18/05/2024

The Matt Project, Levico Terme (TN)

18/05/2024

Cor Veleno, Bologna

18/05/2024

James Senese JNC, Ercolano (NA)

18/05/2024

James Senese JNC, San Leucio Del Sannio (BN)

18/05/2024

Rhapsody Of Fire, Trezzo S/A

18/05/2024

Extrema, Milano

18/05/2024

Orb, Nonantola (MO)

18/05/2024

Vintage Violence, Genova

18/05/2024

Marta Del Grandi, San Valentino in Ascoli Piceno

18/05/2024

Il Muro Del Canto, Genova

18/05/2024

Mercanti Di Liquore, Cavenago di Brianza (MB)

18/05/2024

Feudalesimo e Libertà “Adunata VI”, Trezzo sull’Adda (MI)

Agenda

Scopri tutti

Lars Fredrik Frøislie “Fire Fortellinger”

Album prog intrigante, sicuramente di stampo vintage ma interpretato con maestria e fantasia

Raccontare articoli di una nuova opera discografica comporta spesso affermare quanto il periodo pandemico, con tutte le sue problematiche e limitazioni, sia stato un handicap notevole per la musica, così come in generale per tutta l’arte dello spettacolo. Tuttavia, pur nel forzato isolamento, alcuni musicisti hanno trovato gli stimoli e l’ispirazione giusta per scrivere e comporre, recuperando anche una fresca spontaneità, e magari rendendo quel periodo difficile un’occasione di isolamento nel quale esprimere tanta colorata progettualità. È il caso occorso, per esempio, a Lars Fredrik Frøislie, che il 2 giugno pubblica per la prolifica etichetta scandinava Karisma Records il suo album di debutto come solista dal titolo “Fire Fortellinger”.

Frøislie è il tastierista del gruppo prog norvegese Wobbler, operativo ormai da più di vent’anni e con una bella carriera alle spalle. Si formarono infatti nel 1999, anche se il loro primo lavoro in studio risale al 2005 e sono da sempre stati ispirati dal Prog classicheggiante dei ’70, con buoni riscontri di pubblico e critica. Come membro fondatore della band, questo artista ne è l’anima, e costituisce uno dei principali artefici del loro sound. L’ultimo disco della band risale al 2020, l’ottimo “Dwellers of the Deep”. Da lì in poi, gli eventi hanno condizionato l’attività dei componenti costretti ovviamente alla pausa imposta dalle circostanze. In questo caso, lo stop è stata la molla che ha portato il tastierista a lavorare su materiale inedito e elaborare una serie di brani che sarebbe probabilmente confluito, con tutti gli arricchimenti del caso (compresi testi in inglese), su un album del gruppo madre. Il tutto è rimasto invece confinato nella mente e nelle mani del tastierista, che ha prodotto un lavoro solista assolutamente gradevole, fresco e istintivo, senza le sovrastrutture dei processi in studio, preservando l’aspetto umano, anche talvolta con errori di esecuzione e inconvenienti tecnici e senza un ingente ricorso alla tecnologia.

Un disco che ha conservato fra l’altro i testi in lingua nordica, che si adattano comunque egregiamente alle partiture. Nel promo si legge che Frøislie si è servito delle vecchie tastiere analogiche che caratterizzavano band storiche come il cembalo, il Mellotron, il Moog e l’organo Hammond. L’uso di questa strumentazione ha stuzzicato i miei ricordi e fatto rivivere pittoreschi momenti del passato, in cui alcuni tastieristi dei gruppi Prog si presentavano, anche on – stage, attorniati da una moltitudine di imponenti tastiere, al tempo di nuova concezione. Anche se osteggiate da taluni, soprattutto per il loro ingombro e la poca maneggevolezza, le tastiere Rock mi hanno sempre profondamente affascinato perché oltre al loro determinante apporto alle nuove sonorità che stavano fiorendo in quegli anni, regalavano ai gruppi un aspetto glam molto spettacolare.

Ecco che quindi il tastierista norvegese ha subito destato in me interesse, soprattutto per la genuinità di un album che proprio rimanendo il più spontaneo possibile, presenta anche momenti di improvvisazione e tutte le problematiche tecniche che una strumentazione così particolare e scevra da ausili digitali può provocare. Un suono assolutamente intrigante, sicuramente di stampo vintage ma interpretato con maestria e fantasia, intriso di tante raffinatezze che ne fanno un lavoro sicuramente pregevole.

