta

Tracklist “Desert Twelwe”
1. Your Cold Cold Desert Heart
2. The Keeper of the Space Time Cage
3. Everyone Against
4. In the Air Tonight
5. Mother Simulacrum
6. Desert Kiss
7. Butterfly Snake

Line up Desert Twelwe: Gabriele Finotti chitarra elettrica, chitarra acustica, sintetizzatore, armonica, flauto, percussioni / Vittoria Ipri voce / Gabriele Gnecchi batteria, percussioni / Alex Viti basso, basso fretless, chitarra

Desert Twelwe online:
Facebook: https://www.facebook.com/desertwelve
Instagram: https://www.instagram.com/desertwelve

© Riproduzione vietata

Iscriviti alla newsletter

Condividi il post!