C’era attesa, fra i fan più attenti, per questo lavoro a quattro mani che vede all’opera Hugo Race, frontman dei leggendari post-punk australiani The Wreckery, chitarrista dei Bad Seeds, nonché leader di True Spirit e Fatalists, e Gianni ‘Marok’ Maroccolo, produttore di musica alternativa italiana e di colonne sonore per film fin dalla scena darkwave fiorentina degli anni Ottanta, con Litfiba, CSI e CCCP (e tanti altri ancora). Il risultato di questa attesa è “The Vigil”, uscito il 25 aprile sulle piattaforme digitali, e in cd e vinile il 16 maggio, per Gusstaff Records.
Un lavoro nato da lontano, dove è protagonista anche il giornalista Giuseppe Pionca, autore del volume “Il Maroccolario” (la nostra recensione), che ha creato l’occasione per l’incontro. L’attesa era tanta, si diceva, anche perché era dal 2022 che si sapeva di questo disco. Nel frattempo, però, sono successe molte cose, e tante collaborazioni sono passate davanti a questo album che ora vede la luce. Otto tracce (di fatto sette, con una ripresa finale) che, pur non essendo ispirate come fu la collaborazione tra Maroccolo e Claudio Rocchi, regalano comunque due momenti molto interessanti e cinque brani piacevoli, che profumano di Nick Cave e di Tom Waits, con atmosfere che richiedono tempi dilatati e la voglia di prendersi alcune ore per ascoltare.
“The Vigil” è un album che pende più verso il lato di Race che da quello di Maroccolo. Anche qui, il bassista toscano mette mano più al suo lato di manipolatore di suoni, che a quello di bassista. Così si è definito Maroccolo nel debutto del suo tour “Il Sonatore di Basso” (la nostra recensione), lavoro che lo vede impegnato in questa primavera e che credo non lo porterà, nell’immediato, a delle date a quattro mani con Race. Un lavoro che profuma di elettronica, senza troppa sperimentazione, a tinte Kraut e Tanca, con una piacevolissima sorpresa: “Duru Duru”, traccia che chiude il lavoro, prima della ripresa di “Phoenix”.
“Duru Duru” è un brano stratificato, dove l’incipit ricorda il lavoro di Pagani fatto per “Crêuza de mä” (ma anche per la sua “Argiento”), per poi passare alle atmosfere Tanca di Iosonouncane, con la voce che diventa quindi suono e non più significante, per concludere con un mix in cui risuonano le atmosfere dei Deproducers. Insomma, un brano inatteso, non tanto per i due talenti in campo, quanto per quello che si è sentito fino a quel momento. Una composizione di certo più solare rispetto alle atmosfere cupe e dark del resto del lavoro.
Altro brano vertice di questo disco è “La Pace”, che il destino vuole sia uscito poco prima che il nuovo papa Leone XIV° si presentasse al mondo, proprio con “Pace” come prima parola pronunciata dopo la sua elezione. Nessuno è profeta, ma di certo i due artisti sono da sempre connessi con il nostro mondo e sanno bene che, mai come in questo momento, in tempo di guerra, la pace è una parola abusata e utilizzata senza alcun valore. Ecco che il testo che canta Race, non nuovo alla nostra lingua nella sua produzione, è di fatto una riterritorializzazione di un termine ormai svuotato di valore e significato. Come il papa avrà il compito, insieme ai leader del mondo, di ridare campo e significato a quel termine, così Maroccolo e Race ci regalano un testo carico di disillusione, e per questo pungente.
Il resto del lavoro, si diceva, non ha alcuna ambizione, se non quella di aver messo insieme due grandi talenti: il più internazionale degli artisti underground italiani, e il più vicino all’Italia tra le voci minoritarie della musica internazionale. Il risultato è buono, e ci mancherebbe che non fosse così (l’album non sarebbe mai uscito altrimenti). Dai suoni elettronici della title track “The Vigil”, brano nel quale Race si muove sul suo territorio d’elezione, cioè il post punk d’autore, alle sonorità quasi figlie del West e del Sud degli Stati Uniti di “Soldiers”, fino alle atmosfere New Wave e Post-New Wave di “Where Does The Night Go”, brano dove è impegnato anche Antonio Aiazzi, sodale di Maroccolo e con lui nei Litfiba doc; un brano che ricorda le atmosfere (belle) di “Mephisto Ballad”. La chiusura è con “Phoenix – Reprise”, che già dal titolo non può che essere una chiusa di ispirazione prog – Pink Floyd, ma con una pienezza sonora che Maroccolo ha messo in campo nel tour “Nulla è andata perso” e nei quattro album del progetto “Alone”.
A conti fatti, il disco è vero che pende dal lato di Race, dando vita a un ecosistema più vicino al suo habitat musicale, ma non si allontana poi così tanto dal mondo di Maroccolo, soprattutto se si guarda al suo album solista – troppo sottovalutato – “A.C.A.U. La nostra meraviglia”. Race e Maroccolo, insomma, non si sono fatti male, pur senza farsi troppo bene a vicenda. Ne sono usciti da signori, con un album piacevole, non banale, che non vuole lasciare il segno, ma che raccoglie il meglio di quello che si muove nei rispettivi mondi sonori.
Articolo di Luca Cremonesi
Track list “The Vigil”
- The Vigil
- Phoenix
- Soldiers
- La Pace
- Pandora
- Where Does The Night Go
- Duru Duru
- Phoenix (reprise)
Line up: Gianni Maroccolo: bass, synth, electronics / Hugo Race: voice, guitars, organ, keys, electronics / Antonio Aiazzi: pianoforte, organ, synth / Andrea Pelosini: drums / Nicola Baronti: MS20, electronics, percussion
Hugo Race & Gianni Maroccolo online:
Instagram: https://www.instagram.com/gianni_maroccolo/
Instagram: https://www.instagram.com/hugo_race_helixed/
YouTube: https://www.youtube.com/user/maroccologianni
YouTube: https://www.youtube.com/channel/UCYj25SEeN2AUfXF2hyZ_s7Q