La trama dell’album non è quella dal format concept, poiché ogni brano racconta una storia diversa. Un lavoro che si muove fra naturalità, mitologia e fiabesca irrealtà. Le 4 tracce che compongono il disco sono l’essenza dei lineamenti Prog più tradizionali che si snodano attraverso lunghe suite dalle evoluzioni eterogenee e con tante sfaccettature. Due di queste, “Rytter av dommedag” e “Naturens katedral” sono addirittura superiori nel timing ai 16 minuti, ma si lasciano piacevolmente ascoltare perché il loro incedere non risulta ridondante. La prima ci presenta subito momenti impetuosi e di alta intensità elettrica, fughe tastieristiche e un Hammond dinamico; il tutto viene alternato da attimi più leggiadri e un piano sognante con la bella voce di Frøislie che flirta tra queste magiche atmosfere e i variegati colori del mellotron e del cembalo traverso.

A supportare la parte ritmica il bassista norvegese Nikolai Hængsle, che si destreggia egregiamente fra le evoluzioni sonore dei brani. Il richiamo alle peculiarità delle tradizioni prog/rock degli anni ’70 è conclamato, ma si percepiscono anche sprazzi di un suond più solare e colorato da tinte mediterranee. Non per niente Frøslie si proclama sincero appassionato di mitiche band nostrane. Stessa linea per la seconda lunga suite “Naturens katedral” dove si torna a un Jazz/Prog più frenetico, fatto anche da improvvisazione e dinamicità con continui cambiamenti ritmici. Una storia questa che racconta meraviglie della natura, rappresentando le montagne norvegesi durante l’inverno quando il clima gelido e le bufere di neve abbondano e al contempo vuole descrivere i tempi passati assimilandoli a un deserto, l’allegoria di una vita più semplice e meno condizionata dalla tecnologia.

Gli altri due brani, non della stessa lunghezza, ma comunque sempre estesi oltre i sei minuti sono deliziosi acquarelli sonori. Il primo “Et sted under himmelhvelvet” è un motivo sognante, dalle atmosfere malinconiche, meditative e armoniose prima di un’evoluzione in fascinose commistioni fra synth e tastiere e qualche accenno Folk dalla musicalità lussureggiante. Questo brano tocca senza dubbio le corde del cuore perché probabilmente ambientato in un giardino rinascimentale a Firenze o in quelli dell’Arcadia, con i suoi paesaggi bucolici e scenari idilliaci. È quindi un’esaltazione alla bellezza della natura, a quello che ci fa sentire bene e a nostro agio. Le atmosfere rimandano talora a reminiscenze di gruppi nordici come gli olandesi Focus.

“Jærtegn” riporta a ritmi più intensi, anche se l’intermezzo con l’inserimento del cembalo e il bellissimo finale dai sapori epici e evocativi conferisce pathos al brano. La voce del tastierista sembra in certi momenti assimilarsi a quella di un moderno menestrello che descrive emozioni. Una trama incredibile che spiega la storia di un carro con cavallo che sfreccia in una foresta; il carro si ribalta allo stesso istante in cui si verifica un’eclissi solare e i cavalieri diventano come eterni vagabondi in una foresta buia e tenebrosa; nei rari momenti in cui il sole compare nell’aurora boreale, allungano le braccia verso il sole sperando di trovare la strada che li riconduca a casa. Storie surreali e visionarie, ancora ispirate dalla mitologia, che emanano un fascino particolare e trovano una perfetta simbiosi con i ritmi suggestivi e variopinti delle trame. L’album non vuole essere uno sfoggio di virtuosismo, ma la sincera dimostrazione di una musicalità che sgorga dalla mente fervida e creativa dell’artista il cui talento e tecnica sopraffina sono stati forgiati anche da anni di militanza in una band di grande spessore.

Il disco ci conduce in mondi antichi alla riscoperta di leggende e paesaggi dimenticati. Natura e mito si fondono perfettamente nella narrazione delicata di Frøislie che con il suo timbro caldo e rassicurante dipinge immagini incantate. Lo sfondo ideale per questi racconti sono senza dubbio le sue tastiere che grazie all’abilità dell’interprete rendono ancora più leggiadre le atmosfere oniriche delle liriche. Un primo lavoro da solista molto interessante che porta alla ribalta un musicista che pur avendo alle spalle una carriera consolidata, ha voluto deliziarci con un viaggio personale raffinato e spontaneo.

Articolo di Carlo Giorgetti

Tracklist “Fire Fortellinger”

  1. Rytter av dommedag
  2. Et sted under himmelhvelvet
  3. Jærtegn
  4. Naturens katedral

Lars Frederick Frøislie: Mellotron M400, MiniMoog Model D, Yamaha CP70, Hammond C3, Rhodes MKII, Hohner Clavinet D6, Arp Synthesizer, Korg VC-10, Solina String Ensemble, Spinetta, Pianoforte Musicians: Nikolai Hængsle Rickenbacker 4003, Fender Jazz Bass, Fender Precision, Fender Telecaster Bass.

Lars Fredrik Frøislie Online:
Facebook https://www.facebook.com/larsfredrikfroislie
Instagram https://www.instagram.com/lffstudios/
YouTube https://www.youtube.com/@fredfroi

© Riproduzione vietata

Iscriviti alla newsletter

Condividi il post!