19/04/2024

Ghostly Kisses, Milano

19/04/2024

Furor Gallico, Bologna

19/04/2024

Giovanni Truppi + Band vs Sibode DJ, Brescia

19/04/2024

Nobraino, Firenze

19/04/2024

Marlene Kuntz, Roncade (TV)

19/04/2024

Trophy Eyes, Milano

19/04/2024

Erlend Øye & La Comitiva, Bologna

19/04/2024

Malvax, Torino

19/04/2024

Lorenzo Polidori, Tommaso Doglia, Fabrizio Bianco, Firenze

19/04/2024

Blue Drama, Fiesole (FI)

19/04/2024

Will Hunt, Torino

19/04/2024

Finntroll, Milano

Agenda

Scopri tutti

RogoredoFS “Retrovie dello stato”

Opera prima che con ironia e capacità di osservazione ci fa volgere uno sguardo diverso a una Lombardia frenetica e rabbiosa

RogoredoFS, gruppo formatisi nel 2017 nell’omonima stazione milanese punto d’incontro dei componenti della band, propone l’album “Retrovie dello stato” che riunisce vari brani singoli pubblicati tra il 2020 e 2021, pubblicato il 3 dicembre 2022. Non rimanete sorpresi: in questo ep non si parla delle linee ferroviarie italiane. Anche se di argomenti non ne mancherebbero a partire dai ritardi e malfunzionamenti di cui i pendolari sostengono il maggior peso. Utenti “non pregiati” del servizio di spostamento pubblico. Il termine “retrovie” – tra l’altro e non casualmente – è un vocabolo che appartiene al linguaggio militare: s’intende il terreno dietro alla linea di fuoco, quel luogo dove la guerra non si fa ma si prepara.

I brani si susseguono come il voltare le carte (qualcuno ricorda “Volta la carta” di De André?). La realtà metropolitana e ferrosa delle ferrovie rimane (volutamente?) molto indistinta e appare solo a volte con immagini avvolte dalla nebbia lombarda.

Il primo brano / la prima carta è “Narcan” dove si gioca ironicamente sull’assonanza del nome del farmaco e “arca” (di Noè). Leggo nel foglietto illustrativo (anche detto “bugiardino”, traete le conclusioni che vi paiono più appropriate) che il Narcan è un “antidoto nel trattamento delle intossicazioni acute da analgesici, narcotici oppioidi”. Quante volte ci sentiamo in grado di “salvare” il nostro amore e quante volte ci chiediamo perché non funzioni (quasi) mai. Una risposta potrebbe essere che “amore” non è la parola giusta. In questo caso ne abbiamo un’ulteriore conferma perché il brano termina con una citazione dall’ultimo verso dell’Infinito di Leopardi Così tra questa immensità s’annega il pensier mio: e il naufragar m’è dolce in questo mare. Citazione a proposito se si pensa l’amore come vetta e pienezza dell’umanità che nel nostro mondo “basso” rimane soltanto un’immagine incolore, un’associazione impoverita. Gettiamo un salvagente al mare vuoto.

Volta la carta, i suoni prendono una sfumatura più dura, ed ecco “Crostini” che improvvisamente tentano di ragionare. Si irridono i ragazzi e le ragazze che istericamente lottano per laurearsi ma sono e saranno sempre vasi di coccio tra i vasi di ferro. Una vita spesa a cancellare lo spirito critico non si elimina con un colpo di spugna. Pronti a sgomitare, pronti a emigrare, pronti a tutto col miraggio di un posto di lavoro, il timore sempre presente di venire rifiutati (e di doverlo dire a papà che ha fatto tanti sacrifici per farli studiare).

Musicalmente il terzo brano si allarga abbracciando Rock e Swing. Appare ora sullo sfondo l’ambiente urbano “Pappagalli tra lo smog”. Verrebbe da dire che i “Pappagalli” amano mangiarsi i “Crostini”: la rapacità annoiata e pigra di questi volatili di buona famiglia alla fine colpisce sempre perché chi ha le ali non si arrende. Non hanno fretta tanto la strada è già segnata, gli altri giovani per quanto bravi, saranno al massimo dei parvenue. Non suona nuovo in tutte le città d’Italia e ricorda lo studio del 2016 degli economisti Barone e Mocetti secondo il quale da 600 anni le famiglie più ricche di Firenze sono rimaste sempre le stesse. Agli altri rimangono le briciole (o i crostini). Dimentichiamoci la mobilità sociale per carità.

