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Pinhdar “A Sparkle On The Dark Water”

L’album evoca atmosfere oniriche e genera contrasti che catturano l’anima

È uscito il 22 marzo sotto l’egida della label inglese Fruits de Mer Records “A Sparkle On The Dark Water”, il secondo album dei Pinhdar, interessante progetto milanese che si muove con padronanza tecnica ed espressiva fra Elettronica, Trip-Hop e Dark-Wave. Già dal numero di definizioni cercate per centrare il genere proposto dal duo, si capisce quanto i Pinhdar cerchino di sfuggire alle definizioni univoche, e quanto le influenze che custodiscono risultino varie e stratificate.

“In The Woods” parte con un sospirato sospeso di Cecilia Miradoli che, con la sua voce ricca di sfumature, sembra quasi sussurrarci un segreto all’orecchio, salvo poi evolvere in un ritornello dalla melodia accattivante armonizzato in maniera impeccabile. “Cold River” è un ottimo esempio di completezza: un brano arrangiato in maniera esemplare che alterna momenti ipnotici ad aperture Dream-Pop, e si arricchisce degli efficaci inserti chitarristici di Max Terenzi, anche produttore del progetto. “Home” porta con sé un’anima decisamente più dark, con un incedere quasi Slow Core che ricorda alcune perle dei grandissimi Low. E la voce della Miradoli fa sentire tutta la sua gamma tonale, rasentando dei bassi timbrati per poi salire su, nell’etere, come fumo melodico a disperdersi nell’aria.

“Little Light” è una canzone ostica, dalla melodia sfuggente e interessante, che richiede attenzione e pretende un ascolto profondo. Supportato da un notevole videoclip diretto dall’artista visuale Telavaya Reynolds, il brano narra l’ostico cammino di un individuo che per orientarsi e trovare equilibrio ha bisogno della “piccola luce” emanata dal partner. Il corpo di ballo, coreografato da Tlathui Maza, attraverso le dinamiche espressive della guida, gli impulsi di azione e reazione, negazione e completamento, riesce a esprimere perfettamente il senso di sofferenza che genera la tematica narrata.

E siamo a metà strada con “Murderers Of A Dying God”, che parte con un veloce arpeggio chitarristico che rimanda subito ai Radiohead di “In Rainbows”. La voce di Cecilia tesse una trama malinconica e sentita, poi viene subito arricchita da un pattern elettronico e si getta in un gioco di melodia sulle ottave che favorisce l’effetto straniante. È un altro esempio di come i Pinhdar arrangino divinamente, visto che il pezzo non si siede mai e, attraverso la successione dei movimenti portanti più l’oculato ingresso progressivo di nuovi suoni, rompe la classica forma-canzone senza risultare pretenzioso o fuori luogo.

Non mi sorprende che “Humans” sia stato il primo singolo estratto, sia perché è un brano che rappresenta in maniera molto nitida l’essenza-Pinhdar, sia perché (mi permetto di azzardare) le due frasi che aprono la prima e la seconda parte potrebbero tranquillamente essere usate come sottotitolo per l’intero disco (We are only humans searching for a meaning of life… between darkness and light). Di nuovo, nel relativo videoclip risulta centrale la danza o, per certi versi più attoriali, l’espressione corporea; la contrapposizione delle forme umane in rapporto ai paesaggi ora urbani ora naturali completano a arricchiscono il significato delle belle liriche proposte.

“Solanin”, dalle sonorità più spaziali, è costruita come un crescendo strumentale, narrativo e (soprattutto) emotivo, che conduce a un’imponente coda strumentale. “Frozen Roses”, terzo singolo estratto, richiama le suggestioni della Tori Amos dal sapore più elettronico, ed è supportato da un videoclip animato da Marco Molinelli dei “C’mon Tigre”; ne viene fuori una piccola opera d’arte originalissima, in omaggio al fotografo americano Gregory Crewdson. Siamo alle battute finali: “Abysses”, a dispetto del titolo, presenta l’arpeggio più aperto e ottimista del lotto, e la bella melodia, seppur inserita nell’usuale contesto sonoro del duo, a tratti prende un sapore quasi vintage. Chiude l’album “At The Gates Of Dawn”, non a caso la canzone più semplice e lineare del disco; un pezzo dall’approccio essenzialmente Dream-Pop, davvero efficace fin dal primo ascolto.

Dopo l’ottimo esordio con “Parallel”, “A Sparkle On The Dark Water” conferma la solidità dei Pinhdar; la splendida voce di Cecilia Miradoli, mutevole ed espressiva, in unione alla sapiente produzione sonora di Max Terenzi, riesce a formare un binomio convincente, che suona internazionale e può permettersi di spaziare in un arco artistico molto ampio. I Pinhdar ci ricordano qualcosa di prezioso, che troppo spesso sembriamo scordare: siamo scintille sulle scure acque della vita, destinati a durare poco, forse, ma con in mano il dono di poter brillare come nessun altro elemento dell’universo.

Articolo di Simone Ignagni

Track List “A Sparkle On The Dark Water”

  1. In The Woods
  2. Cold River
  3. Home
  4. Little Light
  5. Murderers Of A Dying God
  6. Humans
  7. Solanin
  8. Frozen Roses
  9. Abysses
  10. At The Gates Of Dawn

Line up Pinhdar: Cecilia Miradoli, voci / Max Terenzi, chitarre

Pinhdar online:
Facebook – https://www.facebook.com/Pinhdar/
Instagram – https://www.instagram.com/pinhdar/
YouTube – https://www.youtube.com/@PINHDARMusic

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