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Leah Weller “Freedom”

Dal suo arrangiamento spettacolare si ha la sensazione di trovarsi davanti a un grande lavoro

Una delle conseguenze più antipatiche della Brexit è che, anche pagando l’abbonamento annuo ad un colosso dello shopping online, i dischi provenienti dal Regno Unito ci mettono più di due mesi ad arrivare a destinazione, e spesso la simpatica Agenzia della Dogana ti fa anche pagare l’Iva su quello che hai già pagato e una sanzione … Ecco perché, nonostante “Freedom” di Leah Weller sia uscito il 21 ottobre scorso (pubblicato da Modern Sky UK), è nel nostro lettore da solo un paio di settimane. E lì dentro ci capita spessissimo. Sì, perché un cd comprato più che altro per curiosità e per amore sviscerato nei confronti della famiglia Weller, può finire per entusiasmare e per monopolizzare i tuoi ascolti.

La famiglia Weller a cui faccio riferimento è ovviamente quella di papà Paul, già frontman di Jam e Style Council e da 30 anni abbondanti titolare di una scintillante carriera solista, e di mamma Dee C. Lee, ex moglie di Paul e cantante anch’essa, prima negli Wham come corista, poi negli Style Council e infine da sola, anche se con risultati commerciali non brillantissimi. E la figlia in questione è Leah Weller, che arriva al suo debutto discografico alla non giovanissima età di 31 anni affidandosi in parte al team che di solito lavora con il padre. La produzione dell’intero progetto è infatti di Steve Cradock, da anni chitarrista e side-man del Modfather.

Il risultato globale non dista molto dai suoni dei lavori più orientati verso il soul anni ‘60-‘70 di Paul Weller (specialmente del periodo dello splendido album di cover “Studio 150”), ma fin dall’iniziale “Freedom” e dal suo arrangiamento spettacolare si ha la sensazione di trovarsi davanti a un grande lavoro: la voce di Leah è splendida, corposa e profonda, e la scrittura appare ispirata e perfettamente a fuoco sia nelle ballad – “Pale blue eyes” bellissima, con la sua pedal steel a fondersi con l’arpeggio della chitarra acustica – che negli episodi più movimentati, come l’irresistibile “Dive in”, praticamente un Bignami su come scrivere la canzone perfetta e su come arrangiarla, con flauto e sezione fiati a fare da contrappunto alla voce, o il singolo “Wonder”, in perfetto stile Motown.

Non mancano i brani in cui la voce di Leah viene lasciata in primissimo piano, come nell’eterea “Call me by your name” interamente costruita intorno a un arpeggio di chitarra e da un basso discreto ed appena accennato, o altri più disimpegnati nei quali miss Weller fa l’occhiolino alle classifiche come “Summer at last”, una pop song solare ed orecchiabile. In definitiva un debut album davvero convincente, che nonostante un paio di tentativi nei quali si cerca di ricordare due mega star come Amy Winehouse (in “Strength” e nel suo ritmo in levare) o Adele (nella ballatona “Change”) ci fa conoscere il talento cristallino di un’artista che sarà anche figlia d’arte al quadrato, ma che lascia presagire che questo “Freedom” sia solo il primo step di una luminosa carriera. Non posso fare altro che consigliarvelo.

Articolo di Michele Faliani

Tracklist “Freedom”

  1. Freedom
  2. Wonder
  3. Pale Blue Eyes
  4. Dive In
  5. Change
  6. Call Me By Your Name
  7. Strength
  8. Summer At Last
  9. Reason
  10. Unity
  11. Something Sacred
  12. Butterflies

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