“Soporoso” brano d’ambiente con lievi sfumature psichedeliche afferma che esiste una incontrastata verità. Incontrastata per l’indifferenza dovuta allo stato soporoso ovvero che induce sopore, che concilia il sonno. Infine, l’unica cosa che conta è non contaminarti con la presunta e fragile realtà.  Così anche il tempo o non esiste o non ha alcun senso: non esiste ciò che non riusciamo a sentire e quindi la realtà è solamente un gioco delle nostre percezioni. Bello l’assolo finale di chitarra sugli stop di batteria e contrappunto del basso.

“Rettiliani” parla di chi ci sta intorno e non è quello che sembra. Prende probabilmente lo spunto da più leggende metropolitane. Una è quella dell’ingegnere G. Warren Shufelt, che nel 1934 avrebbe scoperto sotto la città di Los Angeles un’intricata rete di cunicoli abitati da un’antica razza di Uomini Lucertola con la capacità di mutare forma. Un’altra leggenda nasce da un’intervista alla rettiliana di nome Lacerta fatta da un giornalista e una sua amica in Svezia nel 1999. Comunque sia, “Rettiliani” rende bene l’idea delle persone che s’incontrano sulle metropolitane, che camminano in fretta nelle stazioni ferroviarie, sono figure umane ma prive di umanità: solo fretta, freddo, air pod e occhi bassi sul cellulare per evitare qualunque contatto. E poi cambiano pelle a seconda di quello che è più conveniente: perfettamente prevedibili sembrano quasi esclusi dalla facoltà libero arbitrio.

Tutto è in vendita: anche noi. E il prezzo è iniquo: La bilancia dei mercanti pesa il doppio di quello che comprerai ma forse semplicemente perché una volta che ci siamo tolti la voglia compulsiva di comprare capiamo che quanto comperato non ci serviva a nulla. “Mercanti” parla del tradimento di un ideale pur di arrivare al proprio posto al sole. Non volevi la rivoluzione? Mi dicevi che non può aspettare. Apice dell’ipocrisia si arriva addirittura a confutare l’elogio della fuga (Henri Laborit) in quanto sostenevi che non fosse onesto, il desiderio di scappare. Cosa è rimasto di quella rivoluzione? Parole vuote. Beh, proviamo a venderci anche quelle.

L’ultima carta è “Psicosociale” un grido contro la voce comune che ripete che tutto è normale e tutto è banale. Dire oltre non si può perché siamo arrivati a una “deriva psicosociale”. Che è il contrario di un “adattamento psicosociale” ovvero la capacità di una persona affetta da una grave battuta d’arresto di far fronte emotivamente alla propria condizione in modo che possano mantenere una certa qualità della vita.  Il trauma è inguaribile. Il giusto e l’ingiusto sono arbitrari. Si può solo fuggire da una realtà scontata che di spirituale non porta più nulla.

I RogoredoFS in questo “Retrovie dello stato” hanno messo tanti spunti positivi: vale la pena di ascoltare le loro storie anche se spesso lo dovremo fare con un sorriso amaro. Devono ancora mettere a punto uno stile che li renda immediatamente riconoscibili: questo ep è il primo passo di una lunga strada da percorrere ma è un passo nella giusta direzione.

Articolo di Mario Molinari

Tracklist “Retrovie dello stato”

  1. Narcan
  2. Crostini
  3. Pappagalli
  4. Soporoso
  5. Rettilinei
  6. Mercanti
  7. Psicosociale

Line up RogoredoFS: Armando voce/ Jacopo tastiere/ Nicholas chitarra / Riccardo basso / Andrea batteria

© Riproduzione vietata

Iscriviti alla newsletter

Condividi il post!